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Grazie per le letture e i commenti. Già, il nàcchero l''avevo usato una volta, nemmeno lo ricordavo!
Vabbè, ammetto che nella parlata del protagonista mi sono ispirato a un mio amico fiorentino. Il mio amico usa "nàcchero" quando richiama l'attenzione di qualcuno, un poveretto (che in effetti è un po' bischero), senza volerlo offendere... Usare "bischero" nel discorso diretto sarebbe infatti scortese, nàcchero invece è un po' canzonatorio ma non offensivo. Nel testo c'è anche un "madonna serpente", che per un fiorentino può essere una bestemmia ma anche un'imprecazione (non un intercalare, come sarebbe "dio bono"). Certo, madonna serpente è abbastanza pesante, ma vista la situazione... Ora, ci sarebbe una sottigliezza linguitica a distinguere tra un intercalare, un'imprecazione e una bestemmia, ed è la lettera minuscola o minuscola della divinità (nel caso del racconto sono stato un po' perfido perché ho scritto "Madonna serpente"... ma sarebbe minuscolo, infatti è in testa alla frase e solo per quel motivo diventa necessariamente maiuscolo. )
Adesso, veniamo al punto cruciale. C'è una cosa che mi ha colpito nei vostri commenti: non mi pare che abbiate capito il finale. Il protagonista non è un eroe, né uno che si redime. Nemmeno per sogno. E' (con l'apostrofo, con buona pace di CMT e di tutti gli editor che sono su questo forum ) un codardo. Non soccorre l'uomo. Il soccorso è immaginato, è nella mente del narratore: lui infatti, una volta entrato in macchina, non scende di nuovo per caricare il corpo in auto (d'altronde come farebbe? da soli è impossibile caricarsi sulle spalle un corpo di un adulto, solo nei pessimi telefilm accade), né tantomeno lo trasporta in ospedale. Immagina il tutto, compreso il trionfo che lo attende. Alla fine infatti rimane chiuso nell'abitacolo a sentire Billy Joel. Il protagonista dunque è e rimane un codardo, uno che pensa agli affaracci suoi, al fatto di non essere coinvolto in indagini, alla sua bella vita (perché il protagonista non è povero, uno che noleggia una Buick e che va a cena al Jour e Nuit di New York non può essere povero). Lui è solo uno che in fondo disprezza i poveracci "emigranti", tipo colui che ha investito, addossando all'investito la propria ed esclusiva responsabilità (parlava al telefono, era distratto, per questo c'è stato l'incidente: un poveraccio nella pioggia con la cerata gialla non è né può essere un suicida). Il fatto poi che il protagonista indossi una giacca da pompiere non dimostra che è un pompiere.
Devo dire infine che nessuno finora ha colto un elemento essenziale della storia, ovvero l'ambientazione. Un lettore esperto si chiede sempre, leggendo una storia, dove questa accade e quando accade. Se lo chiede istintivamente, e quando il tutto non è spiattellato, si attacca a qualsiasi indizio per comprendere dove è precipitato. Non sapere dove si è, quando si legge, è un fattore di disagio in un lettore esperto. Ora il luogo dove questa storia accade è troppo facile, sulla Highway 1 in un punto imprecisato tra Boston e New York. Ma quando la storia accade è un fattore determinante per capire bene tutto. Tutte le sfaccettature, intendo, anche quelle psicologiche. Sia chiaro, non penso che tutti debbano essere lettori esperti, questo è un forum di amatori della scrittura mica di professori di letteratura. Però che anche i membri della giuria non capiscano i finali e non sappiano leggere in profondità la storia (capito Paola?) mi stupisce. Anzi no, non mi stupisce affatto.
Edited by michele schirinzi - 15/10/2011, 08:36
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