Riflessi vitrei
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Riflessi vitrei

di Giovanni Buzi, genere: horror, battute: circa 7000

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  1. giobuzi
     
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    Riflessi vitrei

    Un rintocco di campana.
    Lento.
    Grave.
    Profondo.
    Come venisse al di là del cielo.
    Un cielo opaco, bronzeo; appena una luminosità rosa arancio all’orizzonte.
    Apro la portafinestra ed esco in terrazza.
    Tra piante e fiori, mi dirigo al parapetto di pietra.
    Guardo Roma.
    Un grumo d’ombre e materia in decomposizione.
    Nero violaceo, verde marcio, marrone rossastro.
    Mi manca il blu.
    Il blu cielo, il blu acqua, il blu spazio.
    Intorno a me mattoni, intonaci, tegole e marmi.
    Questo cielo pesa come il coperchio d’un sarcofago.
    Non respiro.
    Circondata da piante e fiori... non respiro.
    Quest’afa m’uccide.
    L’aria è calda, viscosa come sangue, odora di viscere, rose e sperma.
    Ancora un rintocco di campana.
    Sembra più lontano, quasi s’allontani; o sono io a perdere contatto con le cose, col Tempo?
    Gettarmi.
    Ora.
    Un volo d’una trentina di metri, qualche secondo di libertà e tutto sarebbe finito.
    Qualche istante di felicità, poi il velluto e il silenzio della perfetta indifferenza, della perfetta solitudine.
    Senza volerlo, sorrido.
    Respiro a fondo e getto lontano lo sguardo, oltre la barriera di quella luce perlacea che lenta dilaga all’orizzonte. Scosto con la mano una ciocca di capelli caduta sugli occhi.
    Capelli bianchi.
    Sono vecchia, tanto da non ricordare quanti anni ho.
    I miei capelli, già onore e vanto del genere femminile - nero inchiostro! - non sono che stoppa.
    Bianca.
    Bianco cadavere, bianco assenza, bianco vuoto.
    Bianco morte.
    E Roma è là, ai miei piedi come la più decrepita delle puttane. Macerie di templi e ori, schegge di mosaici e tronconi di colonne. Regina del Mondo che ha aperto le cosce a tutti: Barbari, Papi, Imperatori e Cavalieri (non senza un certo piacere).
    Come me.
    Anch’io ho goduto di pali infissi in mezzo al petto, di zampilli di sangue, inebriante più del vino. Ho bevuto a fontane di muscoli e carne, ho leccato la terra calpestata da eroi d’oro e cartapesta.
    Conosco il fremito delle terre deserte all’avvicinarsi del temporale, il godere tiepido delle viscere sazie delle belve.
    Sento ancora le tracce afrodisiache di resine e morte lasciate sulle vesti da fumo d’incendi.
    Conosco il volo leggero della carta che brucia.
    Accanto a me una pianta di rose; bellezza indecente.
    Strappo un bocciolo.
    Bianco latte. Lo porto alle narici e respiro.
    Respiro.
    Se non lascio questo mondo è a causa del profumo delle rose. Anche a causa del profumo delle rose.
    Socchiudo gli occhi, schiudo le labbra e passo la lingua su quella ghiandola viva di petali, pronti a esplodere.
    L’addento. Succhio ogni linfa vitale.
    La loro morte è la mia sopravvivenza.
    Vivo della morte altrui, e ciò mi riempie di gioia.
    Rido in faccia alla città, in faccia al mondo, in faccia al cielo!
    Pazza?
    Non ancora.
    Non... mai.
    Pazzi voi, forse, chissà.
    Non sono affari miei.
    La poltiglia di petali e saliva scende come oro liquido giù nella gola e fa rifiorire il mio seno decrepito, nascosto da sete pure come bende di mummia.
    Mi stringo nel kimono color avorio a ricami d’argento.
    Draghi e fiori di loto.
    Neanche la luna a dare un rilievo di luce a questo mio scheletro regale.
    Lo sento. L’aspettavo.
    Il ponentino, soffio di mare e di lontano che m’accarezza. È il solo amico che ha il diritto di sfiorarmi, avvolgermi, frugare nelle pieghe più intime del corpo e della mente.
    Il solo, tranne i due compagni che m’attendono in salone.
    Tra poco li raggiungerò; hanno atteso abbastanza per questa notte. Lo so che mi vogliono, mi desiderano, almeno quanto io desidero loro. Penso ai loro abbracci, freddi quanto basta per farmi rivivere.
    E rido, rido ancora!
    Come so fare, con grazia ed eleganza. Anche da sola. Anche senza pubblico. Anche senza trucco, come adesso. Nudo scheletro addobbato da geisha. Non ho nessun gioiello su di me, eppure, ne sono sicura, i miei occhi in questo momento brillano come opali neri.
    Brillano di desiderio.
    Sapere d’essere attesa m’inebria come la più potente delle droghe. Avere la certezza d’essere desiderata come anni, secoli fa.
    Attesa da membra forti, gelide, sinuose; puro desiderio, puro avvinghiare, stringere, togliere il respiro.
    Sono di là, sul divano. Dove li ho lasciati, dove di solito sono. L’uno accanto all’altro, l’uno sull’altro, l’uno stretto all’altro; dipende dal caso.
    Li adoro!
    Freddi, cerulei, lisci, nudi.
    Levigati come ciottoli, smussati, invitanti.
    Il loro sguardo m’ipnotizza, i loro occhi verdi, vitrei.
    I due soli amanti che non m’hanno delusa. Mai.
    I due soli amanti che non m’abbandoneranno. Mai.
    Sono sincera?
    Cos’è la sincerità?
    Non l’ho mai saputo.
    Non l’ho mai voluto sapere.
    È vera solo una cosa: amo la falsità.
    Non la Luce diretta, ma i suoi riflessi.
    Non la Bellezza, ma il belletto.
    Il Vero m’annoia, il Falso m’eccita.
    La vita mi deprime, il teatro - eterno artificio - m’incanta.
    La sincerità mi stanca, la finzione mi tonifica.
    Non so cantare, non so recitare, non conosco nessuna delle vostre Belle Arti. In una sola cosa ero maestra: nel vendere illusioni, nel creare cieli aperti, far apparire l’Invisibile.
    A ogni mio amante ho saputo dare la Suprema Illusione. L’illusione d’essere forte, necessario, unico, maschio, potente: Dio!
    Il mio solo potere l’ho perso.
    Anni orsono.
    Secoli fa.
    Non mi resta che questa terrazza per ammirare la Città Eterna, questi sontuosi kimono per mascherare il mio corpo in disfacimento, questi folli pensieri per impreziosire il vuoto.
    Il riso per cancellare il silenzio.
    Il silenzio per far apparire il passato.
    E ciò mi basta.
    Quasi.
    Non avessi loro.
    Lo sento. Sono impazienti, mi cercano.
    Sinuosi, avvolgenti, eternamente innamorati.
    Scuoto la testa e rido!...
    Anche il fascio di stoppa dei miei capelli rivive!
    Acquistano volume e splendore, come le mie forme, piante del deserto che la pioggia fa sbocciare. Di nuovo.
    Loro: Tempo e Amore.
    Così li ho chiamati; il loro vero nome non me lo ricordo più. Forse, da brave belve, non l’hanno mai avuto.
    Tempo e Amore.
    Semplicemente.
    Quali altri nomi sarebbero stati adatti per loro?
    Avevo pensato a Sesso e Infinito; banale vero?
    Non degno di me, la più grande Cortigiana di Roma!
    Perfino Imperatori hanno fatto anticamera in casa mia, perfino gli Dei! Ho dato agli uni l’illusione d’essere Eterni, agli altri d’essere Mortali.
    Ora, non mi rimangono che Tempo e Amore.
    Il panorama di questa città in putrefazione m’ha stancato. Pietre, puzza, fiori, stemmi, oleandri, gioielli e merda!
    Volto le spalle anche al cielo che s’è fatto trasparente e gonfio di un orrendo rosa arancio.
    Tra poco il sole sorgerà; che lo spettacolo disgustoso della vita continui. Io chiuderò ogni finestra, tirerò ogni tenda. Che la luce del giorno sia bandita per sempre dal mio regno!
    Lascerò acceso un solo candelabro.
    Rientro.
    Tempo e Amore m’aspettano. Sento il loro fremito.
    Un sorriso mi sfiora le labbra al solo vederli, là tra le penombre.
    Splendidi.
    L’uno accanto all’altro, adagiati sul divano di broccato rosso scarlatto. Adoro quei riflessi smeraldo nei loro occhi vitrei. Mi guardano e le loro pupille brillano di piacere.
    Ah, avessero la parola!
    M’avvicino e sfioro con la mano prima l’uno poi l’altro, i due soli amanti che resteranno sempre con me. Mentre mi siedo tra di loro e accarezzo i muscoli del torace, delle braccia e delle gambe penso, che lavoro! Aveva proprio ragione quella chiromante quando m’ha consigliato: “Tenere per sempre quei due bei ragazzi? Vai da Remo, è il migliore imbalsamatore di Roma!”.



     
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  2. shivan01
     
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    grande classe
    un racconto che non è un racconto, che può sembrare anche un flusso di coscienza ma non è nemmeno quello.
    Bello.
    Le frasi a effetto, in gran quantità, qui non stonano affatto. Tutto il pezzo galleggia su un livello etereo che ho molto apprezzato.
    D'altra parte, si sa che tu di mestiere ne hai, e qui l'hai dimostrato più di altre volte

    alcune note
    SPOILER (click to view)
    "Sembra più lontano, quasi s’allontani", tecnicamente non è una ripetizione, ma stona come se lo fosse
    "e tutto sarebbe finito", forse sarebbe meglio sarà, ma è una mia opinione
    "Sento ancora le tracce afrodisiache di resine e morte lasciate sulle vesti da fumo d’incendi.", questa frase non l'ho capita, forse quell' "e" fa confusione
    "Accanto a me una pianta di rose; bellezza indecente", il punto e virgola taglia troppo, forse bastava una virgola.
    la storia, poi, parte col desiderio di autodistruzione della protagonista, che poi all'improvviso trova nei due "amanti" la linfa per andare avanti. Uno stacco troppo netto, anche perché quei due in realtà c'erano dall'inizio. Vabbé, solo una piccola incongruenza dai


    il voto è 4 perché per lo stile ci starebbe un 5, che fa media con un 3 di trama

    ciao
     
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  3. avva_necate
     
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    Grande Gio! :-)

    Un bel pezzo, complimenti! Per lo stile non c'è niente da dire, è perfetto e senza una sbavatura, come solo tu sai fare. Ma, anche come flash o scena isolata, il lavoro mi lascia un po' affamato di qualche altro evento, di un altro po' di carne morta da mangiare. Magari tutte quelle riflessioni (descritte con efficacia e mestiere) pesano un po' troppo rispetto al finalino... io ho questa sensazione. Ti do un 3 bello gonfio.

    Stefano :)
     
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  4. Pestorg
     
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    Vale per te lo stesso giudizio per TAR-ALIMA. 4 Allo stile 1 al soggetto. Media 2,5 arrotondo a 2.
    Nel tuo caso però sono in imbarazzo sui consigli. La preponderanza della forma sulla sostanza è tale che dovrei chiederti di distruggere qualche parte per inserire una trama.
    La sensazione che ricevo è noia e verbosità, il trascinarsi di un'esistenza.
    Tuttavia non mi nausea, non mi coinvolge rimane lì su carta.
    E' una canzone buttata nel vento. Finito l'eco delle parole, non ne rimane nulla.
     
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  5. esimon
     
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    Ciao
    Premettendo che non ho letto nient'altro di tuo...
    Personalmente mi sembra troppo lungo, o si fa sentire troppo lungo, mi da l'impressione che la storia in questo caso sia un pretesto per la scrittura, o forse è solo che ti sei fatto prendere un po' la mano. Storia non mi pare ce ne sia molta, e devo essere sincero a un certo punto mi sono chiesto perché dovrebbero essere interessanti i vaneggiamenti di una vecchia, per giunta poco originali, ( il paragone città-prostituta è abusatissimo). Un po' autocelebrativo, e scusa la franchezza. Voto 2
     
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  6. Cryptoptic
     
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    Ciao Giò
    che dire, per citare Shivan "gran classe". Scritto come doveva essere scritto, il vaneggiar in poesia è sempre ben accetto (almeno da parte mia).
    Purtroppo però non riesco ad andare oltre il 2, per 2 motivi:
    SPOILER (click to view)
    Il finale, il finale... livello altissimo per tutto il racconto e poi mi schiaffi 3 parole di una chiromante alla fine? -_-

    CITAZIONE
    Sapere d’essere attesa m’inebria come la più potente delle droghe. Avere la certezza d’essere desiderata come anni, secoli fa.
    Attesa da membra forti, gelide, sinuose; puro desiderio, puro avvinghiare, stringere, togliere il respiro.
    Sono di là, sul divano. Dove li ho lasciati, dove di solito sono. L’uno accanto all’altro, l’uno sull’altro, l’uno stretto all’altro; dipende dal caso.
    Li adoro!
    Freddi, cerulei, lisci, nudi.
    Levigati come ciottoli, smussati, invitanti.
    Il loro sguardo m’ipnotizza, i loro occhi verdi, vitrei.
    I due soli amanti che non m’hanno delusa. Mai.
    I due soli amanti che non m’abbandoneranno. Mai.

    Qui, a mio parere, hai raggiunto il punto massimo di "tensione del vaneggiamento" :D , perchè poi divagare sulla sincerità?


    A rileggerci :D
     
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  7. ArkDark1
     
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    Che stile! Che classe! E' tutto perfetto...fuorchè la trama, sigh...
    Merita di essere letto, merita di vincere anche nei vari concorsi in giro per la rete (tipo, se dovessero rifare il Benda... ;)).
    Ma qui il guizzo è un po' scarsino; c'è, non manca, ma le troppe circonvoluzioni levano il gusto al finale, però se non ci fossero le circonvoluzioni sarebbe ben poca roba, perchè manca...la storia! E' troppo ambiguo sui tempi e sull'età della gentile vecchietta, si capisce che è ambientata ai giorni nostri (macerie) e, in contemporanea, lei dice di essere stata la più grande cortigiana di Roma (?) . Che è, una vampira? Allora dovrebbe avere un aspetto giovane... Un'immortale? Di che tipo? Una strega?
    Ma lo stile... quello è da leccarsi i baffi!
    2
     
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  8. giobuzi
     
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    Grazie a chi ha letto questo strano racconto e per i commenti lasciati. In effetti, ho un po' complicato la trama; nella mia idea questo ambiguo personaggio doveva essere una sorta di simbolo-fantasma d'una Roma attuale e allo stesso tempo antica, nobile e volgare, arcana e corrotta.
    È un racconto horror-fantastico nel quale non va ricercato il giorno e l'ora. Lo si dovrebbe leggere con un po' di quella lenta, melanconica amnesia con la quale "vaneggia" la protagonista.
    Ma riconosco che può essere difficoltoso e, per molti, poco intetessante.
    Non voletemene troppo,
    giò
     
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  9. Giurista81
     
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    CONSIDERAZIONI GENERALI

    Buzi come suo solito dimostra talento nelle descrizioni e pittura momenti davvero belli e poetici. Devo dire che forse qualche taglio in più non avrebbe guastato dal momento che si corre il rischio di far perdere l’attenzione a qualche lettore. Qui di seguito alcune considerazioni specifiche, ma sono poca cosa.

    Giudizio: ***


    CONSIDERAZIONI SPECIFICHE

    “appena una luminosità rosa arancio all’orizzonte”. Come la vedresti una virgola dopo “arancio”?

    “Intorno a me mattoni”. Metterei una virgola dopo “me”

    “Sembra più lontano, quasi s’allontani”. Eviterei la ripetizione.

    “oltre la barriera di quella luce perlacea che lenta dilaga”. Metterei una virgola dopo ”che” e una prima di “dilaga”

    “Se non lascio questo mondo è a causa del profumo delle rose. Anche a causa del profumo delle rose.” Taglierei il secondo periodo.

     
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  10. Jakken
     
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    Ciao.
    SPOILER (click to view)
    Questa è la prima volta, almeno se faccio riferimento a altri tuoi racconti USAM, in cui la scrittura supporta l'idea, il messaggio...
    È un pezzo che può non piacere, che non ha la presunzione di voler diventare storia, ma almeno è solido e quadrato negli intenti.
    È uno spaccato di vita di un personaggio che, volendo, puoi riutilizzare sempre con le stesse modalità; caricandolo di desiderio, passione, e donandogli a piacimento più fisicità.
    Molte belle immagini... ma il culmine del racconto non è certo il finale. Hai pensato di essere più coraggioso in questo punto? Farci comprendere come stanno le cose con una scena erotica, fatta di passione e desiderio da una parte e lucida staticità dall'altra?

    Voto: 3



     
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  11. giobuzi
     
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    CITAZIONE
    Molte belle immagini... ma il culmine del racconto non è certo il finale. Hai pensato di essere più coraggioso in questo punto? Farci comprendere come stanno le cose con una scena erotica, fatta di passione e desiderio da una parte e lucida staticità dall'altra?

    Ottimo consiglio!
    Ci penserò.
    Grazie del suggerimento,
    giò

    Edited by Jakken - 4/9/2008, 14:03
     
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  12. rehel
     
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    Niente da dire, la classe non è acqua. :imploro:
    Ma ho fatto fatica a giungere alla fine e guadagnarmi il buon finale.
    Credo dipenda dal fatto che non amo molto la poesia, e questo incide sul mio giudizio.
    Lo so, non è un componimento poetico, ma credo che chi ama la poesia possa gustarlo assai meglio di me.
    Due è il mio telefonato voto. :xixi:
     
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  13. MisterEcho
     
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    Hai l'invidiabile capacità di riuscire a costruire un mare di immagini con una manciata di parole.
    Immagini belle, per giunta.
    Ma la storia ne viene danneggiata, si perde in mezzo a tutta questa poesia e a questi fronzoli.
    Se dovessi dare un giudizio oggettivo, allora il voto sarebbe alto, altissimo, perchè il tuo è un dono che non tutti possiedono; ma siccome la valutazione è anche - e soprattutto - un qualcosa di soggettivo, allora il mio voto è un 2.

     
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  14. VdB
     
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    Il mio voto è tre.
    Non era facile mantenere costante l'attenzione del lettore. Il testo è carico di "lirismo" (non saprei come altro chiamarlo), tante assonanze e tante immagini. Ho scritto tante? diciamo che forse sono un po' troppe. Ma aldilà della complessità della prosa (e l'assenza di una trama), il voto massimo non c'è perchè l'ultimo periodo è decisamente fuori schema rispetto a tutto il resto.
    E' come trovarsi davanti una bella "tipa" e quando sorride, scoprire che ha i denti gialli. :)
    Occorrerebbe del dentifricio. (spero che non ne avrai a male se scherzo un poco) :P
    Magari hai già pensato a un altro finale, chissà...
    Ciao e a rileggerci.
     
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  15. giobuzi
     
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    L'idea del dentifricio è buona, ma visto lo stato della signora, magari sarebbe meglio una bella dentiera!
    ciao, giò :D
     
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18 replies since 3/9/2008, 08:24   279 views
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