Il Tempo di un Caffè
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Il Tempo di un Caffè

Drammatico - di Simone Lega - 8840 caratteri

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  1. esimon
     
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    Spero di averlo postato corretto.

    IL Tempo di un Caffè

    1.
    Laura si tirò su dal letto con la faccia di chi non ha chiuso occhio tutta la notte. Sembrava dieci anni più vecchia. Indossò la vestaglia rosa che Filippo le aveva regalato l’anno prima, per l’anniversario, e andò in cucina strascicando le pantofole. Ci aveva messo dieci minuti per trovare la forza di alzarsi dal letto. Dieci minuti a occhi aperti a domandarsi perché mi dovrei alzare?
    Passò davanti alla porta aperta del soggiorno. Ci dormiva Filippo, sul divano, i piedi nudi sporgevano dal bracciolo. Laura non lo degnò di un’occhiata. Gli occhi ancora gonfi del pianto della sera prima, si mise ai fornelli a preparare il caffè.
    Tirando su col naso e riempiendo a cucchiaiate la caffettiera cercò di scacciare dalla mente i ricordi di trentacinque anni passati insieme. Tanto sapeva che sarebbero ritornati a tormentarla. La aspettavano anni e anni di tormento e rimpianto. Suicidarsi? non l’avrebbe mai fatto. Minacciare di farlo non sarebbe servito, lo sapeva. Era finita ma non riusciva ad accettarlo. Come si fa ad accettarlo?
    Piena di odio, di rabbia. Lo aveva coperto di graffi, lo aveva picchiato, era servito solo a farli piangere entrambi. Lo aveva visto in ginocchio, alla fine, singhiozzante, umiliato. In ginocchio a cinquantasette anni a piangere come un bambino.
    - Ti prego lasciami andare – l’aveva implorata, a testa china e la mano a coprirsi gli occhi.
    E lei invece aveva continuato:
    - Con quella puttana! Con quella troia! – troneggiando su di lui, senza pietà, sputandogli in testa il suo odio…
    Sputando…
    Avvitando forte la caffettiera pensava che la loro storia era nata da uno sputo, e le venne da piangere. Ancora. Si trattenne perché lo sentì arrivare, schiaffeggiando il pavimento coi piedi nudi. Era dietro di lei, sulla porta.
    - Buongiorno – disse Filippo, lei non rispose.
    Lui si strofinava gli occhi coi polpastrelli, i pochi capelli spettinati. Aveva lanciato un’occhiata alla porta d’ingresso come per assicurarsi che le valigie fossero ancora lì, che lei non le avesse svuotate o nascoste. Non gli passò per la mente di sedersi, di provare a ragionare con la donna con cui aveva condiviso una vita. Tanto era inutile.
    Tornò indietro, si infilò in bagno. A lavarsi, a prepararsi per andare via.
    Lei era stata lì lì per voltarsi. Aveva pensato di sorridergli. Provarci almeno. Aveva immaginato sé stessa più bella di com’era, con un sorriso che non le sarebbe riuscito mai, che si voltava e gli diceva:
    - Te lo ricordi quando ci siamo incontrati la prima volta?
    Lui avrebbe chinato gli occhi. E poi avrebbe sorriso a sua volta preso dai ricordi. Avrebbero ricordato insieme, avrebbero riso.
    Si erano conosciuti alla festa di qualcuno. Lei era sicuramente la più bella di tutte in quel giardino, o almeno così si sentiva. Lui era insieme ad altri tre amici. Si scambiavano occhiate, erano tutti e due ubriachi. Lei di più perché non c’era abituata. Poi lui si era avvicinato. Come le batteva il cuore, e le mani tremavano! E le aveva sussurrato qualcosa all’orecchio con tutta la sfacciataggine dei suoi vent’anni. Tanto sfacciato lui e tanto ubriaca lei che aveva frainteso. Lui aveva detto:
    - Ti posso accompagnare a casa?
    E lei aveva capito tutt’altro, qualcosa di sconcio.
    Si era fatta tutta rossa, e il primo impulso era stato di mollargli un fragoroso schiaffone, poi invece si era accontentata di fargli una risatina acida e sputargli nel bicchiere. Aveva fatto per andarsene quando qualcosa l’aveva trattenuta. Lui che d’un fiato scolava il bicchiere in cui aveva appena sputato. E poi la fissava. Quegli occhi le trafissero l’anima. E da allora era stata sua.
    Se ne avessero parlato ora di sicuro avrebbero riso insieme, si sarebbero avvicinati, e lui si sarebbe seduto. Ma lui era andato a prepararsi per uscire da quella porta e non tornare più e lei era lì, la faccia gonfia, ad aspettare che il caffè uscisse sapendo che mai l’avrebbe lasciato andare.

    2.
    Non sarebbe mai riuscita a sorridergli. Ci aveva anche provato, ma poi se lo immaginava a letto con quella, e diventava una iena. Lui era suo. Era suo. Non poteva permettere che una sciacquetta di trent’anni più giovane di lei glielo portasse via. Non ce la faceva a sopportarlo.
    Filippo ritornò in cucina. Si era vestito, i capelli pettinati all’indietro, gli occhi non più assonnati la fissavano blu come quella sera. Ma solo il colore era lo stesso di allora. Lo sguardo … erano anni che non la guardava più in quel modo.
    Laura gli porse il caffè senza guardarlo in faccia, devastata. Filippo si avvicinò per prendere la tazzina ma Laura ritrasse la mano d’istinto, con un brivido come se temesse di essere toccata da lui.
    - Laura … - cominciò Filippo con voce rotta.
    Laura scosse la testa. Filippo sospirò. Laura si diceva lascialo andare via, arrenditi, lascia che si rifaccia una vita, al massimo puoi sperare che lei si stanchi e te lo rispedisca indietro come un cane. Tu te lo riprenderesti, no?
    Quale che fosse la risposta, Laura decise che andava bene così: te ne puoi andare. Ma le salì la rabbia. E invece di rovesciarglielo addosso sputò nel caffè, per istinto, con-vinta che l’avrebbe umiliato uguale, anzi di più. E per finire quella storia così come era cominciata. Sputò nel caffè e gli diede le spalle.
    Filippo bevve il caffè come quasi quarant’anni prima aveva bevuto quella birra. Lei lo fissò stralunata, gli occhi di Filippo erano gonfi, rossi.
    - Addio Laura. – disse con voce strozzata, e un secondo dopo se n’era andato.
    Laura era sconvolta. Allungò la mano come se potesse ancora toccarlo. Corse a prendere il cellulare con l’intenzione di chiamarlo, visualizzò il suo numero e rimase a fissarlo senza premere il pulsante.
    Filippo scese le scale col groppo in gola, asciugandosi di continuo gli occhi. Non voleva farsi vedere così da Alice. Si mise in macchina che lo strazio per il distacco da Laura gli aveva chiuso lo stomaco. Rimase un secondo la schiena premuta contro il sedile, a occhi chiusi a far passare la nausea. Poi partì.
    Laura fissava ancora il telefonino. Ogni tanto un sussulto, un lampo di coscienza negli occhi. Si diceva lo devo chiamare. Non riusciva a crederci, l’aveva fatto davvero alla fine. Poi tornava come incantata a fissare il numero. Nella mente una voce come da lontano gridava:
    - Chiamalo! Chiamalo! Diglielo! Ma che stai facendo, fermalo!
    Filippo intanto correva verso casa di Alice. Correva perché tutto quel che voleva era vederla, dirle cominciamo la nostra vita insieme, scordarsi della vecchiaia e dell’angoscia che aveva lasciato nella sua vecchia casa. Ricominciare da capo col sorriso di Alice accanto, la luce dei vent’anni che le brillava negli occhi. Ma non riusciva a scrollarsi di dosso l’ansia e lo stress di quegli ultimi giorni. Gli girava la testa, faticava a respirare. Pensò di accostare ma poi gli parve di stare meglio e proseguì. Casa di Alice era in fondo alla strada. Gli parve perfino di riconoscerla alla finestra. Sorrise, poi qualcosa di strano gli si smosse nello stomaco. Un fiotto denso gli risalì per la gola, gli impedì di respirare. Un lampo di panico negli occhi, un raschiare di gola, s’irrigidì.
    Alice lo aspettava davvero davanti alla finestra, stava lì dall’alba. L’appartamento glielo aveva preso lui quando per causa sua Alice aveva abbandonato la famiglia. Riconobbe la macchina, infilò le scarpe bianche da ginnastica che lui le aveva regalato e scappò giù per le scale felice. Non aveva dubbi che Filippo fosse l’uomo della sua vita, non era stata triste un giorno solo da quando c’era lui. Si mise a correre incontro alla macchina, il giornalaio sorrise nel vedere una ragazza tanto carina che correva felice come verso i suoi sogni. Ma Alice si fermò di botto quando vide la macchina sbandare, salire sul marciapiedi, piombare su di lei. Si appiattì contro il muro, ma l’auto di Filippo la travolse, la ingoiò. Abbatté un segnale giallo di fermata dell’autobus e si fermò contro una fila di auto parcheggiate. Si lasciava dietro una lunga scia rossa, e una scarpa da ginnastica bianca. La gente che si radunò intorno sconvolta vide le gambe di Alice che sporgevano dritte tra le ruote posteriori.
    Laura aveva smesso di fissare il telefono. Era più calma adesso. Dopotutto che ne sapeva lei di sonniferi? Che ne sapeva di dosi? Al massimo, si diceva, Filippo avrà accostato da qualche parte e si sarà fatto una dormita. Lei aveva messo le gocce nel caffè così … non pensava di farglielo bere. L’aveva fatto così … per dire potrei farglielo bere. E poi sputarci dentro era stata una reazione, un istinto. Come poteva immaginare che l’avrebbe bevuto! E poi, che significava che l’aveva bevuto? Non poteva significare che forse la amava ancora? Sorrise come cullasse una speranza dentro, e intanto controllava la boccetta.

    Simone Lega

    Edited by esimon - 4/9/2008, 17:05
     
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  2. rehel
     
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    Un voto in meno per avere parlato male de: L'ombra del vento! :killer:
    Naturalmente scherzo.
    Anzi ti prendi un bel tre, da parte mia.
    Racconto molto cattivo, devo dire. Sembrava una storiella di mainstream senza tante pretese e invece questa volta la sopresa mi ha "sorpreso".
    Ho solo il dubbio: ma quanto sonnifero gli ha messo per fare un effetto così di colpo? :shock:
    Non è che gli ha dato un veleno, magari? :fischio:
     
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  3. esimon
     
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    Magari ha interagito con qualcos'altro, non so.
    ... O forse si è confusa lei tra sonnifero e veleno!
     
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  4. rehel
     
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    Ah... lapsus froidiano, eh! <_<
     
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  5. avva_necate
     
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    Anche questo è, di base, un buon racconto con un colpo di scena finale che funziona. Eppure non riesco ad appassionarmi completamente alla storia. Non è affatto la scelta del tema - riflessioni e umori della protagonista sull'abbandono imminente del suo compagno - a essermi "ostile"... anzi, ci sono dei momenti vivi ed efficaci, ma è il senso di rigirio (come avevo già accennato nel post per il racconto "Non sono un maniaco"), di continuo ritorno e sovrapposizioni di pensieri, che un po' mi fanno perdere la concentrazione e la scorrevolezza della storia. Lo stato d'animo della protagonista viene richiamato in modi simili e poco "caratterizzati", così da dare una sensazione di ridondanza.
    Il meccanismo del finale è ok, ma io mi sarei soffermato di più a costruirlo visivamente, con maggiore ritmo. Ricavo la personale sensazione di un finale meccanico, da fare e finire, un po' troppo veloce. Qui sotto le mie personali annotazioni sul testo. Occhio!

    un’occhiata. Gli occhi --> si sente un po' occh che si ripete.
    Dieci minuti a occhi aperti a domandarsi perché mi dovrei alzare? --> meglio togliere il punto interrogativo. Se vuoi fare la domanda, metti un due punti dopo "domandarsi", oppure metti la battuta vera e propria.
    riempiendo a cucchiaiate la caffettiera cercò --> ci potrebbe andare una virgola.
    Era finita ma non riusciva; per prendere la tazzina ma Laura ritrasse la mano --> metterei una virgola dopo il "ma".
    con-vinta, par-cheggiate--> ?
    Rimase un secondo la schiena premuta contro il sedile --> forse manca un "con".

    Do un 2, sebbene lo consideri, dal mio limitato punto di vista, tranquillamente oltre la "sufficienza" (ma non 3).

    Ciao ciaooo,
    Stefano ;) :D
     
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  6. Pestorg
     
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    Mi è piaciuto. Il tema fra l'altro è originale.
    SPOILER (click to view)
    Ho trovato eccessivo l'epilogo finale. A quanto andava? Chi si sente male leva il piede dall'acceleratore o al piu' lo schiaccia tutto, ma allora chi sta davanti se ne accorge, anche perchè vede che il guidatore è accasciato soprattuto se va incntro

    ti do tre, voto di sintesi tra 4 della storia, 3 per il ritmo che scorre abbastanza bene ma si può migliorare ed anche tu come me devi fare attenzione alle virgole.
    Se ci lavori un pò lo puoi portare a 4. ricorda che conta come è scritto l'ultimo giorno e lo puoi correggere.
     
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  7. shivan01
     
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    ciao
    la storia non è male, ma ci sono un po' troppe cose che non vanno nella stesura. Te le metto in spoiler

    SPOILER (click to view)
    "Sembrava dieci anni più vecchia", DI dopo sembrava
    "Dieci minuti a occhi aperti a domandarsi perché mi dovrei alzare?", il pensiero delimitalo in qualche modo
    "Tirando su col naso...", ripetizione di anni, tre volte in una frase
    "- Ti prego lasciami andare – l’aveva ..." la virgola dopo il parlato, qui e negli altri
    "con cui aveva condiviso una vita. Tanto era inutile", il punto è un'interruzione eccessiva, forse una virgola ci sta meglio
    "Laura si diceva lascialo andare via, arrenditi, lascia che si rifaccia...", come sopra
    "Si diceva lo devo chiamare", come sopra, vabbé hai capito
    "Casa di Alice era in fondo alla strada", LA casa. Senza l'articolo è gergale.
    le due parole col trattino in mezzo sono dovute probabilmente al sito che taglia e incolla ogni tanto un po' come vuole.


    lavoraci su, così è un due stiracchiato
     
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  8. Theobald
     
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    "Il tempo di un caffé" è un racconto ben scritto, carico di una misura non comune. Voglio dire di aver trovato un equilibrio interno d'alto livello. Intriganti i personaggi anche se non approfonditi ma interessanti comunque. vividi. Avvolgente. Scorrevole. Il finale spiazzante: mi ha sconvolto... E pensare che sono un fanatico del caffé.
     
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  9. esimon
     
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    Grazie a tutti per i commenti e i voti, ma soprattutto per l'attenzione.
     
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  10. Theobald
     
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    Ho esplicitato il voto di ogni racconto del concorso, tranne il tuo solo per una dimenticanza, e perché è stato il primo che ho votato. Comunque era 4. Anche se secondo me i voti dovrebbero essere anonimi. Ma sono nuovo di queste parti, gli altri hanno fatto così.
     
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  11. tar-alima
     
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    Ciao Simone.
    La trama mi è piaciuta, il tuo stile abbastanza (ma avrebbe bisogno di una certa ripulitura, soprattutto nella punteggiatura).
    Personaggi credibili e ben caratterizzati.
    SPOILER (click to view)
    Non mi è piaciuto molto come hai messo giù il finale.
    CITAZIONE
    Si appiattì contro il muro, ma l’auto di Filippo la travolse, la ingoiò, abbatté un segnale giallo di fermata dell’autobus e si fermò contro una fila di auto par-cheggiate.

    Le molte virgole tolgono drammaticità all'evento, secondo me; spezzerei, magari con un punto dopo "ingoiò", proseguendo con "Abbattuto un segnale giallo..., si fermò contro una fila di auto parcheggiate.
    CITAZIONE
    a domandarsi perché mi dovrei alzare?

    Sai già...
    CITAZIONE
    - Buongiorno. - disse Filippo

    Non ci va il punto quando si prosegue a questo modo.
    CITAZIONE
    Poi lui si era avvicinato, come le batteva il cuore, e le mani tremavano!

    La prima virgola per me dovrebbe essere un punto.
    CITAZIONE
    Sputò nel caffè e gli diede le spalle, perché la reazione di Filippo non se la sarebbe aspettata mai.

    Non è una buona idea anticipare che sta arrivando una sorpresa, anche se non è "la" sopresa.

    Voterei 2 e 1/2, non potendo voto 3.
    A presto.
     
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  12. Jakken
     
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    Ciao Simone.
    SPOILER (click to view)
    Bell'esordio.
    Il buono: mi è piaciuto come hai caratterizzato i personaggi, la storia che ha una sua quadratura, uno sviluppo senza rallentamenti e un finale non male.

    Da rivedere:
    Dieci minuti a occhi aperti a domandarsi perché mi dovrei alzare.
    Ti sembra giusta questa frase?

    - Buongiorno - disse Filippo, lei non rispose.
    Meglio mettere il "lei non rispose" dopo un punto, meglio ancora a capo.

    Quando cambi punto di vista, tipo quando il marito va via, separa...

    Il finale. Non essere indeciso. Se è sonnifero ne avrà messo un bel po'. Ora, io non sono un fruitore di sonniferi, ma immagino che il gusto cambi. Il marito poteva accorgersene. Forse è meglio del veleno? Quale veleno.
    Questo per dirti che in un finale di questo tipo non puoi essere sufficiente. Non siamo in un fantasy dove metà lavoro finisce nella testa del lettore. Se è sonnifero posso accadere delle cose, se è veleno delle altre.
    Simò, non è un ostacolo questo. Cerca di venirne a capo che il racconto migliora ancora... e sei già sulla buona strada.

    editing: gli darei una rilettura. A parte il grave errore in apertura che ti ho segnalato e devi metterlo a posto, controlla qualche virgola e una manciata di Lui/Lei di troppo. Insomma fai la classica pulitura.

    Voto: 2 (per me non vuol dire "male") che può diventare un solido 3, se metti a posto....
    ;)



     
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  13. esimon
     
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    A Tar-Alima: grazie per le dritte, ho sistemato il racconto tagliando anche la frase che dicevi, hai ragione l'effetto è decisamente migliore.
    A Jekken: grazie per i consigli, e per l'analisi approfondita. Confesso che attendevo con impazienza (e un po' d'ansia lo ammetto) il tuo parere.
    SPOILER (click to view)
    Per quanto riguarda il finale, l'effetto che ha su Filippo il sonnifero mischiato al caffè non è precisato. Si dice solo che un malore lo coglie mentre sta guidando. Non sappiamo se muore sul colpo, se ha uno svenimento o un mancamento. Come dicevo scherzando con Rehel, è più probabile che la dose massiccia di sonnifero abbia fatto reazione con qualcos'altro. Potrebbe averlo portato a un qualche tipo di choc. Se avessi proseguito il racconto magari lo avrei spiegato all'obitorio. Credo sia importante sapere se è possibile cadere in stato di choc per questo motivo, e io credo sia così, ma non trovo necessario dover spiegare esattamente cosa è successo all'organismo di Filippo. Mi interessava più la reazione emotiva mia e dell'ipotetico lettore davanti a un fatto del genere, che comunque ritengo realistico. Non dico che sarebbe stato fuori luogo spiegare di più, ma non era ciò che mi premeva in questa storia. Ovviamente per chi la sente come una mancanza, va benissimo e mi scuso.

    Grazie a voi e a tutti per l'attenzione.
     
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  14. Cadena
     
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    Ciao Esimon!
    Parto subito: bella la trama. All'inizio sembrava una cosa banalissima e invece poi si è rivelata degna di un 4 :woot: !
    Peccato per qualche svista qui e lì, che per me è valsa il 3...comunque tutto ok! Per me sei stato una piacevole lettura, come al solito :angel:
    Ti segnalo le cosine che non mi sono piaciute, così se vuoi puoi riguardarle (potrei ripetere le cose dette dagli altri, perché non ho avuto tempo di leggere i commenti):
    SPOILER (click to view)
    CITAZIONE
    Dieci minuti a occhi aperti a domandarsi perché mi dovrei alzare?

    Forse ci andrebbe un "passati", non so...
    CITAZIONE
    Tirando su col naso

    Proprio in questo forum mi hanno detto che "col" è colloquiale e va sostituito con "con il"
    CITAZIONE
    Era finita ma non riusciva ad accettarlo. Come si fa ad accettarlo?

    La domanda retorica non c'azzecca niente, secondo me.
    CITAZIONE
    fragoroso schiaffone

    Non si dice "sonoro"?
    CITAZIONE
    Laura scosse la testa. Filippo sospirò. Laura si diceva lascialo andare via, arrenditi, lascia che si rifaccia una vita, al massimo puoi sperare che lei si stanchi e te lo rispedisca indietro come un cane.

    Il passaggio ai pensieri andrebbe evidenziato in qualche modo.
    Basta così! Mi sono rotta :angel: E poi sono talmente cavolate che mi sembra inutile. Le puoi benissimo trovare da solo.

    Ciao
     
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  15. Cryptoptic
     
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    Letto, apprezzato e digerito.
    Mi sono accorto, solo ora, che abbiamo un personaggio in comune, tale Alice che fa casini anche nel mio racconto :D .
    Ti ripeto, la storia mi è piaciuta, ma forse un taglio maggiore alle personalità dei protagonisti ti avrebbero regalato quel 4 che aleggia nell'aria. ^_^
    Voto 3
    Ciao e complimenti.
     
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43 replies since 2/9/2008, 15:40   501 views
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