La Casa degli Dei
  • Poll choices
    Statistics
    Votes
  • 2
    43.48%
    10
  • 4 (max)
    30.43%
    7
  • 3
    21.74%
    5
  • 1 (min)
    4.35%
    1
Guests cannot vote (Voters: 23)

La Casa degli Dei

Genere: Strano - Battute 9000 circa - Nicola Roserba

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. shivan01
     
    .

    User deleted



    ho rivisitato quasi tutto il racconto facendo tesoro delle vostre indicazioni. Grazie a tutti!

    La Casa degli Dei



    Il lavoro nella cava era finito, anche per quel lungo giorno.
    Si diresse verso casa, stanco; la sabbia leggera, livida, si sollevava sotto di lui in tenui nuvole che tardavano a posarsi di nuovo al suolo. La luce fredda del tramonto proiettava lunghe ombre in quella valle pietrosa che da sempre chiamava casa.
    Presto la notte fredda avrebbe donato lo spettacolo che lui amava più di ogni altra cosa al mondo: l’immensità dello spazio, la nera volta trapuntata di stelle, e la fiera Casa degli Dei a dominarlo, quel disco così immenso che solcava il cielo ogni notte, talvolta voltando loro le spalle scure, talvolta offrendo ai credenti il suo Volto, in tutto il suo fulgore.
    I saggi dicevano che in essa dimoravano degli Dei, e lui a questo ci credeva, perché nessun’altra spiegazione poteva giustificare quell’imperare maestoso nel cielo notturno, nei momenti della giornata che il suo popolo dedicava alla contemplazione e all’ascesi dalle fatiche terrene e dall’umile vita che lui e tutti i suoi simili conducevano.
    Non si lamentava, comunque; aveva una casa, una compagna, una vita serena, pur se modesta e faticosa. Ma tutti conducevano esistenze simili in quel luogo. Era stato spiegato loro che era nell’ordine delle cose che tutto fluisse così, e di come fosse giusto dedicare la vita al lavoro e alla contemplazione, per onorare gli Dei e la loro Casa. A lui, in fondo, stava bene, e viveva sereno.

    Giunse alla sua dimora, una modesta abitazione scavata nella roccia.
    La sua compagna lo attendeva sulla porta, come ogni volta che lui rincasava. Un breve scambio di effusioni, sguardi d’affetto, la solita calda, lieve comunicazione senza parole, e furono di nuovo insieme.
    Lui l’amava, era il pilastro della sua esistenza, e questo lei lo sapeva. Le lunghe separazioni che il lavoro gli imponeva non la preoccupavano. Quando il suo compagno era fuori, provava solo nostalgia, ma non preoccupazione o dubbi. Lui sarebbe tornato da lei. Tornava sempre. Consumarono una cena, frugale, fatta di piccole cose, di discorsi leggeri.

    “Io vado fuori fra un po’”, le disse, e lei annuì. Se lo aspettava. Quando era al lavoro, il suo compagno non aveva la possibilità di fare quelle cose, e lei sapeva quanto fossero importanti per lui.
    Ma quando era a casa, e la notte era calata su di loro, il sole finalmente a riposo da qualche parte, lui non ce la faceva a starsene rinchiuso, doveva andare fuori a guardare il cielo, ad abbeverarsi da quegli spazi infiniti. Era un sognatore, il suo compagno, e lei lo amava anche per questo, e mai lo avrebbe fermato. Annuì, serena.

    Dopo la cena lui preparò poche cose e si avviò all’uscita. Si volse a guardarla, ma lei era affaccendata a sistemare la casa. “Ciao, allora.” disse. Un cenno d’assenso, in risposta, e fu fuori.
    Aveva una collina preferita per le sue lunghe osservazioni, e la scelse anche quella volta perché si affacciava su di un'immensa vallata pianeggiante, arida, silenziosa.
    Da lassù poteva assaporare la pace assoluta, in cielo e in terra, e la solitudine lo avvolgeva morbidamente. Benvenuta, mai temuta.

    Il cielo era uno spettacolo glorioso di luci intense o soffuse; le stelle a rilucere di tutti i colori che il suo occhio poteva percepire e, allo zenit, la via lattea, sfolgorante strada nel cielo. La Via degli Dei, la chiamavano i saggi. Dicevano fosse un lastricato di stelle anch’essa. Troppo vicine tra loro per poter essere distinte singolarmente, fondevano la loro luce in uno scintillare maestoso, che avvolgeva il cielo stesso in riverberi multicolori.
    Era uno splendore che ogni volta gli riempiva l’animo e gli occhi, e lui si perse in esso, e stette immobile, per lungo tempo, senza capire né volerlo fare. Era opera degli Dei; e chi era lui per comprenderla?
    Attendeva, comunque, che sorgesse la regina del cielo, la Casa splendente degli Dei. Era quello il momento che agognava.
    Avrebbe smarrito lo sguardo e la coscienza alla vista di quell’astro supremo, e avrebbe innalzato odi e preghiere agli Dei, non per chiedere qualcosa, ma per rendere grazie di quello spettacolo sublime.
    Attese, ma non a lungo.
    Lontano, all’orizzonte, eccola.
    Sorgeva lenta, maestosa.
    Incurante delle attese degli umili, conscia del suo ruolo nel Cielo e nelle anime dei credenti, la Casa degli Dei apparve, immensa.

    Lui tacque, immobile, pervaso da quella vista, e con profonda gioia e devozione assoluta nel cuore; innalzò preghiere agli Dei, abitanti di quel luogo maestoso, abbacinante.
    La Casa degli Dei, dicevano i saggi, era il centro dell’Universo, e la sua terra, umile pietra rotolante nello spazio, le ruotava attorno a rispettosa distanza, quasi a farle da corona.
    Gli dei vegliavano da lassù su tutti loro, per quello la loro Casa andava e veniva dalla sua porzione di cielo. Si spostava, per proteggere un’altra parte della sua terra.
    A loro, dicevano i saggi, si doveva rendere grazie, e lui lo faceva di continuo, nei momenti di solitaria contemplazione ma anche durante le fatiche del lavoro.
    Un fruscio alle sue spalle. Si volse a guardare e vide la sua compagna che lo stava raggiungendo. Sorrise dentro di sé; ogni tanto lei voleva condividere quei momenti, e averla accanto lo rendeva felice.
    Si accoccolò vicino a lui, e tacquero a lungo, persi ciascuno nei propri pensieri, in contemplazione.

    D’improvviso, vide la sua compagna agitarsi.
    “Cos’hai?” le chiese.
    “Guarda là!”, rispose lei indicando un punto nel cielo.
    Lui fece un po’ fatica ad abituarsi di nuovo all’oscurità, perso com’era stato per lungo tempo nell’ammirazione della Casa degli Dei, ma poi lo vide.
    Un piccolo puntino luminoso, in movimento.
    Si chiese se fosse una stella cadente. Perfino lui le aveva viste, da rarissime ch’erano ormai. Ma no, non poteva essere, era troppo lenta.
    Dimentichi di ogni altra cosa, concentrarono i loro sguardi sul puntino che andava rallentando, fino a fermarsi, altissimo, sopra l’arida vallata sotto di loro. Poi il puntino prese a scendere, ingrandendosi man mano che si avvicinava.
    “Gli Dei sono venuti per noi…” sussurrò lui, “dobbiamo avvisare i saggi, andiamo!”
    Fece per muoversi e tornare verso il villaggio, tutto scavato nella pietra come la sua dimora, ma la sua compagna lo trattenne. “Fermo! Andiamo a vedere!”, propose invece.
    “Ma sei impazzita? I saggi ci punirebbero!”
    “Non avremo altra occasione per vederli, lo sai, i saggi ce lo impedirebbero”, rispose lei, e senza attenderlo cominciò a scendere giù dalla collina.
    Titubante, le andò dietro, certo di star per compiere un orrendo sacrilegio, ma la sua fame di conoscenza era troppo grande per poterla tenere a freno.
    Il puntino, ormai un disco argenteo, era abbastanza basso perché si intravedesse qualche dettaglio, come una serie di quattro esili zampette che uscivano da esso.
    Stettero nascosti, in attesa.

    Il disco scese sempre più, fino a toccare terra in uno sbuffo di polvere. E poi tutto tacque.
    Quando la polvere si posò, videro che non era un disco, ma un oggetto piuttosto grande, quasi come la loro casa.
    Accovacciato sulle quattro zampe, aveva un corpo tozzo, quasi sgraziato. Quest’ultimo pensiero passò nella mente di lui come un lampo fugace, prima di essere scacciato come eretico.
    La base del corpo, candida, squadrata, faceva da appoggio per una sorta di testa tondeggiante, bianca e nera.
    L’oggetto stava immobile. Sembrava si stesse guardando intorno con i grandi occhi triangolari.
    Erano dunque fatti così gli Dei? Una forma così aliena che immaginazione non avrebbe mai creato.
    “Che facciamo?” chiese lui incerto.
    “Aspetta, aspetta, vediamo cosa fa, se si muove.” La sua compagna era rapita dalla curiosità. Pur raccomandando all’amato la prudenza, si vedeva che in realtà faceva fatica a non alzarsi e correre laggiù.
    Attesero, quindi. L’oggetto era immobile.
    A un tratto, da quella che sembrava la bocca del Dio, scorsero un movimento. Un pezzo della bocca ruotò di lato, lasciando intravedere una flebile chiarore provenire da dentro di essa.
    “Guarda! Hanno la luce dentro!”, disse eccitatissima.
    Un’ombra apparve d’improvviso, e qualcosa uscì dalla bocca, come una bianca lingua.
    Si accorsero ben presto che quella che credevano essere una lingua non era attaccata al corpo, ma si muoveva da sola. Era una cosa bianchiccia, allungata.
    “Andiamo più vicino ti prego!”, supplicò lei.
    Lui si mosse in avanti, in segno di assenso. Il sacrilegio era stato compiuto ormai, e poco altro male avrebbe fatto l’avvicinarsi.
    Cauti, avanzarono. Si nascosero dietro una sporgenza nel terreno grande abbastanza da proteggerli. E videro che, nel frattempo, una seconda forma bianchiccia era uscita dalla bocca del Dio. Li scorsero bene entrambi.

    Quella strana palla rilucente nella parte superiore dei loro corpi, e i quattro arti a sostenerli in strane attività.
    Li videro piantare un’asta, e su di essa fissare una lastra con un disegno che non avevano mai visto, non sapevano cosa significasse.
    C’erano strane stelle disegnate in un campo blu, e strisce orizzontali bianche e rosse alternarsi sul resto della lastra.

    In cielo, la Casa degli Dei, azzurra e verde come non mai, sembrava sorridere beffarda.

    FINE

    Edited by shivan01 - 11/9/2008, 19:07
     
    .
34 replies since 2/9/2008, 12:21   556 views
  Share  
.