Vento d'autunno
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Vento d'autunno

Fantasy (36000 car.) - Daniele Picciuti

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    VENTO D'AUTUNNO
    di Daniele Picciuti

    Il guerriero giaceva in ginocchio, lo sguardo fisso nell'azzurro profondo del cielo.
    Un krinlen planò sulla pianura sconfinata, fino a confondersi con il verde della prateria. In lontananza, contro l’orizzonte, il suo stormo stava tornando verso le montagne. Erano falchi delle nevi, non era usuale che si spingessero così a sud. Si diceva che portassero sulle ali argentate le anime dei caduti in battaglia. Se così era, non sarebbe bastato quell’esiguo numero a sopportare il peso di tutte le vittime mietute dalla guerra.
    Dalla sommità della collina che dominava per buona parte la città di Kenn, i suoi occhi seguirono malinconici il rapace attraverso la magnifica vallata, oltre i confini delle sue memorie, rievocando il ricordo di quei giorni terribili.
    Gli bastò uno sguardo alle case distrutte per rivedere i fumi esalati dalla recente guerra e un'occhiata fuggevole alle centinaia di corpi disseminati lungo le strade fu più che sufficiente a stampargli nella mente i volti dei compagni morti e quelli innocenti delle donne e dei bambini di Kenn, massacrati senza alcuna pietà dalle orde demoniache venute da nord.
    Il Regno di Kenthal aveva sopportato la Terza Era del Caos con coraggio e dignità, combattendo per la libertà della sua gente, versando tanto di quel sangue da poter tingere di rosso tutta l'acqua dei Sette Fiumi. Alla fine, questi erano i risultati: la capitale pressoché distrutta, i villaggi rasi al suolo, le campagne devastate, i raccolti bruciati, la popolazione in ginocchio.
    Ma grazie a Malnar, Dio di ogni cosa vivente, la Terza Era del Caos era finita e il Male era sconfitto, ricacciato indietro oltre i confini del tetro abisso di Shantrak, fucina senza fondo di ogni creatura asservita agli Inferi.
    Il guerriero chiuse forte gli occhi e pregò Malnar di allontanare dal suo cuore l'immensa tristezza che lo attanagliava. Gioire per la vittoria, quando le perdite erano state immani, non era da lui. Non poteva.
    Si avviò con calma verso il fondo valle, discendendo la collina fino a raggiungere la strada principale, quella che lo avrebbe portato a Quaral-Lein.
    In alto, il cielo era limpido, di un azzurro così acceso da far male agli occhi.
    Da qualche parte, al di là della collina, il krinlen lanciò il suo grido di libertà al sole e una folata di vento fresco investì il volto stanco del guerriero.

    * * *



    Tre giorni.
    Erano passati tre giorni dalla sua partenza da Kenn e durante tutto quel tempo non aveva visto altro che campi bruciati, fattorie distrutte e cadaveri disseminati sul territorio. Si era imbattuto nei resti di una carovana probabilmente diretta a sud, di cui non rimaneva altro che un mucchio di cadaveri in decomposizione mescolati ai carri rovesciati, povera gente che non aveva ambito ad altro se non alla propria salvezza.
    I tre quarti della popolazione del suo regno erano stati spazzati via e parte di quelli che restavano avrebbero dovuto fare i conti con gli orrori vissuti a causa dell’invasione, ricordi che avrebbero minacciato la sanità mentale di chiunque. Lui stesso non era del tutto certo delle proprie condizioni psichiche.
    Aveva perso la sua famiglia, gli amici, i compagni di reggimento e nessuno di quelli che conosceva, di cui aveva avuto notizia, si era salvato.
    Il vento dell'autunno gli scompigliò i capelli corvini che gli scendevano fino alle spalle e dovette scostarseli dagli occhi per poter osservare la strada.
    Un largo viale sterrato si dipanava nella pianura e fin dove il suo sguardo riusciva ad arrivare non si vedeva anima viva. Riprese a camminare da quella parte, il mantello azzurro sventolante sopra quel che restava della sua armatura d'argento. Aveva ancora indosso la divisa dei Guerrieri dell’Onore di Kenn, ma di onorevole, nelle sue azioni di guerriglia, c’era stato ben poco. La sopravvivenza aveva il potere di annullare qualsiasi codice, morale o scritto che fosse.
    Percepì qualcosa nella calma innaturale della pianura e si concentrò per ascoltare.
    Un lamento.
    Avanzò con passo veloce lungo la strada finché un pianto sommesso giunse alle sue orecchie.
    Si girò verso il campo che costeggiava la strada, rimanendo immobile a fissare il grano bruciato.
    Intravide qualcosa a una cinquantina di passi dalla strada, accucciato sulla terra nera.
    - Chi sei? - chiese, sferzando il silenzio della pianura.
    Non ricevette risposta.
    - Chi sei? - ripeté, mettendo mano all'elsa.
    Lentamente, una figura esile si alzò in piedi.
    - Vieni da me, - ordinò lui con voce pacata ma decisa - non temere.
    La figura esitò, ma l'istinto della paura la spinse ad obbedire.
    Camminò timidamente attraverso il campo fino ad arrivare ai margini della strada, dove si fermò, spaventata.
    Era una ragazza.
    - Chi sei? - domandò lui, rilassandosi.
    La giovane non rispose.
    - Avvicinati.
    Lei obbedì, senza fiatare.
    - Vuoi dirmi il tuo nome? - tentò di nuovo il guerriero, avvicinando la sua mano a quel viso sporco di fuliggine, nel tentativo di accarezzarlo.
    La ragazza ebbe un sussulto, ma non si mosse.
    - Non aver paura, – le disse, pulendole le guance con le dita, scoprendo che non poteva avere più di vent'anni – io ti sono amico.
    - Non esistono amici! - sentenziò lei, in un sussurro di voce.
    - Come?
    - Gli amici muoiono. Tutti muoiono. La guerra uccide tutti.
    - No. - Il guerriero comprese immediatamente quello che voleva dire. - No, è finita. La guerra è finita.
    - Non è vero...
    - Sì, è finita, - l'uomo tentò di sorriderle - abbiamo vinto.
    - Vinto? - sbuffò lei, incredula.
    - Il Caos è stato ricacciato nei suoi confini e adesso siamo in pace. Non devi più nasconderti.
    - Tu non capisci, - gli occhi grandi e neri della giovane si dilatarono - non è finito niente, loro sono ancora qui!
    Il guerriero tacque, immaginando come sarebbe stata bella senza tutto quello sporco addosso e vestita degli abiti adatti.
    - Come ti chiami?
    - Alyssia - rispose lei, incerta.
    - Alyssia, - ripeté lui, sorridendo - io sono Dhenam.


    * * *


    Dhenam non avrebbe mai immaginato che la ragazza provenisse dalla città portuale di Tyrsa, nel nord del Kenthal.
    Il colore scuro della carnagione e dei capelli gli aveva fatto pensare che fosse di Kenn o di qualche villaggio limitrofo, ma era anche vero che probabilmente nessuno era sopravvissuto al saccheggio perpetrato dalle truppe del Caos nella notte antecedente a quella del Grande Fuoco. Tyrsa tutto sommato rimaneva distante dal nucleo caldo della battaglia finale e la popolazione doveva avere avuto più tempo per mettersi in salvo.
    Erano seduti sull'erba uno di fronte all'altra, lei a gambe incrociate, lui di fianco, su una collinetta al lato della strada, entrambi con il desiderio di conoscersi di più.
    - Il Grande Fuoco. - Alyssia teneva gli occhi puntati sulle proprie mani che giocherellavano timidamente con gli steli d'erba. – L’ho visto, peccato però che non abbia salvato Tyrsa dai demoni.
    - Nessun centro abitato in tutto il Kenthal ha avuto questa fortuna. - Puntualizzò Dhenam, osservando la forma a mandorla di quegli occhi nerissimi.
    - Vuoi dire... - Alyssia era a bocca aperta - vuoi dire che anche Kenn è stata presa?
    - Sì.
    - E pensare che intere colonne di carri sono partite verso sud, nella certezza che la capitale avrebbe resistito.
    Dhenam annuì malinconico.
    - Oh, abbiamo resistito, ma solo il Grande Fuoco ha permesso alla città di salvarsi.
    - Tu eri con loro?
    - Già – rispose avvilito, cercando di allontanare quei ricordi macchiati di sangue.
    Alssya tacque, intuendo che l’uomo non avesse molta voglia di parlarne.
    - E tu, invece? - chiese di rimando Dhenam, sviando altrove il discorso. - Hai detto di provenire da Tyrsa, ma non mi hai raccontato nulla. Che è successo?
    - C'è poco da dire. - La sua voce era un bisbiglio. - Io e la mia famiglia siamo fuggiti assieme all’ultima colonna di carri due giorni prima del Grande Fuoco. Abbiamo resistito fino all'alba del primo giorno, poi ci hanno raggiunto. E sterminato.
    - E tu? Come sei riuscita a salvarti?
    - Mi hanno creduta morta. Un colpo di fionda di uno dei ragazzini che erano con noi mi ha centrata in pieno a una tempia e sono svenuta. Quando mi sono risvegliata... ero sola in mezzo ai cadaveri della mia famiglia.
    Chiuse gli occhi, asciugandosi le lacrime.
    - Alyssia...
    - No, non devi dispiacerti, - disse lei tentando di sorridergli – ho pianto fin troppo. Adesso basta.
    Dhenam ricambiò quel sorriso e decise di cambiare argomento.
    - Perché sei rimasta nascosta anche dopo che ti ho chiamato?
    Lei si strinse nelle spalle, vagamente imbarazzata.
    - Credevo fossi uno di loro. Quegli esseri infernali non erano solo demoni e orchi, c'erano anche uomini.
    - Lo so. Il Caos recluta chiunque abbia un cuore nero.
    I loro occhi s’incontrarono e Dhenam pensò a quanto fosse bella.
    - Hai qualcuno da cui tornare? - domandò lei, con voce tremula.
    - No, - rispose lui, in un sussurro - non ho più nessuno.
    - Avevi una moglie?
    Dhenam le prese delicatamente il volto tra le mani.
    - Non ho nessuno - ripeté, accarezzandole piano i capelli.
    - Allora... puoi tenermi con te?
    Gli occhi del guerriero si fermarono in quelli lucenti di lei e il vento dell'est mescolò i loro capelli confondendoli insieme in un sipario color nero corvino che brillava sotto il sole del tramonto.
    Dhenam avvicinò le sue labbra a quelle di Alyssia e la baciò.

    * * *



    La notte era limpida e migliaia di stelle vegliavano su di loro silenziose.
    Distesi nell’erba, contemplavano lo spazio infinito senza parlare, tenendosi per mano.
    - Non è mai stato così bello - disse a un tratto Alyssia, spezzando l’incanto.
    - È il ritorno della pace, - disse lui, mentre le immagini della guerra sfrecciavano velocemente attraverso la sua mente, - e della libertà.
    - Vorresti sposarmi, Dhenam?
    La domanda lo colse a bruciapelo.
    Erano trascorsi sei giorni da quando si erano incontrati. Il viaggio attraverso la Valle dei Sette Fiumi era ancora lungo, e nonostante lui non avesse alcuna fretta di arrivare a Quaral-Lein, era una tappa importante che non poteva mancare.
    Avrebbero avuto ancora molto tempo a disposizione da passare insieme.
    - Tu non mi conosci, - rispose Dhenam. – È un po’ presto, non credi?
    Alyssia si chiuse a riccio e il guerriero ne percepì la delusione, la sofferenza nascosta.
    - Che cosa c’è? – le chiese.
    Lei scosse la testa.
    - Niente.
    - Alyssia, dopo che avrò fatto quel che devo, potremo andare dove vuoi.
    - Cosa devi fare? – i suoi occhi erano cristalli splendenti. – Perché non vuoi dirmelo?
    - Te l’ho detto, ho un posto da visitare. Qualcuno da incontrare.
    - Di che posto parli?
    - Quaral-Lein.
    - Quaral-Lein? - Alyssia ebbe un tremito. - Ma... perché?
    - Alyssia, stai tranquilla. Abbiamo tutto il tempo che vogliamo. Non devi...
    - Ho paura, - lo interruppe, abbracciandolo forte, - ho paura che possano arrivare. Che possano portarti via da me.
    - Chi? Di chi stai parlando?
    - Sai di chi parlo.
    - È finita, Alyssia. La guerra è finita.
    - No, li ho visti! Sono ancora qui!
    Dhenam le scostò una ciocca di capelli dal viso e indagò in quegli occhi immensi, cercando di comprendere quali ombre si agitassero in lei.
    - Come sarebbe che li hai visti?
    - Non se ne sono andati. Sono ancora qui. Il giorno del Grande Fuoco ha segnato la loro fine, forse è così, ma io li ho visti! Durante la notte si aggirano per i campi in cerca dei sopravvissuti e li uccidono. È per questo che mi nascondevo.
    - Alyssia, la guerra è finita un mese fa. Non c'è più nessuno. Il Grande Fuoco li ha cancellati per sempre. Quelli che forse hai creduto di vedere in queste notti sono solo i fantasmi del passato, ombre di ricordi...
    La giovane scosse forte la testa, certa di quello che diceva.
    - Non è così, devi credermi! Io li ho visti!
    Fece una pausa, mordendosi il labbro come una ragazzina, poi decise di raccontare tutto.
    - Non sono molti, forse tre o quattro, ma esistono davvero! Si aggirano nei campi, nelle strade, in caccia di sopravvissuti. Quando li trovano, estirpano loro l’anima per farsi più forti.
    Dhenam la fissava silenzioso.
    La Terza Era del Caos era finita, il Grande Fuoco aveva bruciato tutte le creature del Male, nessuno poteva essersi salvato.
    Ma allora perché lei era così sicura?
    La verità poteva essere terribile e lui non riusciva ad accettarla. Che lei avesse vissuto momenti drammatici, tali da spingerla al limite di ogni umana sopportazione era un fatto. Si chiese se aver camminato sull'orlo di un baratro chiamato follia non l’avesse segnata a tal punto da farla cadere giù, verso fondali senza ritorno.
    No! Disse a se stesso. Posso salvarla.
    La strinse forte e le baciò la fronte.
    - Non temere, - le disse in un orecchio, - qualsiasi cosa accadrà, io ti proteggerò, sempre.

    * * *



    La Valle dei Sette Fiumi si estendeva a perdita d'occhio in un susseguirsi di colori vivaci e lucenti, che ridavano vita a un luogo che negli ultimi mesi non aveva conosciuto altro che il grigiore della desolazione.
    Dalla cima della collina, la strada si dipanava attraverso la pianura fondendosi con l'orizzonte, ben al di là dei sette fiumi. Il cielo era di un azzurro più chiaro dei giorni precedenti e non c'era traccia di una nuvola in tutta la volta celeste.
    Alyssia, al suo fianco, appariva stanca.
    Era un peccato, pensò Dhenam con un certo rammarico, non esser riuscito a trovare neppure un cavallo a Kenn. Purtroppo molti erano stati massacrati durante l'ultima battaglia e quelli che rimanevano erano stati confiscati dalle autorità al fine di mandare soccorsi alle truppe Kenthaliane sul fronte settentrionale, dove il regno di Sewarek, alleato delle orde del Caos, premeva senza tregua sul confine.
    - Vuoi riposarti? – le chiese, tenendole la mano.
    - No, ce la faccio.
    Dhenam le sorrise. Era troppo orgogliosa per ammetterlo, ma se non si fosse fermata ora, sarebbe svenuta per strada più avanti.
    La collina sembrava un posto perfetto per fare una sosta. Da lì potevano tenere d’occhio la pianura fin dove lo sguardo riusciva ad arrivare e in caso di pericolo avrebbero avuto tutto il tempo per prepararsi.
    - Fermiamoci - disse Dhenam buttando a terra lo zaino.
    L'ombra di un sorriso si affacciò sul volto esausto di Alyssia.
    Il guerriero la osservò mentre si lasciava cadere sull'erba, aprendo le braccia al cielo immenso sopra di lei, quasi a volerlo cingere in un abbraccio.
    Era davvero bellissima.

    * * *



    Erano trascorsi dieci giorni dal loro incontro e Quaral-Lein non era più molto distante ormai.
    Avevano percorso più della metà del viaggio e si erano lasciati alle spalle tre fiumi: l'Halbon, il Dawin e il Redah.
    La Valle dei Sette Fiumi era abbastanza grande da contenere al suo interno almeno venti città e questa era la cosa che aveva sempre affascinato Dhenam: la grandiosità di quel luogo.
    Non solo, da un po’ di tempo teneva d’occhio la pianura alla ricerca di qualche branco di Ernish, i grandi e possenti cavalli selvaggi noti in tutto il Khalan per la loro attitudine al lavoro pesante e alla guerra. Se fosse riuscito ad avvistarne qualcuno, avrebbe provato ad avvicinarli.
    Sapeva che non sarebbe stato facile, ma in passato gli era già capitato di farlo, sia pur con scarso successo, e si sentiva abbastanza incosciente da riprovarci.
    Era ormai il tramonto e le ombre dei rari alberi sparsi qua e là lungo la sterrata ondeggiavano nel vento fresco della sera.
    Alyssia sembrava ancora stanca. Eppure avevano fatto pause frequenti, riposando e mangiando.
    Perché allora lei continuava ad apparire così debole?
    - Dhenam!
    L'urlo della ragazza lo riportò alla realtà.
    La guardò e nel suo pallore lesse un terrore atavico, che lo spiazzò.
    - Che cos’hai? - le domandò, seguendo il suo sguardo.
    - Laggiù... - balbettò lei, indicando il ponte di pietra che attraversava il fiume Quaral.
    Dhenam non vedeva niente.
    - C’è qualcosa sul ponte?
    - Non li vedi? – Alyssia sembrava più spaventata che sorpresa. – Non... non li vedi?
    - Chi? Chi dovrei vedere?
    - Sono loro... - adesso tremava come una foglia e la sua voce era spezzata.
    - Alyssia, - Dhenam iniziava a temere per lei, - non c'è nessuno laggiù.
    Lei lo fissò con gli occhi spalancati dall'incomprensione.
    - Non li vedi, - realizzò, inorridita. - Tu non...
    - Alyssia, che cosa vedi? Chi c'è su quel dannato ponte?
    La ragazza non rispose. Lo guardava eppure non lo vedeva più. Adesso nella sua mente c’era solo un profondo sconforto che lui percepiva in modo chiaro.
    Non riusciva a sopportare di vederla così.
    - Alyssia, loro ti vedono?
    - Cosa? – reagì istintivamente. – Loro... sì, mi hanno visto.
    - Andiamo, – le prese la mano, - vieni con me.
    - Dove?
    Dhenam la trascinò letteralmente e, anche se lei non stava lottando per resistergli, era rosa dal terrore.
    - Sul ponte, - le disse quando erano ormai a pochi passi dal fiume.
    Alyssia gettò un urlo e tentò di divincolarsi dalla stretta del guerriero, inutilmente.
    - Lasciami! Mi uccideranno! Lasciami! Lasc...
    - Allora uccideranno anche me! - sentenziò il guerriero con un tono così deciso da placare la paura incontrollata della ragazza.
    Quando raggiunsero il ponte, Dhenam avvertì un gelo improvviso lungo la schiena.
    Cos'era stato?
    - Dhenam, ti prego... - piagnucolò Alyssia, paralizzata dal terrore, - stanno venendo verso di noi, ci uccideranno!
    - Alyssia, nessuno ci ucciderà! Il Grande Fuoco ha distrutto tutte le creature del Male presenti sulla superficie dell'intero Khalan! Malnar ha fatto giustizia! Non c’è nessuno sul ponte!
    - Lo so, ma...
    Alyssia ebbe un sussulto.
    Immagini di tenebra le si proiettarono dinanzi agli occhi e una luce accecante la investì, costringendola a chiudere gli occhi della mente.
    - Alyssia!
    Dhenam la vide contorcersi tra le sue braccia e faticò a sorreggerla.
    Lei non lo ascoltava, non lo vedeva neppure, accecata da quelle visioni, che sapeva essere di un passato recente.
    Il Grande Fuoco.
    - Alyssia!
    Lei gli cinse il collo con le braccia e urlò al cielo rosso della sera un nome che fece gelare il sangue al guerriero.
    Un nome che dava molte risposte.
    - Mia Dea! – gridò con tutta se stessa. – Gendham!
    Accadde tutto velocemente.
    Al centro del ponte, un fuoco azzurro che pareva fatto di ghiaccio liquido prese vita dal nulla e ombre di anime dannate emersero alla luce dalle fiamme, liberate dalla prigionia del potere che le aveva salvate dall’ira di Malnar.
    Dhenam assisté incredulo alla loro apparizione, quindi sfoderò la spada, pronto a tutto.
    Le anime si contorsero sotto la luce fioca del crepuscolo, tinte di arancione dagli ultimi sprazzi di sole. Lamenti incomprensibili si levarono da quelle oscure figure mentre il fuoco azzurro rapidamente le consumava, disperdendone le ceneri nel vento freddo dell'est.
    Così com’erano apparse, svanirono, arse dal magico fuoco di Gendham.
    Un attimo dopo Alyssia giaceva immobile ai piedi del guerriero, priva di sensi.

    * * *



    - Non mi avevi detto di essere una Vestale, - disse Dhenam, accarezzando i capelli di Alyssia, abbracciata a lui nell’erba.
    La fiamma davanti a loro ebbe un guizzo e nella luce crepuscolare il fuoco sembrò ardere più forte.
    - Perché non lo sono, o almeno non ancora.
    - Che vuoi dire?
    - Mia madre era una Vestale, una Profetessa di Gendham. Ma è morta tanto tempo fa.
    - Mi dispiace.
    - Fu uccisa nel sonno. Ricordo molto poco, ma quel che so è che la stessa sorte toccò anche mia sorella. La mia sorellastra.
    - Sorellastra?
    - Fu affidata a mia madre ancora in fasce e lei la crebbe come una figlia.
    Dhenam assunse una strana espressione, tipica di chi abbia appena avuto una folgorazione.
    - Lei era più grande di te?
    Alyssia annuì.
    - Dannazione...
    - Che c'è?
    - Conosco la storia delle vestali.
    - Che storia?
    - Hai mai saputo perché tua madre e tua sorella furono uccise?
    - Fu una razzia degli orchi. Quella notte sterminarono quasi tutte le vestali.
    - Ti dissero perché?
    Lei scosse la testa.
    - Furono uccise per il volere di Dazaal, un’entità maligna che abita gli Inferi e da cui brama di uscire da sempre. I suoi adepti hanno un solo modo per riportarlo in vita: sterminare tutte le Vestali di Gendham in modo da poter aprire i Cancelli dell'Inferno, cancelli che voi tenete chiusi con la vostra sola esistenza in questo mondo. Tua madre non te ne ha mai parlato?
    Alyssia non aveva mai udito quella storia. Sapeva che sua madre era una Profetessa, che aveva il potere di vedere stralci di futuro ed era soggetta a divieti assurdi per il volere della Dea, ma non aveva mai udito quella storia.
    Era anche vero che, dopo la morte di sua madre, Alyssia e i suoi fratelli erano fuggiti via, stabilendosi a Tyrsa per lasciarsi alle spalle i brutti ricordi e il pericolo degli orchi.
    - Credo che la tua sorellastra sia stata uccisa per sbaglio, - stava dicendo Dhenam. – Tu eri la primogenita, la legittima erede del Potere di Gendham. Dovevano uccidere te.
    Alyssia fu travolta da un nuovo, inaspettato dolore.
    Sua sorella era morta... e lei ne era la causa?
    - Io... - ora balbettava, - lo sai, io n-non... non sono degna di essere una Vestale.
    - Che vuoi dire?
    - Niente è come dovrebbe essere, - bisbigliò lei stringendosi come se avesse freddo. - Mia madre non parlava molto di sé, di ciò che era, ma ricordo che mi disse... mi disse che una Vestale è destinata a rimanere distaccata dal mondo e a non provare emozioni, almeno non finché non ha imparato a dominarle, mentre io...
    - Tu, cosa?
    - Io... ti amo.
    Dhenam la strinse forte, respirando il profumo dei suoi capelli, che sapeva di rosa selvatica.
    - E questo ti spaventa? – domandò, ma già sapeva la risposta. Conosceva bene i doveri di una Vestale, li aveva studiati all’accademia durante l’addestramento.
    - Io non posso amarti. Una Vestale è tenuta a generare figli perché nasca una femmina che possa prendere il suo posto, ma non può innamorarsi.
    - Ti sbagli, - disse Dhenam prendendole la testa tra le mani, - tu puoi amare. Sei una donna, una donna meravigliosa e hai tutto il diritto di amare, se lo vuoi. Sei tu l'unica artefice del tuo destino.
    - Dhenam - la sua voce era un sussurro, - tu non hai paura? Paura di poter infrangere le volontà della Dea?
    - No, se l'amore è puro.
    - Tu... tu mi ami?
    - Con tutta l'anima.
    La strinse a sé come il tesoro più prezioso e si baciarono nella luce bluastra del crepuscolo.
    Lassù, nell’imbrunire, una stella cadente brillò per un istante attraverso il cielo.
    Poi scomparve.


    * * *



    Due giorni dopo s’imbatterono negli Ernish. Non che fosse un vero branco, erano solo tre esemplari, splendidi, dal manto pezzato nero, marrone e bianco, che pascolavano tranquilli brucando l’erba della prateria.
    Dhenam disse alla ragazza di aspettarlo, che aveva bisogno di tranquillità per fare in modo che i cavalli non si spaventassero e non fuggissero via. Lei obbedì, restando seduta nell’erba a guardare.
    Uno degli Ernish si accorse di lui, nitrì e galoppò via, lasciando gli altri alla sua mercè.
    Dhenam si avvicinò più lentamente, di lato, facendo in modo che potessero vederlo. Se c’era una cosa che aveva imparato a proprie spese, era che avvicinarsi a un cavallo da dietro poteva rivelarsi fatale.
    Riuscì ad arrivare a un paio di passi da uno dei due, ma quello più distante s’innervosì, nitrendo e allontanandosi al trotto.
    Dhenam rimase solo con l’ultimo Ernish. Brucava l’erba tranquillo, sollevando ogni tanto lo sguardo per assicurarsi che l’uomo non facesse gesti avventati, e lui si convinse che poteva concedersi un piccolo rischio.
    Allungò una mano e lo accarezzò piano sul collo, sfiorando la criniera marrone con le dita.
    Il cavallo nitrì sommessamente, ma non si allontanò.
    Rincuorato, Dhenam continuò con le carezze, spostandosi leggermente per ritrovarsi nella posizione più adatta a montare in groppa. Non aveva staffe a disposizione, per cui non sarebbe stato semplice, soprattutto con quell’armatura che aveva addosso, ma era sicuro di farcela.
    Con una mano afferrò la criniera dell’animale e con l’altra si puntellò sulla sua groppa, dandosi la spinta per montarlo.
    L’Ernish s’imbizzarrì, sbalzandolo via e Dhenam sferragliò a terra, gemendo.
    Il cavallo nitrì aggressivo e gli andò addosso tentando di colpirlo con gli enormi zoccoli. Dhenam rotolò su un fianco e cercò di rialzarsi, ma quello gli fu di nuovo addosso e lo travolse con la sua mole, facendolo di nuovo franare a terra.
    L’Ernish gli andò di nuovo contro, sembrava sfidarlo.
    Mentre Dhenam si tirava nuovamente in piedi, la figura di Alyssia si stagliò a pochi passi dal cavallo. Aveva le mani protese verso di lui e sorrideva.
    - Alyssia! – esclamò lui, allarmato. – Non avvicinarti, è un gran bastardo!
    Lei scosse la testa, ridendo.
    Dhenam la osservò mentre abbracciava la testa dell’animale e lo baciava sotto l’occhio.
    Lui sembrò gradire e un attimo dopo lei lo aveva montato.
    Dhenam, per niente abituato a fare la figura dell’imbranato, scoppiò in una sonora risata che veleggiò sulle ali del vento fino a perdersi nel sole.
    Il potere di Gendham era anche quello.

    * * *



    Quaral-Lein era davanti a loro.
    Alyssia non c'era mai stata personalmente, ma ne aveva sentito parlare spesso, sia per la sua imponenza, sia per il significato che recava in sé.
    La magnifica arcata in marmo bianco, nel quale erano state scolpite figure a rilievo da mani esperte, riportava in alto una scritta che fin dalla notte dei tempi aveva rappresentato l'inno di libertà delle genti Kenthaliane:


    CIMITERO DI QUARAL-LEIN

    " Tutto il sangue versato dai nostri figli

    non basterà a riempire di gloria i nostri cuori

    se la ricompensa non si chiamerà

    LIBERTÀ "


    Dhenam scese da cavallo e si fermò a contemplare l’antica scritta.
    Alyssia lo fissava intimorita. Ne avvertiva la tensione e non sapeva cosa ci fosse dietro. Lui non parlava e lei non faceva domande. Non era granché come rapporto, ma Alyssia aveva capito che c’era un argomento che lui non voleva toccare. Quale fosse, ancora non lo aveva capito, ma di sicuro era legato a quel posto.
    Il guerriero s’incamminò piano tra le prime due file di lapidi, gli occhi fissi sul luogo in cui da ormai due anni si recava abitualmente alla fine di ogni mese.
    Alyssia lasciò il cavallo sotto l’arcata e seguì Dhenam a piedi, con passo incerto, intimorita dall'improvviso silenzio che si era creato tra loro. Non solo, negli atteggiamenti di Dhenam sembrava scomparso ogni interesse per lei.
    Lo osservò mentre si fermava di fronte a una bellissima lapide nera, fregiata d'ebano e argento, e si inginocchiava dinanzi alla stele.
    Una folata di vento le scompigliò i capelli e fu attraversata da un brivido.
    Quando raggiunse il guerriero, i suoi occhi si fermarono sulla scritta incisa sulla lapide:


    A Layna
    Mia amata
    Mio sole
    Mia vendetta


    Alyssia spostò lo sguardo sull'uomo che le dava le spalle, in ginocchio e col capo chino, gli occhi nascosti dalla folta capigliatura ma non abbastanza da nasconderne le lacrime.
    - Era mia moglie, - disse quasi sussurrando. – È stata uccisa due anni fa.
    - Mi dispiace.
    - Non devi. – Mormorò lui alzandosi. – Sto per vendicarla.
    Lei lo guardò di traverso, interdetta.
    - Dhenam! - Tuonò all'improvviso una voce, spezzando la tranquillità del cimitero.
    Lentamente, il guerriero si volse verso l'arcata situata all'estremità del viale che tagliava in due Quaral-Lein.
    Il momento era arrivato.
    - Dhenam, chi è quell'uomo? – fece lei, afferrandogli un braccio.
    - Va via. – Le disse con un distacco tale da spezzarle il cuore.
    - Cosa?
    - Alyssia, allontanati, - per un attimo il guerriero parve rendersi conto del tono che stava usando e le rivolse uno sguardo implorante, che pareva chiederle perdono, - ho un compito da svolgere.
    - Quale compito?
    Dhenam scrutò tra le lapidi, individuando l'uomo che lo aveva chiamato. Stava già avanzando verso di loro e teneva un passo veloce, troppo perché ci fosse tempo per le spiegazioni.
    - Cosa devi fare? – Nel suo cuore, Alyssia aveva la risposta. - Chi è quell'uomo?
    - Un Sewaroke.
    - Che? - Alyssia fece un passo indietro.
    Conosceva bene la fama dei guerrieri di Sewarek e la loro ferocia.
    Kenthal e Sewarek erano in guerra da secoli e l'odio che i due regni provavano l'uno per l'altro era senza limiti. Il duello, qualsiasi cosa l’avesse scatenato, sarebbe stato all'ultimo sangue.
    - Dhenam, ti prego...
    - Alyssia, - la interruppe lui, inquieto, - quando ci siamo conosciuti mi hai chiesto se ero legato a qualcuno.
    S'interruppe, abbassando lo sguardo sulla tomba della moglie.
    - Dhenam...
    - Layna è morta due anni fa, massacrata senza pietà dall'uomo che ora vedi. Ho giurato di vendicare la sua morte e sapevo che lo avrei trovato qui, ad aspettarmi.
    - Lo sapevi?
    - Avevamo un appuntamento. - Finalmente trovò il coraggio di guardarla. - Non sono riuscito a dirtelo prima, mi dispiace. Ora vattene. Nasconditi.
    - Dhenam... - le lacrime le inondavano gli occhi e il cuore le batteva forte in petto, - ti prego, non lasciarmi, siamo ancora in tempo per scappare!
    - Alyssia, non capisci? La mia anima non avrà pace finché quell'uomo non sarà morto, finché la mia spada non avrà mietuto il suo sudicio sangue! E non sarò libero, capisci? Non sarò libero di amarti come vorrei.
    Erano parole di dolore e rabbia e lei ne venne travolta.
    Fino ad allora aveva conosciuto l’uomo, ora scopriva il guerriero.
    Improvviso, un lampo le squarciò la mente e una visione le dilaniò i pensieri, distorcendo tutti i suoi sensi. Vide gli spruzzi di sangue sotto il sole, due occhi grandi colmi di paura, avvertì il gelo della morte e le grida di disperazione levate verso il cielo.
    La visione scomparve e gli occhi che si ritrovò a fissare erano quelli di Dhenam.
    - Alyssia, che succede?
    Il potere di Gendham stava crescendo in lei, ma era sempre più devastante, non ne aveva il controllo.
    Forse era la sua punizione.
    Si sentì debole e cadde, mentre lui la sorreggeva.
    - Alyssia!
    Cercò con lo sguardo il sewaroke e fu quasi sorpreso nello scoprire che si era fermato a una ventina di passi. Sembrava stesse godendosi la scena.
    - Dhenam... - lei ormai annaspava, quasi non riusciva a respirare, - ti prego, non andare...
    - Perché, cos'hai visto?
    - C’era sangue, dolore... e morte.
    - Chi hai visto morire?
    - Non lo so.
    - Ero io? - chiese, afferrandole i polsi.
    - Mi dispiace. - Lei non riusciva a guardarlo. - Non sono riuscita a capirlo, ma... forse...
    Dhenam le sollevò il mento. La guardò un’ultima volta negli occhi e in quel mare calmo trovò la forza per fare ciò che doveva.
    La lasciò seduta a terra e si voltò verso il suo rivale.
    - Perdonami – sussurrò in modo che solo lei lo sentisse.
    S’incamminò verso il Sewaroke, che se ne stava seduto su una lapide con aria annoiata, ignorando il pianto sommesso della Vestale, alle sue spalle.
    Quando furono distanti solo pochi passi, l’uomo estrasse la sciabola e gli si parò davanti nella sua sgargiante veste rossa.
    - Finalmente. Credevo avessi deciso di ritirarti!
    - Orikey, - l’odio di Dhenam traspirava da ogni suo poro, - hai ucciso senza pietà una donna innocente, che chiedeva solo di vivere. Come potrei ritirarmi? La mia spada reclama la tua testa!
    Orikey sorrise soddisfatto.
    - Molto bene, allora preparati, perché io non ti risparmierò. E dopo di te, mi occuperò della tua nuova donna, anche se mi sembra un po’ giovane per te, fratello.
    - Non chiamarmi fratello! - ringhiò Dhenam, estraendo la spada dal fodero con un gesto perentorio. - Non lo sei.
    Orikey non disse altro.
    Il silenzio calò in mezzo a loro e una leggera brezza sollevò mulinelli di polvere e foglie nello spazio che li divideva.
    Si mossero in silenzio, quasi all’unisono, senza fiatare.
    In pochi istanti furono a un passo l'uno dall'altro, le armi cozzarono e i loro sguardi si trovarono, dando vita a uno scontro nello scontro.
    Orikey fece balenare la sciabola nell'aria, abbattendola veemente su Dhenam, che scartò di lato e vi oppose la sua arma. Il clangore riecheggiò sotto il sole e scintille di battaglia si sparsero nel vento. Dhenam si mosse di lato, lasciando scorrere la lama contro quella dell'avversario, poi ritrasse la spada, girò su se stesso e la ruotò per colpire.
    La lama penetrò nella carne di Orikey, affondando nella gamba destra in tutta la sua lunghezza, passandola da parte a parte.
    Il Sewaroke non gridò, contemplando contrariato il proprio sangue mentre schizzava in faccia a Dhenam, accovacciato in una posizione quanto mai precaria.
    Orikey alzò la sciabola al cielo e fissò il guerriero di Kenn con occhi sadici.
    - Sei morto, maiale! - annunciò, abbattendo la sua arma sulla testa del rivale.
    Dhenam rotolò su un fianco, lasciando la spada dov’era, incastrata nella gamba del Sewaroke.
    La sciabola falciò il terreno e in quell'istante Dhenam si gettò in avanti, afferrò l’elsa della sua arma e la estrasse a forza dal corpo del suo avversario, che urlò per il dolore.
    Orikey indietreggiò, vacillando, e il kenthaliano scagliò tutta la sua rabbia su di lui, facendo balenare la lama nel sole.
    La testa di Orikey saettò in aria in mezzo a una pioggia di sangue e ricadde al suolo come un frutto maturo.
    Un grido si levò da qualche parte in mezzo alle lapidi e Dhenam riconobbe immediatamente la voce di Alyssia.
    Si voltò a cercarla e quel che vide ridusse il suo cuore in frantumi.
    La giovane vestale era in piedi, il vestito grigio strappato da una parte, bagnato di rosso all'altezza del petto. Teneva una mano protesa verso di lui ed era sul punto di cadere.
    Dhenam le corse incontro urlando, travolto da un'ondata di disperazione.
    Quando fu a meno di dieci passi da lei una figura alla sua destra venne fuori dal nulla, sciabola alla mano. Dhenam schivò l'attacco e trafisse il Sewaroke da parte a parte, subito riprendendo la corsa. Una presenza alle sua spalle gli fece intendere che non era ancora finita.
    Affrontò l’attacco che due altri guerrieri gli stavano portando, deviando il primo con la sua arma e schivando il secondo con un colpo di reni, quindi si girò e schiantò i due nemici con la sua ira liberata, mozzando di netto il braccio del primo assalitore e squarciando con lo stesso colpo il petto al secondo.
    Quando anche loro crollarono morti al suolo, Dhenam si precipitò dalla vestale.
    Era così carico di rabbia che sarebbe potuto esplodere da un momento all'altro. Quel maledetto di Orikey era venuto coi suoi tirapiedi, non aveva avuto neanche il coraggio di affrontarlo da solo!
    Se fosse resuscitato, lo avrebbe ucciso migliaia di altre volte, per il solo gusto di vederlo morire.
    Quando giunse da Alyssia, la trovò distesa nel prato, i capelli sparsi nell'erba, il respiro ansimante, la macchia rossa sempre più ampia sul suo petto.
    - Alyssia!
    Si gettò su di lei, buttando via la spada, come se gli bruciasse tra le mani, e chinò il viso su quello di lei, baciandola sulle labbra, piano, per non farle male.
    - Dhenam... - la voce di lei era fievole, un sussurro nel vento.
    - Non sforzarti di parlare. – Il Kenthaliano strappò un pezzo del suo mantello e lo premette sulla macchia di sangue.
    - È tardi... Gendham mi vuole con sé.
    - No!
    - Te l'avevo detto... ricordi? Sono una Vestale... non posso amare... non posso...
    - Tu l'hai fatto, Alyssia. - Dhenam non riusciva più a soffocare le lacrime. - Mi hai amato! Io ti ho amata!
    Alyssia ebbe un fremito e tossì, sputò sangue dalla bocca, poi girò di nuovo gli occhi su di lui.
    - Sì, ti amo...
    - Alyssia... - Dolcemente, il guerriero le pulì le labbra sporche di sangue con un lembo del suo mantello, - noi dobbiamo sposarci, ricordi? Cerca di resistere, ti prego...
    - Dhenam, ma non vedi? - Alyssia chiuse un attimo gli occhi.
    Lui girò lo sguardo sulla macchia di sangue e deglutì.
    Strappò l'abito della giovane donna, scoprendole parte dei seni e il ventre.
    Era una ferita profonda e mortale.
    Nulla avrebbe potuto salvarla ora, se non la grazia di un dio.
    - Alyssia... – Dhenam le prese la mano, ma questa scivolò a terra, restando immobile a sfiorare i fili d’erba.
    - No! – Gridò, fissando gli occhi spenti della ragazza con la morte nel cuore. – Alyssia! Alyssiaaaaaa!
    Sollevò il suo viso a quel vento che soffiava caldo da est e la baciò forte sulla guancia, bagnandola con le sue lacrime.
    Il sole splendeva ancora nell’azzurro della pianura, tutto sembrava uguale a quando erano arrivati a Quaral-Lein, poco tempo prima.
    Tutto, eccetto le nostre vite.
    Il verso di un krinlen lo spinse a guardare di nuovo su e la sagoma del falco si stagliò nera contro la luce del giorno. Forse era lì per lei, per la sua anima.
    Portala via, lontano da qui. Dhenam abbracciò con forza il corpo esanime, respirando quel che restava del suo profumo.Dalle la pace, dalle... la sua libertà.

    Edited by Daniele_QM - 5/10/2009, 14:53
     
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