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PARZIALMENTE RIMASTERIZZATO SECONDO ALCUNI VOSTRI CONSIGLI
Cinquecentosessantasette colpi di temperino, inferti con la precisione di un malato di Parkinson in preda a delirium tremens. Il cadavere non aveva un aspetto tanto florido, a mollo in due pozze di sangue rappreso: una, con un diametro di 53,7 cm; l’altra, 56,7. Il commissario Carletto Brambilla detto Cicianebbia - per via delle origini meneghine - trascrisse meticolosamente la seconda cifra sulla sua inseparabile moleskine: da tempo annotava le cifre record rilevate nel corso della sua pluridecennale attività professionale. Una volta in pensione, li avrebbe pubblicati in una sorta di ‘Guinness dei primati polizieschi’. Ignorava che non sarebbe mai giunto a quel mitico stadio della vita umana: sarebbe morto precocemente, stroncato da un’overdose di arachidi speziate, cicca americana e cocacola, durante un interminabile appostamento notturno. Difficile intuire l’identità del cadavere, per via dell’efferato tagliuzzamento; ma il commissario Brambilla non ebbe dubbi: era una donna, come recitava la carta d’identità trovata nella borsetta lì accanto. ‘Segni particolari’ – lesse – ‘Una profonda cicatrice sul mento’. Un destino.
Le note di ‘Gianni il bassotto, che poliziotto’ (la sua mitica suoneria) lo trafissero mentre, a casa, era assorto nella contemplazione del suo tesoro: una collezione mondiale di francobolli dedicati ai più grandi detectives della storia. “Commissario, corra subito in via dei Ciclamini, al 123: è stato commesso un altro efferato omicidio”. Quando chiamavano lui, sbuffò mentalmente (arte per cui andava famoso), gli omicidi non erano mai serafici o anche solo normali. In effetti, la donna non era conciata molto bene: l’assassino l’aveva sminuzzata, disossata e ficcata in un tritacarne da macelleria. Sul tavolo della cucina giacevano allineate in
venti file da ventotto +
una da sette
ben cinquecentosessantasette polpettine (crude, constatò deluso: la moglie lo teneva a dieta stretta e lui davanti al cibo – anche solo potenziale – aveva sempre lo sguardo casto di un Rocco Siffredi che incontri Penelope Cruz dopo trenta anni di ergastolo). “Questa volta la Scientifica – pensò malignamente - avrà seri problemi a stabilire se c’è stata violenza carnale”. Che fosse una donna non c’erano dubbi: l’assassino, con molta professionalità, le aveva tolto lo scalpo biondo, lasciato poi lì in bella vista. Era di quelli, pensò il Brambilla, che non sopportano di trovare capelli nelle polpette.
“Cinquecentosessantasette… stesso numero del delitto precedente… particolare interessante” annotò di passaggio. Mentalmente, perché la moleskine era già stata arricchita in occasione del primo delitto. Nei due giorni successivi non accadde nulla degno di rilievo, salvo l’inizio della sesta serie televisiva di ‘Don Matteo’. Imperdibile, per Carletto detto Cicianebbia: godeva nel vedere le figure di cacca collezionate dai cugini dell’Arma. Si era circa a metà della puntata, quando il vibracall del cellulare fece tremare la scrivania dove giaceva. Per un paio di secondi sperò fosse il vibratore della moglie; poi il senso del dovere gli comunicò che cercavano proprio lui. Un altro omicidio?! Nemmeno gli orari di servizio, rispettavano. Imprecando come un allenatore di calcio affetto da ragadi, si recò sul luogo del – manco a dirlo – efferato delitto, in via Paolo Fabbri, 43. La donna presentava un lungo squarcio dal mento al basso ventre: i due labbri della ferita erano stati ben divaricati con lo scotch da pacchi trasparente (quasi a non voler deturpare il lavoro da chirurgo); all’interno della faglia, il maniaco aveva ficcato cinquecentosessantasette baci Perugina. Brambilla ne scartò uno: dalla patina bianca depositata sul cioccolato dedusse – argutamente – che il delitto era stato premeditato da tempo. Compiaciuto della sua – pur fra virgolette - arguzia, si ficcò distrattamente in bocca il cioccolatino bernoccoluto - ma non erano più i Baci di un tempo. Per rispetto della morta non lesse il bigliettino romantico. La causa della morte l’avrebbe stabilita la scientifica. Particolare inquietante: nessun bacio Perugina era stato inserito dove te lo saresti aspettato. Sul sesso della vittima, anche questa volta non c’erano dubbi: l’assassino le aveva ficcato in bocca la carta d’identità. Della vittima, dico. Ancora una volta ; Cinquecentosessantasette ancora una volta una donna; ancora una volta una tecnica tutta particolare. Brambilla cominciò a sospettare un qualche collegamento fra i tre omicidi.
Leggere le avventure di Sherlock Holmes adagiato sulla tazza del cesso era ciò che lo faceva star meglio quando si trovava al Commissariato. Gli lubrificava le giunture neuronali. Proprio per questo non tollerava di essere interrotto; meno che mai dalla stridula voce di Ciccio Mezzasalma, il suo vice, nonché aspirante a soffiargli il posto. Bastava che il commissario si installasse sulla tazza e recuperasse il punto dove la sua lettura si era interrotta nella seduta precedente, perché subito Mezzasalma – detto Cada’ – sentisse l’impellenza di imitarlo. “Spirito di emulazione” dicevano i colleghi. “Rompicoglioni” tagliava corto Brambilla. Quella volta, però, Cada’ non sollecitava lo sgombero del bagno: “Ciciane’, hai da corre in via dei Matti, al numero zero ….” . “Un altro efferato delitto!” uscì strozzato dalla gola dell’ormai rassegnato commissario. Lui che non era un cultore della fase anale (ne ignorava persino l’esistenza), era spesso costretto a trattenere le feci e leggere a strapponi gli episodi del suo Sherlock.
La scena dell’efferato delitto era di quelle che tolgono l’appetito anche a un reduce da tre settimane in beauty-farm: su di un bancone frigorifero da macelleria stavano esposti in bell’ordine, meticolosamente recisi o sezionati, gli organi interni e le membra di un corpo umano. Lo colpirono in particolare le tette: come tutti i maschi italiani, era un mammone. Il sangue era stato raccolto in scurissime bottiglie da vino: “Sta’ a vedere che non sopporta la vista del sangue, il signorino”, scappò pensato al Carletto. “La Scientifica ha già scartato l’ipotesi del suicidio” disse con tono grave Cada’. “La Scientifica farebbe meglio a scartare caramelle” ribatté scocciato il Commissario, come sempre quando qualcuno lo precedeva in qualche arguta conclusione. Poi, un dubbio lancinante contribuì a rimettergli in moto il processo bruscamente interrotto dalla chiamata di Cada’: “Qualcuno ha contato i pezzi esposti…? No, non dirmelo: Cinquecentosessantasette!” gemette in preda ad atroci spasmi intestinali. Corse al gabinetto: un brivido lo trafisse mentre adagiava le sue là dove avevano giaciuto un tempo le chiappe che ora facevano bella mostra di sè nel bancone frigorifero. Conseguita la fase di plateau (qualsiasi cosa significasse), una verità gli si impose inappellabile: circolava per le strade della sua città un pericoloso psicopatico, devoto del numero Cinquecentosessantasette e della pratica di ridurre a mal partito le sue vittime donne. “BASTARDO, CHI SEI?” urlò dentro di sé, con tale veemenza che i timpani si proiettarono all’esterno. Poi, come due più due fa quattro e come oggi fa caldo, la verità si fece strada nella Porta Portese del suo cervello sempre in fermento. Una sola persona poteva aver architettato omicidi così raffinati, legati fra loro da una sottile trama diabolica. Una sola persona, dotata di una cultura mostruosa, spaziante da Orietta Berti a Francesco Guccini, passando per Sergio Endrigo. Una sola persona... Una persona sola, un serial killer che agiva in modo incongruo, quasi beffardo... Un comical killer! Distrutto, tornò a casa. Sedette, soprapensiero, a contemplare la sua collezione di francobolli. Come un automa, iniziò a contarli: Cinquecentosessantasette. Ancora quel numero, porca malora! Andò allo scaffale della libreria dove teneva gelosamente conservati i volumi di Sherlock Holmes, in edizioni diverse, alcune datate. Un impulso irrefrenabile lo spinse a contarli, con la mano che vibrava come la voce di un poeta novantenne: cinquecentosessantasette! Brividi lungo la schiena; formicolio di cellule cerebrali; crampi alle meningi. Si trascinò allo scaffale dei suoi amati LP, dove, tra gli altri, sonnecchiavano dischi della Berti, di Guccini, di Endrigo. Un rapido conteggio: cinquecentosessantasette! Il tarlo del dubbio si insinuò nel suo cervello. Crollò sulla poltrona e lo lasciò lavorare così a fondo che dopo un paio d’ore gli usciva la segatura dalle orecchie. Infine, la lucida consapevolezza e l’altrettanto spietata decisione. Corse in bagno, aprì l’armadietto dei farmaci, ne tolse tutte le confezioni. Contò cinquecentosessantasette fra pillole, pastiglie, compresse e cerotti; inghiottì tutto a manciate, senza preoccuparsi delle date di scadenza. In quel preciso istante la pendola del soggiorno cominciò a battere le ore: cinquecentosessantasette tocchi. Nel frattempo, il quasi ex commissario Carletto Brambilla detto Cicianebbia rifletteva… riandava all’infanzia… alle cattive suore dell’asilo che lo costringevano a mangiare polpette schifose al sangue e gli sequestravano invece i baci Perugina… all’asilo… al numero civico dell’asilo: cinquecentosessantasette… alla prostituta che l’aveva violentato a soli tredici anni (lei)... la mamma che insisteva a volergli sminuzzare la bistecca nel piatto quando aveva trent’anni (lui)… e... Saranno stati i cerotti acquistati dal solito venditore porta-a-porta oppure i farmaci scaduti; fatto sta che la morte lo colse fulminea, senza spasmi. Nemmeno cerebrali. Nemmeno il tempo di ricordarsi che l’anno prima aveva prestato a quel bastardo del brigadiere Strambi due Lp di Little Tony in edizione originale e che tre attempate edizioni di opere di Sherlock erano dal rilegatore.
Cada’, piante le lagrime che aveva da piangere, il dubbio gli venne: cinquecentosessantasette mutandine col pizzo, teneva nel comò il povero Cicianebbia. Ma quante volte se le cambiava, in una settimana?! Non ebbe la curiosità di contare né i francobolli né i libri né i dischi. Del resto, lo sapevano tutti che lui non contava niente.
NOTA
Lo so, lo so che all’inizio del racconto ho predetto al Commissario una morte totalmente diversa da quella narrata nel finale. Che volete… la vita è piena di imprevisti.
Edited by trap56 - 8/9/2009, 10:14
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