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JUNSUI (PUREZZA)
La luce che lo avvolgeva era di un bianco limpido e denso, e gli scivolava sulla pelle a tal punto che pareva liquida. Era così intensa che avrebbe accecato chiunque, ma le sue pupille si erano già da tempo abituate; apparivano così rimpicciolite da sembrare scomparse, o meglio annegate nel cerchio color miele dove abitualmente erano collocate. Reriko alzò mollemente un braccio, cercando di toccare con la mano quel manto candido. Quasi si aspettava che gli scivolasse tra le dita, come il lembo di un abito di seta. Non c’era una sola nota di colore diverso. Il giovane guerriero non ricordava nemmeno dove si trovava fino a poco tempo prima, quando aveva aperto gli occhi. Si trovava steso supino, forse stava dormendo e il posto che non riusciva a ricordare era la sua camera. Si abbassò fino ai piedi, spazzando con entrambe le mani per trovare il futon e il cuscino. Niente. Si sorprese enormemente quando si accorse che le dita riuscivano a scendere ancora più in basso dei piedi, come se il pavimento che lo reggeva fosse scomparso. Allora stava galleggiando? Questo andava oltre la sua capacità di comprendere. Ma in fondo, perché preoccuparsi tanto? Se davvero, fino a poco tempo prima, stava dormendo, quello che stava vivendo ora altri non era che un sogno. Molto bizzarro, magari, ma sempre un sogno. Visto che lo spazio di fronte a lui non era bloccata da porte o muri, Reriko non trovò altra idea se non quella di avanzare. E avanzò. ... La pianta dei piedi salda per terra gli faceva capire che il pavimento c’era realmente, ma solo la sua parte inferiore ne era praticamente consapevole. Era sicuro che, se si fosse calato e poi avesse appoggiato le mani, queste non avrebbero trovato alcuna superficie sotto di loro. L’ambiente era sempre colmo di luce, ma pian piano questa sembrava aver perso il suo candore. O forse erano soltanto i suoi occhi che si erano abituati ancora di più al bianco che li circondava. “Sei venuto”. Due parole che lo fecero sobbalzare. E non per il tono, dolce e pacato, ma soprattutto per la voce che lui aveva riconosciuto benissimo. ... Davanti a lui il bianco aveva assunto uno strano spessore, come se in quel punto la luce si fosse materializzata e solidificata. Gli bastò avanzare di appena qualche passo per capire che quel bianco non veniva dalla luce...ma da alcune piume, che era sicuro fossero morbidissime al tatto anche se non le aveva nemmeno sfiorate. Seguendone il profilo, si accorse che le piume si raccoglievano in due archi. Due ali, che erano chiuse su se stesse, circondano la figura a cui appartenevano e nascondendola alla vista. “Perché non mi chiami?” ancora quella voce che faceva vibrare meglio di un violino le corde del suo cuore. Reriko rabbrividì appena, come se un filo d’acqua gelida gli fosse passato lentamente lungo la schiena. “Non lo so...” mormorò “Forse temi di vedermi scomparire?” “...sì”. Quella sillaba uscì a fatica dalle labbra tremule del giovane guerriero. Non era l’orgoglio che lo rendeva così impacciato, che gli rendeva fastidioso apparire debole di fronte a lei. Era semplicemente l’emozione. L’emozione di poterla rivedere. Rivedere lei, che aveva esaudito la sua richiesta ed era venuta. “Pronuncia il mio nome, Reriko. Sono qui solo per te. Chiamami, e potrai vedermi”. E Reriko ubbidì, contento di poter far uscire dalla sua bocca quel nome dal sapore e dal suono così dolce e confortante. “Reila...-sama...”. Appena l’ultima lettera si perse nel candore pulsante che li circondava tutti, le ali si schiusero come a comando, rivelando la figuretta di Reila: i suoi capelli castano chiaro erano inconfondibili, come pure le iridi nocciola, che si puntarono dolci e decise in quelle ambrate di Reriko. “Non dovresti usare quel -sama, quando ti rivolgi a me” disse; la sua voce era sempre la stessa, ma avevo assunto uno strano timbro che la rendeva musicale “Non credo di meritare un tale rispetto” “Io penso di sì...” intervenne fiocamente Reriko. Sembrava che tutta la sua sicurezza fosse di punto in bianco evaporata, non appena aveva messo a fuoco la figura di lei “Sciocchezze. Noi ci amiamo. E tra le persone che si amano non ci sono formalismi” replicò Reila, alzandosi lentamente in piedi. Le grandi ali candide seguirono il suo movimento, schiudendosi ancora di più e abbassandosi leggermente, tanto che le piume inferiori sfioravano di tanto in tanto le caviglie della ragazza. “Non...non ti pesano?” la domanda appena formulata suonò immediatamente ridicola al giovane guerriero, ma Reila non pareva essersela presa a male. Anzi, curvò le labbra in uno dei suoi famosi, rassicuranti sorrisi. “Per nulla. E poi, mi ci sono abituata” rispose lei, tranquillamente “Di quelle non hai bisogno, qui” aggiunse. Lì per lì Reriko non capì, poi, seguendo lo sguardo della ragazza, girò gli occhi verso la propria schiena: come comparse dal nulla, le katana erano lì, incrociate nei foderi come al loro solito. Eppure era sicuro di non averle avute fino a poco prima. “Davanti a me non c’è il Reriko guerriero che sei abituato a tirare fuori in presenza del tuo maestro e dei tuoi fratelli” disse Reila, avvicinandosi ancora di più. Bastò un battito d’ali, appena accennato, e le spade scomparvero. Reriko socchiuse gli occhi, quando le piume morbide gli sfiorarono la guancia destra. “Davanti a me c’è il Reriko che ha paura di mostrarsi agli altri...” continuò la ragazza, allungando una mano “...e questo Reriko non ha bisogno di spade affinchè io lo ami” la posò, delicata più dell’ala di una farfalla, sul viso del giovane guerriero, poi avvicinò il viso fino a quando i due nasi si sfiorarono. “Reila...Reila...” ripeteva Reriko, come in trance, muovendo lievemente la testa a destra e a sinistra. Forse un altro l’avrebbe abbracciata, avrebbe gridato quanto le fosse mancata in tutto quel tempo. Ma lui...lui l’aveva sentita dentro di sé, fin da quando lei era spirata in quella stanza dove l’aveva portata. Guardandolo negli occhi fino all’ultimo, decisa a morire con lo sguardo del suo amato impresso nella memoria. “Tu mi hai affidato il tuo cuore. Mai, nemmeno per un istante, ti ho sentita lontana da me”. Reila annuì, carezzandogli le spalle con entrambe le mani. “Lo so. Dio, quel Dio che credete non esista per voi guerrieri della notte, è buono e misericordioso con tutti i suoi figli. Perché lo sei anche tu, Reriko...tu, e quelli come te” sorrise di nuovo “Ha apprezzato la purezza del nostro amore, semplice ma saldo, e ci ha fatto un dono. Quello di restare insieme anche da separati. Di sentirci vicini anche se la barriera della morte ci impedisce qualunque gesto fisico” gli alzò il viso “Lui ti ama e ti guarda dall’alto dei cieli dove dimora. Anche se sei diverso. E ti ha premiato...ci ha premiato” “Vorrei tanto crederci, Reila...” “Abbi fede. E se non ti basta, guarda me. Sono qui grazie a Lui. Lui, che nella sua immensa bontà mi ha resa un angelo, e mi ha permesso di varcare la fragile barriera del sogno per arrivare fino a te, amore mio” quelle ultime due parole suonarono di una dolcezza unica, tanto che Reriko abbassò il capo sulla spalla della ragazza, le labbra contro l’incavo del collo, ma con pudore. “Tutto questo è un sogno, allora?” “Forse sì...o forse no” fu l’enigmatica risposta di Reila, che rise piano e di colpo spalancò le ali, librandosi a pochi metri da terra “Vieni con me” invitò, allungando le mani verso il basso. Reriko le prese tra le sue, e in un batter d’occhio si sentì tirare in alto con una facilità che lo stupì. Quando lei lasciò la presa, si accorse di galleggiare nel mare bianco che li avvolgeva “Se fosse un vero sogno, non proveresti sensazioni così reali come queste” disse Reila, prendendo il viso di lui tra le mani delicate. Reriko si abbandonò al piacere che lo pervadeva. Che aumentò quando si decise e sfiorarle le labbra con un bacio. “Qualcun altro direbbe che vorrebbe non far finire mai tutto questo...” mormorò lei, discostandosi appena “Tu, invece, sai cosa può durare e cosa no. Per questo ti amo tanto. Né smetterò mai di amarti” spinse dolcemente sulle spalle di lui, facendolo tornare giù “Adesso torna nel tuo mondo laggiù, Reriko. E sii sereno”. ............................................................................................................................................................... Reriko aprì gli occhi. Gli bastò poco per capire che era nuovamente nella sua stanza. Il viso gli affondava quasi del tutto nel cuscino; riconobbe il futon, le spade appese al muro nei loro foderi... la sua camera. “Sì, Reila...era davvero un sogno...un sogno bellissimo, ma sempre un sogno”. Si alzò fino a mettersi seduto, girandosi indietro. Sul cuscino azzurro come la sua fascia scintillava qualcosa di bianco. Una piuma, lunga e affusolata. “Un sogno...o forse no”.
Edited by Yue07 - 10/8/2009, 12:35
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