Una nuova vita ci attende

un racconto molto bello

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  1. post-apo
     
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    Anno nuovo, racconto nuovo:


    La vita riserva delle sorprese, non θ vero ? Voglio dire, quando pensi che non ci siano vie di scampo ecco che si apre uno spiraglio, una piccola luce in fondo al tunnel. Non che me la veda particolarmente male, ho degli amici, una casa, qualche volta trombo pure, θ solo che sento il vuoto di un'esistenza spesa nel modo sbagliato, il freddo di una vita passata a svolgere compiti che non le appartengono.
    Nonostante abbia trentacinque anni, credo di non aver mai superato la fase adolescenziale. Penso proprio di essere rimasto un inguaribile sedicenne con la testa piena di spazzatura. Mio padre mi diceva spesso che una volta entrato nel modo delle responsabilitΰ certe cose sarebbero sparite da sole; sarΰ, dico io, ma per me θ stato l'opposto, si sono amplificate fino a diventare montagne nella mia testa.
    Dovermi trascinare a lavoro ogni mattina θ un'agonia. Mi si forma un grumo all'altezza dello stomaco, una specie di buco nero che risucchia ogni speranza di felicitΰ e mi sembra di essere morto, di aver giΰ dato e per pochi attimi, solo per pochi, non provo piω niente, solo silenzio. Poi vengo travolto da un conato di tristezza, gelida, sorda, e la giornata puς dirsi conclusa. Fortuna vuole che sia disoccupato, anche se preferisco di gran lunga l'agonia ai morsi della fame.
    Sono un fottuto sognatore, ecco la mia croce, sono destinato a perdere.
    ‹‹ Ma non questa volta ! ›› non mi accorgo di averlo detto a voce alta.
    Il tizio di fronte a me si volta.
    ‹‹ Scusi ? ››
    ‹‹ Cosa ? ›› rispondo.
    ‹‹ Lei mi ha rivolto la parola. ››
    ‹‹ Oh. ›› abbozzo un sorriso ‹‹ Non ci faccia caso, pensavo a voce alta. ››
    ‹‹ Ah. Ok. ››
    La fila avanza di un passo.
    ‹‹ Capita anche a me, sa ? ››
    ‹‹ Cosa ? ››
    ‹‹ Di pensare. Non mi θ mai capitato di farlo ad alta voce, sono convinto sia un po' pericoloso. ››
    La fila avanza di un passo.
    ‹‹ Perchι dovrebbe essere pericoloso ? ››
    Il tizio mi guarda come se fossi uno stupido.
    ‹‹ E se per caso la scappa un'offesa, o un apprezzamento poco carino nei confronti di una ragazza ? Come la mettiamo in questi casi ? Potrebbe trovarsi a passare dei brutti cinque minuti. ››
    ‹‹ In effetti... non ci avevo mai pensato, mi sta aprendo un mondo. Mi scusi. ››
    Estraggo un taccuino e ci scrivo su “rissa per un pensiero detto a voce alta”.
    La fila avanza di un passo.
    ‹‹ Cosa fa, lo scrive per paura di dimenticarlo ? ››
    ‹‹ No no. ›› sorrido ‹‹ Sono uno scrittore, mi sono appuntato una possibile scena per il mio nuovo romanzo. ››
    ‹‹ Scrittore ? Qual'θ il suo nome ? ››
    ‹‹ Marco Calamari, piacere. ›› ci stringiamo la mano.
    ‹‹ Matteo Giunti, il piacere θ mio.››
    Matteo prende a massaggiare la folta barba.
    ‹‹ No, mi spiace. ›› dice ‹‹ Marco Calamari mi suona nuovo. ››
    ‹‹ Non si preoccupi, ho pubblicato soltanto un paio di romanzi con un piccolo editore. ›› mento spudoratamente: la realtΰ θ che ho scritto pochi racconti e tutti postati sul mio blog.
    ‹‹ Perchι nessuno viene a vedere il mio blog ? ››
    Matteo mi guarda perplesso: ‹‹ Ha detto ? ››
    La fila avanza di un passo.
    ‹‹ Niente niente, mi perdoni, un altro pensiero ad alta voce. ››
    ‹‹ Lei mi preoccupa figliolo. ››
    ‹‹ E cosμ ha un blog ? ››
    ‹‹ Certamente. Lo uso per mantenere un contatto con i miei lettori. ›› lettori che, tra l'altro, non ci sono.
    ‹‹ Fa bene. Sa, qui sulla terra ho una piccola azienda specializzata in costruzioni ceramiche. Facciamo di tutto, dai condensatori, al vasellame, alle mattonelle; proprio di tutto. E anch'io nel mio piccolo cercavo di mantenere un contatto con i miei clienti, cercavo di instaurare un rapporto di amicizia. Sono convinto che se alla persone stai simpatico loro comprano piω volentieri da te. ››
    ‹‹ Lo credo anch'io. ››
    ‹‹ Ma le cose sono andate male e adesso emigro. ››
    ‹‹ Mi spiace. Ma guardi il lato positivo: su Marte non ci sarΰ concorrenza. Almeno all'inizio. ››
    ‹‹ Verissimo. Lei sarΰ il primo scrittore italiano su Marte e io il primo ceramista. ››
    La fila avanza di un passo.
    E' il turno di Matteo. L'ufficiale gli chiede gentilmente i fogli di imbarco. Li osserva, lo fa passare.
    Il militare rimane impassibile mentre pronuncia la parola “ avanti “. Per me questo viaggio θ speranza, per lui solo una rottura di coglioni.
    Saluto Matteo, chissΰ se riuscirΰ a essere il miglior ceramista del pianeta rosso. Per quanto mi riguarda, bι, prendo un respiro e varco la soglia.

    Controllo il biglietto: dieci c. Controllo nuovamente: sempre dieci c.
    Il sedile da me prenotato θ occupato da un tipo grassoccio. Si tiene ferocemente aggrappato ai braccioli della poltrona, pare sofferente, θ terribilmente sudato.
    ‹‹ Mi scusi ? ›› dico con faccia allegra ‹‹ quello θ il mio posto. ››
    Il tipo grassoccio punta i suoi occhi da topo su di me: ‹‹ E' tuo il posto ? Voglio dire, lo hai prenotato appositamente o θ un caso che tu abbia il dieci c ? ››
    ‹‹ Che differenza fa ? ›› chiedo stupito della domanda.
    ‹‹ La differenza θ palese. Vedi, se hai scelto di proposito di non stare vicino al finestrino non potrς fare altro che alzarmi e spostarmi proprio qui accanto, all'undici c. Ma se per te θ indifferente possiamo barattare il sedile: io rimango dove sono e tu va lμ. ››
    ‹‹ Oh, non avevo capito. ›› mi siedo all'undici c.
    ‹‹ Scusi la domanda, ma non poteva prenotare una poltrona lontana dal finestrino ? ›› chiedo.
    ‹‹ L'ho fatto, θ solo che l'impiegato ministeriale per l'imbarco era un completo deficiente. Cristo ! Gli ho chiesto un posto lontano dall'oblς e lui, dal genio che θ, ha capito obolo. ›› con un cenno della testa indica l'obolo di ferro disegnato sull'arco che separa la plancia di comando dalla zona passeggeri.
    ‹‹ Che sfiga. ››
    ‹‹ Puoi dirlo forte. ››
    Dagli altoparlanti una voce di donna prega i gentili passeggeri di allacciare le cinture.
    ‹‹ Cristo, Cristo ! ›› il tipo grassoccio stacca le mani dai braccioli, fulmineo allaccia la cintura per poi riafferrarli con piω forza. Le nocche delle mani gli sono diventate bianche.
    ‹‹ Cazzo, cazzo, ci siamo. Me lo sento, ci siamo, θ finita. Chi me lo ha fatto fare ? Chi ? Chi ? ››
    Il ronzio dei motori riempie l'aria. Lo shuttle prende a vibrare, percorso da uno spasmo violento. Borbotta come un motore ingolfato, poi il rumore sfocia nel fragore e diventa assordante.
    ‹‹ Ahhhhh ! Cazzo ! Cazzooooo ! ››
    Il grasso chiude gli occhi, contrae la mascella, serra i denti. Posso vedere la sua dentatura seguire le vibrazioni del veicolo.
    Il fragore sfocia in puro delirio sonoro. Lo shuttle si impenna paurosamente, acquisendo un'angolazione di quarantacinque gradi. All'improvviso il veicolo scatta in avanti con una forza tale da scaraventarmi all'indietro, tanto che la mia schiena aderisce perfettamente alla forma della poltrona. E' il panico. Il ciccione urla preghiere miste a bestemmie, da alcune file dietro la mia una donna sovrasta il rombo con la sua odiosa voce di gallina, alla mia destra qualcuno afferma di essere stato rapito piω volte da extraterrestri.
    Io me ne resto buono a osservare il cielo terrestre scorrere folle aldilΰ del finestrino, etereo eppure dannatamente reale. Sono partito, ho preso il volo, da qui non θ piω possibile tornare indietro. Mi prende paura, del tipo esistenziale che poi θ la peggiore. E se non dovessi farcela ? E se emigrando peggiorassi le cose ?
    Mi viene da pensare a tutta quella schiera di africani sorridenti, arrivati in Italia con la speranza di un qualcosa migliore. Cos'θ che effettivamente hanno guadagnato ? Soldi ? Rispetto ? Assolutamente. Vengono visti come un problema, cosμ come un problema vengo visto io. Disoccupato, precario, chiamami come vuoi, resto sempre un guasto da riparare. Marte puς essere la soluzione; o forse no, forse θ soltanto un'altra prigione, ma vale la pena tentare.
    ‹‹ Sono uno scrittore ! L'arte scorre nelle mie vene ! ››
    Un lampo infuocato mi disturba la vista. Istintivamente chiudo gli occhi e quando li riapro oltre l'oblς non c'θ altro se non il buio profondo.
    Dagli altoparlanti la voce di donna conferma la mia supposizione: ‹‹ Signore e signori: lo spazio ››
    Nel frattempo lo shuttle ha cessato di ruggire e vibrare, adesso il silenzio carezza le mie orecchie.
    ‹‹ Porco troia se non me la sono vista brutta. ››
    Il ciccione molla i poggia braccia del sedile. Sgancia la cintura e, con un fazzoletto preso dal taschino della camicia, tampona il sudore sulla fronte.
    ‹‹ Cazzo che fifa. ››
    ‹‹ E' stata una bella esperienza. ›› dico io tanto per dire qualcosa.
    ‹‹ Una bella esperienza ? Cazzo dici, ma se mi si spalmata la merda sulle mutande! ››
    Deglutisco: proprio accanto a un tipo del genere dovevo finire ?
    L'uomo si soffia il naso col fazzoletto pregno di sudore, dopodichι lo ripone nuovamente nel taschino.
    ‹‹ Che mi dici amico, qual'θ il tuo nome ? ››
    ‹‹ Marco Calamari, piacere ›› ci stringiamo la mano.
    ‹‹ Io sono Eugenio Martinelli ›› silenzio, si aspetta che dica qualcosa ‹‹ Cristo, l'inventore di youfuck. ››
    ‹‹ Oh. Bel servizio, complimenti. ››
    ‹‹ Certo, grazie. Nessuno che mi riconosca, possibile ? ››
    ‹‹ Mi spiace, io lo uso per masturbarmi... comunque bella idea. ››
    ‹‹ Si si, certo. Chi se ne fotte se la gente non mi riconosce, col botto di soldi che mi ritrovo sinceramente me ne sbatto. ››
    ‹‹ Allora, cosa la porta su Marte ? ›› chiedo tanto per fare conversazione.
    ‹‹ Avventura. ››
    ‹‹ Avventura ? ››
    ‹‹ Si, avventura, sei per caso sordo ? ››
    ‹‹ Oh, no, θ che mi piace ripetere le ultime parole che la gente dice. Lo faccio per manifestare il mio interesse verso l'argomento. ››
    ‹‹ A me sembra una presa di culo. ››
    ‹‹ Avventura, diceva... non ricordo che nel modulo per la richiesta di emigrare ci fosse l'opzione avventura. ››
    ‹‹ Infatti non c'era. Ho fatto dei regalini a chi di dovere. ›› strizza l'occhio.
    ‹‹ Cosa ? Ha corrotto dei pubblici ufficiali ! ››
    Eugenio si guarda attorno. Porta l'indice della mano sinistra al naso.
    ‹‹ Zitto, vuoi farmi beccare ? ››
    ‹‹ Credo di no. Ma se ha paura che la prendano, perchι me lo ha detto ? ››
    Fa spallucce: ‹‹ Bo, spirito cameratesco...forse E comunque era l'unico modo per vivere Marte, per assaporarne le fragranze, le gioie e i dolori. Vedremo l'inizio di una nuova civiltΰ, amico mio, plasmeremo la nuova societΰ a nostra immagine e somiglianza. ››
    ‹‹ Non pensavo fosse un romantico. ››
    ‹‹ Ricordati che io ho fatto i soldi con l'amore, puoi dirlo forte che sono un romantico. ››
    ‹‹ Ok ››
    L'atteggiamento del ciccione non mi piace. Cerca di essere simpatico, ma non fa altro che mostrare tutta la mediocritΰ di cui θ intriso.
    ‹‹ Lo sa che a causa sua qualcuno che aveva realmente bisogno di questo viaggio θ rimasto sulla terra ? Lo sa cosa significa ? Lei ha ucciso le speranza di un essere umano, lo sa questo ? ››
    Comportamenti del genere mi danno sui nervi e la sua faccia sorpresa dalla mia esternazione non fa altro che contribuire al fastidio.
    ‹‹ Certo che lo so, mi hai preso per stupido ? E comunque cazzi suoi, che mi frega a me. ››
    Eugenio fa spallucce e tutto scivola via, come se niente avesse realmente importanza.
    Pezzo di merda, penso, fottuto ingordo pezzo di merda. “
    ‹‹ Nei miei libri parlerς di problemi sociali, darς da riflettere, materiale su cui pensare. ››
    Certo, farς cosμ.
    ‹‹ Sei uno scrittore ? ›› Eugenio sorride schernendomi.
    ‹‹ E cosμ vorresti svegliare le coscienze ? Non ce la farai mai, garantito. ››
    ‹‹ Mi scusi, perchι ? E poi non θ stato lei ha dire quelle belle cose sul creare una nuova civiltΰ e la societΰ da plasmare ? ››
    Eugenio strabuzza gli occhi.
    ‹‹ Amico mio, mi sa che non ci siamo capiti. Io sono un avventuriero del capitalismo, voglio contribuire a creare un sistema in cui possa prosperare. Non ho nessuna intenzione di far riflettere la gente, anzi, voglio che loro utilizzino i miei servizi. Facciamo cosμ, tu scrivi delle storie trite e ritrite dai contenuti minimi, giusto per solleticare le emozioni, e io te le pubblico, ci stai ? ››
    Rimango basito.
    ‹‹ Ma cosμ facendo vengo meno al mio ruolo di scrittore. La letteratura deve avere uno spessore, una profonditΰ, deve dar la possibilitΰ al lettore di usare il cervello, di mettere in moto la materia
    grigia. ››
    Eugenio ride: ‹‹ Non venderai niente, zero, te lo dico io. Siamo sinceri, a nessuno frega le digressioni filosofiche o sociologiche o come cazzo ti pare. Non troverai nessuno disposto a leggersi un mattone sui problemi di chi che sia. Alla fine chi fa i soldi ? I soldi li fa colui che riesce a venderti un prodotto che diverte, che non fa pensare e che, in una qualche maniera, ammalia. Se pensi ai primi libri in classifica, o ai primi film, non troverai mai qualcosa che smuova gli animi. Al massimo potrai trovarne alcuni che vestono quai panni, ma se poi vai a vederne i contenuti ne rimarrai imbarazzato dalla pochezza. Ecco cosa vende, caro amico. ››
    Non riesco a trovare parole per controbattere, θ come se una parte del mio sogno si fosse spenta. In fin dei conti Eugenio ha ragione, un prodotto deve essere venduto e per venderlo bisogna adeguarsi al pubblico.
    ‹‹ Non sempre θ cosμ. ›› controbatto aspramente.
    ‹‹ Non prendiamoci per il culo, le eccezioni servono a confermare le regole. ››
    Cerco di dire qualcosa, ma non ci riesco. Mi sento scoraggiato, sento le ossa pesanti. Non ci credo, non puς essere, il futuro non puς riservare altro che sorprese, devo essere fiducioso, vedere il bicchiere mezzo pieno. Alzo la testa, i miei pori trasudano ottimismo.
    Facciamo il resto del viaggio in silenzio, io e e il re del porno a contemplare lo spazio profondo.

    Finalmente siamo arrivati. Lo spazioporto di Marte si staglia orgoglioso sotto di noi, come una gigantesca chioccia pronta ad accudirci. E' notte, all'orizzonte le luci della cittΰ serpeggiano indiavolate, quasi fossero danzatrici intente a darci il benvenuto. Sono emozionato, mi sento un bambino nel paese delle meraviglie. Lo shuttle si adagia dolcemente sulla pista di atterraggio, rendendo la partenza turbolenta soltanto un lontano ricordo. Rallenta, infine si ferma. Scendiamo ordinatamente, senza alcuna fredda, assaporando ogni secondo dello sbarco. Esausti ma contenti saliamo su di un autobus che ci porta dritti al gate undici, l'anticamera per il settore italiano. Lμ mostreremo nuovamente la carta di espatrio e ci verrΰ affidato l'appartamento. Dovrebbe essere una faccenda veloce, senza inutili perdite di tempo. Non vedo l'ora di fare il mio ingresso in Nuova Roma, θ cosμ che hanno chiamato il settore italiano, e diventare a tutti gli effetti un cittadino di Marte.
    Il gate undici θ una struttura semicircolare moto ampia, con il soffitto in vetro e un pavimento talmente lucido da potercisi specchiare. E' un luogo elegante, dalle forme tondeggianti, proprio come va di moda in questo periodo. E' luminoso, troppo per i miei gusti, e bianco, talmente bianco che la luce si rifrange sulle pareti fino ad accecarti.
    Attorno a me c'θ un mormorio eccitato. Lo sono anch'io, se devo essere sincero. Provo a immaginare come sarΰ la mia vita sul pianeta rosso e non posso che fantasticarla altrimenti se non grandiosa. Si, sarΰ elettrizzante, credo che mi toglierς diverse soddisfazioni. Fanculo alla Terra,
    ‹‹ diamo il benvenuto a Marte ! ››
    Oltre il soffitto del gate la cupola di contenimento sovrasta l'intera cittΰ, spazioporto compreso. E' talmente trasparente che sembra non esserci, ma c'θ, θ lμ, se ne puς avvertire la presenza. Inizialmente i piani erano diversi e la cupola non era compresa. Avevano intenzione di modificare l'atmosfera del pianeta cercando di farci crescere alcune tipologie di piante, in modo da creare ossigeno. Gran bella cosa, non ho la minima idea di come funzioni precisamente, ma la trovata era buona. Peccato che la crisi economica abbia guastato i giochi e abbia distrutto i sogni di scienziati e biologi. Sulla Terra la situazione θ diventata sempre piω invivibile, θ per questo che hanno costruito la cupola: serviva una soluzione e serviva subito.
    “ ‹‹ L'atmosfera terrestre dentro una palla per pesci ›› “ diceva un mio amico. Il paragone calza a pennello.
    Trent'anni per costruirla e altrettanti per costruire la cittΰ. Sembra un tempo interminabile, ma adesso θ reale, chi l'avrebbe mai detto: l'uomo, seppur goffamente, ha colonizzato altri pianeti.
    Una nuova vita ci attende.
    La fila scorre che θ una bellezza. E' il mio turno.
    Militare: ‹‹ Favorisca carta di espatrio. ››
    Gliela porgo. Lui la osserva scrupoloso, infine prende una specie di pistola e spara sul codice a barre posto sul fondo della carta.
    ‹‹ Marco Calamari, celibe, niente familiari a carico: giusto ? ›› chiede.
    ‹‹ Giusto. ›› confermo.
    ‹‹ Ha svolto le mansioni di magazziniere, metalmeccanico, operaio generico: conferma ? ››
    ‹‹ Confermo. ››
    ‹‹ Preferenze lavorative ? ›› mi guarda con un'espressione stanca, chissΰ a quante altre persone ha rivolto le stesse domande.
    ‹‹ Oh, si, certo. Scrittore, sono uno scrittore. ›› dico orgoglioso.
    Il militare rimane per un attimo perplesso, poi scoppia in una fragorosa risata.
    Suppongo di aver detto qualcosa di estremamente divertente.
    ‹‹ Signor Calamari, Marte non θ un campo estivo. Lei θ venuto qui per produrre e per essere di aiuto al paese. Operaio generico le andrΰ benissimo. ››
    Mi ordina di premere il pollice su di un palmare. Mi fa una foto con una fotocamera speciale, dice che serve per potermi riconoscere ovunque vada. Inserisce i miei dati in un database, alcuni secondi e mi consegna una tessera tipo carta di credito.
    ‹‹ Qui ci sono i suoi dati sensibili, non la smarrisca. Le servirΰ per fare transizioni finanziarie, per utilizzare i vari terminali all'interno di Nuova Roma, per le cure mediche e per entrare nel suo appartamento. Ecco, prenda, ›› mi consegna un opuscolo ‹‹ qui ci sono informazioni dettagliate sugli utilizzi della carta. ››
    Il militare apre un cassetto della grossa scrivania. Estrae un biglietto, me lo infila in tasca.
    ‹‹ Qui c'θ il suo indirizzo: Nuova Roma θ grande, guardi di non perdersi. ›› strizza l'occhio.
    Avanzo titubante, di fronte a me l'uscita del gate, la cittΰ con il suo carico di significati. Alzo lo sguardo al cielo: la cupola θ talmente trasparente che quasi non si vede, ma c'θ, θ lμ, se ne puς avvertire la presenza. La porta del gate si apre, invitandomi a uscire.
    Credo che sto per sentirmi male.


    Bo, che dire, a me θ piaciuto. E voi cosa ne pensate ?
     
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  2. post-apo
     
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    domanda: ma fa cosμ schifo ? (sentitevi liberi di rispondere anche con un semplice si, non mi offendo)
     
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1 replies since 23/1/2009, 22:10   46 views
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