La domanda (Alessandro Canella)
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La domanda (Alessandro Canella)

Fantascienza, 22 caratteri ca.

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  1. Okamis
     
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    Eccomi qua :) Dunque, il racconto presenta "alcune" parolacce, anche se non credo che sia necessario inserire il "parental control". Nel caso, fatemi sapere che lo aggiungo subito ;)
    Faccio una piccola premessa per evitare fraintendimenti su questo brano. Questo racconto nasce come omaggio a "La risposta" di Frederic Brown, scrittore di fantascienza dello scorso secolo. Tuttavia "La domanda" non è una sorta di "remake" dell'originale. Sebbene infatti il tema di fondo sia il medesimo, i due brani sono completamente diversi per impianto, stile e struttura (e chi ha letto Brown potrà di certo confermare). Scrivo ciò per due ragioni:
    1) In un mio precedente racconto ("Come madre e figlio") alcuni avevano trovato riferimenti ad altre opere assolutamente involontari da parte del sottoscritto (anche perché una delle opere citate nemmeno la conoscevo :nono: ).
    2) Per evitare commenti di questo tipo: "Il racconto mi è piaciuto, ma visto che l'idea non è originale invece di X punti te ne do Y".
    Scusate la lunga premessa, ma in questo caso l'ho ritenuta necessaria. :xixi:

    EDIT: mi sono reso conto solo ora che le due operazione matematiche presenti nel brano sono uscite fuori con una grafica un po' barlocca. Vabbè, non sono fondamentali ai fini della trama. Limitatevi a immaginare due operazioni diverse XD

    EDIT 2: è possibile leggere il racconto di Brown al seguente indirizzo: http://www.geocities.com/WallStreet/5385/Risposta.htm

    La domanda


    Per la quarta volta in meno di un’ora, le immagini sullo schermo presero a screpolarsi sino a diventare una serie indistinta di puntini grigi e macchie schizofreniche che si rincorrevano.
    «Porca troia!» imprecò Lukash, dando una manata sul monitor. «Prima o poi dobbiamo cambiare quella dannatissima antenna. Non è possibile perdere il segnale a ogni passaggio di giunzione.»
    «In questo momento abbiamo altre priorità.» rispose distrattamente il professor Strelok, attivando la radio. «Qui stazione Mater; tutto bene laggiù, Vrostok?»
    Dopo alcuni secondi le casse gracchiarono una risposta. «Son…nzio…il segnale…asso…non rie…forse o…ite?...detto mi sentite? Rispondetemi.»
    «Ora ti sentiamo, Vrostok. Dove ti trovi?»
    «Ho appena superato il nodo trentadue. Sono a pochi...tri dal pannello danneggiato. Aspettate, vedo di regolare anche il segnale video.»
    Sullo schermo lo sfarfallio si attenuò, fino a che ogni pixel non ritrovò il posto che gli competeva. Il colore passò dall’iniziale anarchia a un’ordinata scala dei grigi. La telecamera, posta sul casco dell’esoscheletro mosso da Vrostok, mostrava uno stretto cunicolo, affiancato da un numero indefinito di cavi e tubi. Nuvole di vapore venivano sparate a cadenza regolare dai fori d’uscita dei condotti di raffreddamento, andando ad appannare il vetro della telecamera.
    «Ecco, ci siamo.» gracchiò Vrostok. «Pannello quattrocentododici, ultima fermata.» Le tozze braccia dell’esoscheletro afferrarono la lastra metallica e la staccarono dalla parete come se si trattasse di un foglio di carta. Da oltre il rivestimento si sprigionò una nube di fumo che per qualche secondo offuscò la visuale agli uomini in attesa nella sala di comando.
    «Fantastico! E anche la dodicesima serie di relè della giornata è andata a fottersi.» bofonchiò Lukash. «Spero tu abbia una buona scusa da presentare a quelli dei piani alti, altrimenti i prossimi pezzi di ricambio li pagheranno con i nostri stipendi.»
    «Li puoi riparare, Vrostok?» domandò Strelok, senza badare alle parole del collega.
    «Nessun problema. Ho con me tutto il necessario. Inoltre, a prima vista, i cavi di collegamento con il circuito di alimentazione sembrerebbero intatti.»
    «Molto bene. Sostituisci i relè il più in fretta che puoi. Voglio partire con un nuovo test entro sessanta minuti. Mater chiude.»
    Il professor Strelok interruppe la comunicazione e si lasciò sprofondare sullo schienale della vecchia poltrona su cui era seduto.
    «Intendi eseguire di nuovo quel test?» domandò Lukash, porgendo una tazza di caffè fumante al collega.
    «Non dovrei?» ribatté Strelok dopo un rapido sorso.
    Lukash sbuffò. «Non spetta a me decidere. Sei tu a capo del progetto. Tuttavia, se posso esprimere il mio modesto parere, direi che forse è il caso di fermarci qui. Dopotutto abbiamo già raggiunto risultati eccezionali, se non addirittura superiori alle aspettative iniziali.»
    «Ero convinto che il nostro obbiettivo fosse azzerare del tutto il margine di errore.»
    «Sai, comincio quasi a sospettare che dietro questa mania di perfezionismo tu stia nascondendo il desiderio inconscio di non abbandonare il comando del progetto.»
    «Non sparare stronzate.»
    «Stronzate? Dio mio, Andrej, siamo fermi da quasi quindici anni per via di un errore infinitesimale all’interno del programma di calcolo!»
    «È bello vedere come tu sia in grado di definire “infinitesimale” un errore capace di mandare a puttane l’intero sistema di Omnia.»
    «Devo forse ricordarti che tale “errore” nasce da un tuo gioco perverso con il programma? Sai chi mi ricordi? Mi ricordi gli ingegneri che causarono l’incidente di Chernobyl. “Chissà cosa succede se portiamo il reattore al massimo?” “Ah, non lo so. Dai proviamo.” “Ops, si è fuso il nocciolo. Scusate, non volevamo.” Tu sei uguale! Da quindici anni continui a giocare con Omnia per vedere chi di voi due ce l’ha più grosso. Solo che ogni volta che perdi i contribuenti sono costretti a pagare di tasca loro non so quanti miliardi di Uron. E quelli dei piani alti sono stanchi di tutti questi fallimenti. Dovevamo impiegare soltanto trentatre anni a costruire Omnia; e invece ne sono passati quarantotto e non siamo ancora giunti alla fine. Sidorovich è sempre più incazzato, e sinceramente non so più che scuse inventargli, visto che tu non ti fai mai trovare al cellulare, lasciando a me il lavoro sporco. Però a te cosa te ne frega. L’importante è divertirsi, dico bene?»
    «Credi davvero che sia un gioco per me?» ribatté Strelok, spazientito. «Rispondi te, ora: cosa accadrebbe se un giorno qualcuno ponesse quella determinata domanda a Omnia?»
    «Ma a chi cazzo vuoi che passi per la testa di chiedere una simile cosa a una macchina?» sbraitò Lukash, alzando le mani al cielo. I tecnici alle sue spalle alzarono gli occhi dai monitor, curiosi di godersi l’ennesima sfuriata tra i due scienziati.
    «A me è venuto in mente,» fece notare Strelok con un mezzo sorriso stampato sulla faccia «e nulla vieta di pensare che la stessa cosa non venga in mente anche a qualcun altro. E allora sì che i nostri cari contribuenti si dovrebbero preoccupare.»
    Lukash guardò l’amico con l’aria di chi ha già sentito la stessa storia mille volte. «Ti scordi un particolare: un modo per aggirare l’ostacolo c’è. Basterebbe sfruttarlo.»
    «Mi rifiuto.» disse Strelok, scuotendo la testa. «Probabilmente darebbe vita agli stessi identici danni, se non addirittura peggiori.»
    Lukash aprì la bocca per ribattere, ma una serie di bip interruppe la loro conversazione.
    «Qui Mater. Siamo in ascolto, Vrostok.» disse Strelok dopo aver attivato il microfono.
    «Volevo solo informarvi che ho ultimato la sostituzione dei relè. Faccio ritorno all’elevatore.»
    «Molto bene. Attendiamo il tuo ritorno nella stazione insieme alle altre squadre e partiamo con il nuovo test. Mater chiude.»

    Occorse una mezz’ora abbondante prima che tutti gli ingegneri facessero ritorno al livello zero. All’interno della sala di comando i tecnici informatici fecero ripartire le sequenze di calcolo preliminari. Uno a uno, gli schermi si riaccesero, mostrando ognuno file e file di dati alfanumerici apparentemente privi di senso. I computer ronzavano rumorosi.
    «Operatività al cento per cento.» affermò il tecnico supervisore quando Omnia fu riavviato del tutto.
    «Ottimo.» disse Strelok, mentre si puliva le lenti degli occhiali con un lembo del camice. «Cominciamo subito con le domande di test.» Il professore schiacciò uno dei tanti pulsanti sulla sua console, attivando il controllo vocale. «Omnia, quanto fa otto per due.»
    Sullo schermo principale comparve un grosso sedici, confermato da una voce computerizzata.
    «E ora dimmi quanto fa sette virgola cinque periodico diviso quattordici alla dodicesima sotto radice terza.»
    «Specificazione necessaria. Opzione A: 7,5 ̅ ∶∛(〖14〗^12 ). Opzione B: √(7,5 ̅ ∶ 〖14〗^12 ).»
    «E anche i sistemi di logica lessicale funzionano.» notò Lukash, spuntando la seconda casella del questionario standard sull’operatività del sistema.
    «Opzione A.» scelse Strelok, per poi chiedere conferma a uno dei suoi uomini quando il risultato comparve sullo schermo. «Passiamo alla gestione di ricerca. Omnia, di quante persone è composta la popolazione della Repubblica in questo momento?»
    «Ottocentonovantaseimiliardi duecentododicimilioni cinquantaseimila settecentoquarantatre unità alle ore 16.36 del 12 Maggio 11896, con un’approssimazione dello zero virgola quattro percento dovuto alla registrazione dei nuovi nati e dei recenti defunti.»
    «Omnia, crea una lista di tutti i testi cartacei mai scritti inerenti l’argomento “semiotica”.» Sullo schermo fu visualizzata una lunga serie di titoli, più di duecentomila, a giudicare dal numero in alto sulla destra. «E ora ordinali per categorie generiche.» In meno di un istante la precedente lista fu sostituita da un numero più ridotto di macrocategorie: ordine cronologico, per autore, attinenza, editore, dimensione o colore delle copertine... «Sostituisci “testi cartacei” con “pagine sulla rete”.» Di nuovo, la ricerca fu completata nel momento stesso in cui Strelok finì di porre la domanda.
    «A quanto sembra la gestione di ricerca non presenta problemi di sorta.» disse Lukash, lanciando un’occhiata su uno degli schermi di servizio.
    «Nessun picco o calo nella frequenza; valori nella norma.» confermò il tecnico supervisore.
    Strelok si girò verso Lukash. «Che dici? Passiamo direttamente al pezzo forte?»
    «Fa’ come credi.» rispose lo scienziato senza nemmeno degnare l’amico di uno sguardo.
    Il professor Strelok si massaggiò il mento ispido e si stropicciò gli occhi arrossati dalle lunghe notti passate davanti al computer a cercare di risolvere l’unico difetto riscontrato in Omnia. «E va bene.» sussurrò, prima di avvicinarsi di nuovo al microfono. «Omnia, chi sei?»
    L’immagine sullo schermo fu sostituita per la prima volta in quella sessione da una barra che indicava la progressione della ricerca. Ma, giunta poco oltre al 99,9 percento, il sistema si bloccò. Uno a uno, i monitor della sala di comando si spensero, mentre i tubi di raffreddamento smisero di far circolare l’azoto liquido al loro interno.
    Sconfortati da quell’ennesimo insuccesso, i tecnici si alzarono dalle loro postazioni e si misero a discutere fra loro.
    Anche Lukash si alzò in piedi, ma solo per poter colpire la parete con un pugno. «Cosa stai facendo?» domandò nel vedere Strelok tirar fuori il cellulare, mentre si massaggiava la mano dolorante.
    «Chiamo Sidorovich.»
    «Oh, merda. Addio pensione.»

    «Il consiglio non è per nulla soddisfatto dei risultati raggiunti sino a questo momento.» esordì Sidorovich quando il cameriere si ricordò di servire i due caffè ordinati da più di un quarto d’ora. «I ritardi sui tempi di consegna previsti vanno di gran lunga oltre quanto preventivato in fase iniziale, per non parlare dei sempre più elevati costi di gestione e manutenzione. Hai una vaga idea di quanto costi ai contribuenti ogni tuo esperimento fallito?»
    Seduto di fronte, il professor Strelok finì di versare il latte nel caffè prima di rispondere. «Vlad, comprendo il tuo punto di vista, ma cerca di capire anche il mio. Ormai siamo a un passo dal risultato finale. Da quando abbiamo cominciato a porre quella domanda a Omnia siamo sempre riusciti a ottenere una progressione nel processo di calcolo, segno che siamo sulla buona strada.»
    «Progressione sviluppatasi con risultati inversamente proporzionali di test in test.» Sidorovich aprì la cartelletta appoggiata sul tavolo e n’estrasse alcuni fogli. «Il primo test a portare esito negativo risale a quasi quindici anni fa, a poche settimane da quella che sarebbe dovuta essere l’inaugurazione ufficiale di Omnia. Ero presente anch’io quel giorno e ricordo perfettamente che il contatore si fermò poco oltre il quattro percento prima che il sistema collassasse. Da lì in poi sono seguiti dai tre ai quattro test giornalieri – almeno quando i danni provocati da continui arresti permettevano riparazioni rapide – il che fa più di ventimila esperimenti sino ad oggi; esperimenti che hanno portato a risultati sempre più esigui. Già dopo le prime due settimane la progressione era scesa sotto l’un percento per tentativo. E oggi a quanto siamo? Sotto lo zero virgola zero zero zero uno, giusto?» Strelok non rispose. «Ribadisco quanto già detto prima: il consiglio – così come i cittadini – non può più aspettare. Pretende di vedere risultati concreti.»
    «E tutti i progressi nel campo della salvaguardia dei dati? Non sono forse dei risultati concreti quelli?» fece notare Strelok, alzando leggermente la voce.
    «Per il governo, forse, ma non agli occhi dei contribuenti che da quasi cinquant’anni pagano a testa dodicimila Uron all’anno per sovvenzionare Omnia. Senza contare che tutte le nuove tecnologie derivate da applicazioni di Omnia non hanno portato alcun guadagno, ma soltanto nuovi costi per gli aggiornamenti dei sistemi già esistenti, il tutto solo per uniformare i computer della Repubblica al nuovo standard da te ideato, ma che ancora non può essere applicato a pieno regime.» Sidorovich fece una pausa per riprendere fiato e dare un sorso al suo caffè. «Tutto ciò appare ancora più assurdo se pensiamo che il modo per arginare questo baco esiste già da anni.»
    «Il blocco di domanda non è affatto una soluzione.» si affrettò a ribattere Strelok. «Omnia non è un normale computer nel quale l’utente inserisce dei dati e il sistema esegue i calcoli necessari per giungere al risultato. Lo potremmo definire il primo vero apparato induttivo artificiale. Una volta attivo, Omnia non solo regolerà tutte le più basilari operazioni della nostra società come la gestione degli orari dei mezzi di trasporto o il calcolo delle aliquote per cittadino; rilevati tutti i fattori presenti nella sua area d’azione, Omnia sarà in grado anche d’intuirne l’evoluzione. Saremo in grado di conoscere la progressione degli eventi ancora prima che questi accadano: crimini di varia natura, fenomeni naturali, sviluppi sociali... Saremo addirittura in grado di realizzare vaccini contro malattie che ancora non si sono diffuse. Ma per fare tutto ciò, Omnia ha bisogno di avere accesso a qualsiasi informazione, altrimenti i processi di calcolo rischieranno di bloccarsi.»
    «Ah, perché invece un sistema che collassa dopo aver ricevuto una domanda tanto banale come “chi sei?” sarebbe una soluzione migliore?» La fronte di Sidorovich si corrugò e l’uomo rimase in attesa per qualche secondo. «Avevi trentadue anni quando presentasti la prima versione del progetto Omnia. Oggi quanti ne hai? Settantanove? Sai, non credo che la Repubblica possa contare molti scienziati con una carriera tanto lunga e continuativa su un unico progetto. Anzi, sono quasi sicuro che tu sia l’unico. E forse ti stai chiedendo quale futuro ti potrebbe aspettare una volta ultimato Omnia. L’assegnazione di un nuovo progetto è pressoché impensabile, per quanto grande possa diventare la tua fama al termine dell’attuale incarico. L’insegnamento, poi... Non ti ci vedo proprio dietro una cattedra a inculcare nozioni teoriche. No, tu sei sempre stato per l’applicazione; sei nato per stare in prima fila. E adesso hai paura di vederti la tua creatura sottratta dalle mani.»
    «Ti prego, Vlad, non fare lo strizzacervelli dei poveri. Non ti riesce. Qui io non c’entro. Qui abbiamo a che fare con la stabilità dell’intero sistema, abbiamo a che fare con il concetto stesso di conoscenza...»
    Sidorovich alzò una mano, facendo segno allo scienziato di stare zitto. «Andrej, sai bene quanto stimi il tuo lavoro e il tuo genio. Quando cinquant’anni fa proponesti il progetto Omnia alla Commissione Governativa per le Nuove Tecnologie, io fui tra i pochi ad appoggiarti; e lo faccio tutt’ora. Tuttavia la mia influenza non è più quella di una volta, e questo lo sai anche tu. Io ti sto offrendo una via d’uscita, altrimenti rischierai che colui che prenderà il mio posto tagli i fondi, annullando di fatto tutti gli sforzi di questi anni. Ecco dunque la mia unica e ultima proposta: ti do una settimana di tempo a partire da domani per riparare i circuiti di Omnia e dare una ripulita ai laboratori. Poi, domenica prossima inaugureremo il sistema alla presenza della stampa e delle massime cariche della Repubblica. Non posso più coprirti, mi spiace.»
    Il professor Strelok buttò giù quel che rimaneva del suo caffè con un’ultima sorsata e rimase in silenzio per più di un minuto. A malincuore, fece segno di sì con la testa.

    La sala conferenze del Centro era così colma di persone da sembrare grande il doppio. Centinaia di telecamere erano fisse sul palco ancora vuoto, pronte a trasmettere su onde subeteriche le immagini di quello che prometteva di essere il più importante annuncio della storia dell’umanità.
    Dietro il telone che ancora per pochi minuti avrebbe nascosto il palco, Andrej Strelok fumava.
    «Agitato?» domandò Lukash, vedendo l’amico spegnere con nervosismo la sigaretta sotto la suola della scarpa.
    «Non dovrei?»
    «In fondo è la tua serata, questa. Anzi, “la serata dell’umanità intera”. O almeno così dicono gli spot sulla Rete.»
    Strelok sorrise. Quando voleva, Lukash sapeva come farlo rilassare.
    Da dietro una serie di pannelli mobili comparve Sidorovich. Sarebbe stato lui a presentare la cerimonia.
    «Allora, compagno. Pronto a dare inizio allo spettacolo?»
    Strelok si limitò ad alzare le spalle. Non si ricordava di avere voce in capitolo.
    Uno dei responsabili per la diretta si avvicinò. «Trenta secondi.»
    Sidorovich annuì, diede una pacca sulle spalle a Strelok e si avvicinò al bordo della bocca del palco.
    Lo scienziato fece per seguirlo, ma Lukash lo fermò.
    «Hai fatto la cosa giusta.»
    Il professor Strelok piegò le labbra in un mezzo sorriso. «Me lo auguro.»
    Le luci si abbassarono.

    Negli studi televisivi i giornalisti si affrettarono ad informare i rispettivi telespettatori dell’inizio della presentazione, cedendo la linea alla presa diretta.
    Dai due lati opposti del palco comparvero il professor Strelok e Sidorovich.
    Fu quest’ultimo a parlare per primo. «Onorevoli membri del Governo ed egregi cittadini della Repubblica, quest’oggi mi trovo qui per annunciare il completamento del più ambizioso progetto che la mente umana sia mai stata in grado di concepire: Omnia!» L’ampio drappo divisorio sul palco si aprì e oltre di esso prese forma un gigantesco schermo che mostrava uno sfondo bianco. «Tale congegno, ideato e progettato dal qui presente professor Andrej Strelok, è in grado, in maniera completamente autonoma e autosufficiente, di gestire qualsiasi operazione all’interno della nostra comunità. Ma tutto ciò in buona parte già lo sapete, essendo Omnia stato annunciato parecchi anni orsono. Mi limito pertanto a dire che già da quarantotto ore, Omnia sta gestendo tutti i singoli aspetti organizzativi e logistici della Repubblica, in maniera perfettamente sincronizzata tra tutti i suoi cinquantamila pianeti, garantendo da oggi in poi una perfetta assistenza a qualsiasi attività.» Le parole di Sidorovich furono interrotte da un lungo applauso. «Sono però certo che una dimostrazione pratica delle potenzialità di Omnia valga più di mille parole.» Sidorovich si allontanò dal centro del palco e si avvicinò alla poltrona del Presidente. «Presidente, a lei l’onore della prima domanda. Non abbia paura di mettere in difficoltà Omnia.»
    Le telecamere si orientarono tutte verso il volto del Presidente, pronte a immortalare la scena.
    «Salve Omnia.» salutò il Presidente, alzandosi in piedi.
    «Buongiorno, signor presidente Ivanov.» rispose il computer, provocando una nuova serie di applausi.
    Sorridendo, il Presidente domandò: «Omnia, quale giudichi essere stato l’evento che più di ogni altro ha segnato la storia dell’umanità?»
    «All’interno di un processo evolutivo, ogni azione è determinata da una precedente causa. Ne consegue che non è possibile stabilire una scala d’importanza per gli eventi storici, essendo tutti l’uno consequenziale all’altro. L’unico atto che può essere ritenuto fondamentale è quello creativo medesimo. È tuttavia ragionevole pensare, con una percentuale di probabilità del 99,94647 per cento, che, dati i rilevamenti satellitari, la struttura dell’universo si alterni continuamente in uno stato di espansione e condensazione, dando così vita a un infinito processo di auto creazione. Come tale, risulta superfluo distinguere l’atto creativo dall’atto evolutivo. Lo stesso Theodor Gibson nella teoria delle stringhe evolutive sostiene...»
    «Bene così, Omnia. La tua spiegazione è stata già abbastanza... esauriente.» rispose il presidente, mentre per tutta la sala i presenti bisbigliavano tra loro, sforzandosi di capire le parole della macchina. «Tesoro, vuoi porre tu il quesito successivo?»
    La moglie del Presidente si alzò e, dopo aver meditato un po’ su di una domanda che portasse a un responso meno arduo da interpretare rispetto a quella del marito, disse: «Omnia, saresti in grado di rilevare se è ancora in vita qualche esemplare di koala?»
    Sullo schermo lo sfondo bianco fu rapidamente sostituito da un’immagine satellitare, la quale s’ingrandì progressivamente sino a visualizzare un singolo albero. All’immagine fu quindi applicato un filtro agli infrarossi che visualizzò una piccola macchia scura che si muoveva lentamente tra i rami.
    «Ramor, quinto pianeta del sistema Belghira. Identificata una colonia di sessantasette esemplari. Non se ne rilevano altre all’interno dei settori esaminati.»
    Questa volta la sala scoppiò in un fragoroso applauso.
    «Qualcuno vuole porre un’altra domanda a Omnia?» chiese Sidorovich quando i presenti smisero di battere le mani.
    Tutti insieme, i giornalisti si misero a gridare domande di ogni tipo: da quale fosse il reale concetto di arte a quali potessero essere le soluzioni per porre fine al conflitto Iandiano nel sistema Nuala, da dove avesse avuto origine l’universo al perché della crisi economica del 9002. Sidorovich dovette faticare parecchio per riportare la calma all’interno della sala, e quando finalmente ci riuscì un giornalista urlò: «Perché non facciamo porre una domanda al professor Strelok?»
    Di nuovo le telecamere si mossero all’unisono in un’unica direzione.
    «Sì, professor Strelok, domandi qualcosa a Omnia per gli spettatori.» continuò un altro giornalista.
    Strelok si girò in direzione di Sidorovich, come a volergli chiedere l’autorizzazione. Il commissario piegò le labbra in un sorriso tanto finto quanto forzato per far contenta la stampa. Il silenzio tornò ad essere totale. Il grande schermo era tornato a mostrare lo sfondo bianco dell’inizio, in attesa anche lui della domanda che sarebbe stata posta. Il professor Strelok si rivolse al monitor che, come un’autorità superiore, lo sovrastava.
    «Omnia, sono il professor Strelok.»
    «Buongiorno, professor Strelok.»
    «Omnia, voglio fare un gioco.» Strelok scambiò un ultimo sguardo con Lukash, il cui volto si trasformò in una maschera di autentico panico. «Dimmi chi sei.»
    Sullo sfondo bianco comparve la barra di progressione. Uno dopo l’altro, a cadenza regolare, i numeri da zero in avanti segnarono l’avanzamento della ricerca. Nessuno osava parlare, anche se la lentezza di quell’operazione allarmava i più.
    Lukash corse verso Strelok. «Perché?» gli sibilò all’orecchio.
    «Guarda.» si limitò a rispondere Strelok.
    La barra era ormai giunta a segnare il novantacinque percento.
    Novantasei.
    Novantasette.
    Novantotto.
    Novantanove.
    Per un attimo la progressione si bloccò. Poi giunse il cento. Lo schermo divenne nero e tutte le luci della sala si spensero. E così fu anche in tutti gli altri ventimila pianeti della Repubblica. Miliardi e miliardi di computer smisero di funzionare, mostrando solo uno sfondo nero.
    E pochi istanti prima che la Repubblica smettesse di esistere, su tutti gli schermi comparve una parola: DIO.

    Edited by Okamis - 17/2/2009, 14:54
     
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  2. bravecharlie
     
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    CITAZIONE
    Il professor Strelok piego le labbra

    manca l'accento

    CITAZIONE
    L’ampio drappo divisorio sul palco si divise

    ripetizione che potresti evitare

    allora, il racconto è scritto secondo me molto bene, con uno stile molto consono alla fantascienza un po' "retrò" che a me piace molto. io non ho letto il racconto da te citato di Brown, così mi atterrò solo a questo. L'idea mi sembra molto buona (anche se non posso dibattere sulla sua originalità, a questo punto), mi è piaciuta, l'ho trovata accattivante e "Asimoviana". Però dall'ultima risposta che Omnia da a quella fatidica domanda sorge un dubbio:

    SPOILER (click to view)
    siamo certi che una macchina possa sapere, pur avendo immagazzinati tutti i dati dell'universo, cosa sia il concetto di "Dio"?. Mi chiedo, se qualcuno gli avesse chiesto "cos'è Dio?" Omnia che avrebbe risposto? Poi Dio è una entità creatrice, cosa che non è Omnia, il quale si limita solo a immagazzinare tutte le informazioni (e a intuirne altre di futura venuta); sulla base dei dati che possiede su se stesso mi pare improbabile che un calcolatore si creda Dio, sembra più un delirio di onnipotenza che la risposta di una macchina. Conosciamo tutti il filone narrativo di fantascienza che punta l'indice su imprevisti focolai di "personalità" nei computer e nelle macchine in genere (Asimov docet), e se questa fosse stata la direzione da te scelta la risposta finale ci sarebbe stata bene. invece qui Omnia viene presentato come un semplice database (per quanto dotato di grandi potenzialità di anticipare lo sviluppo degli eventi, ma sempre basandosi su dati già acquisiti), senza nessun tratto che l'umanizzi e renda plausibile una risposta così poco razionale.


    per questi miei dubbi ti do' solo 3, ciao e alla proxima :)
     
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  3. Okamis
     
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    User deleted


    Grazie del commento.
    Ne approfitto per inserire questo link da cui è possibile leggere il racconto di Brown: http://www.geocities.com/WallStreet/5385/Risposta.htm

    In questo modo si vede anche meglio la diversità tra i due racconti, sebbene il tema sia il medesimo. Brown punta tutto sul colpo di scena finale (la risposta appunta) mentre io ho preferito focalizzarmi sul processo che porta ad essa (la domanda).

    Detto questo, provo a rispondere alla tua giusta nota.
    Cos'avrebbe risposto Omnia a una domanda su dio? Trattandosi "semplicemente" di un concetto avrebbe probabilmente risposto che si tratta di un'entità dotata di piena volontàe priva di limiti (sto semplificando, è ovvio ;) ). C'è però una profonda differenza tra questa domanda e "Chi sei?". La prima, come detto, necessita di un semplice concetto, la seconda invece necessita di un paragone, al fine di stabilire quale entità è la più simile. Ecco perché Omnia ci mette tanto a rispondere: perché non esiste nulla di simile a se stesso. Il concetto più vicino è proprio quello di "divinità", da cui la risposta finale.
    Aggiungo che Omnia non è un semplice Database (e questo lo dice proprio Strelok, sebbene con termini diversi: "Omnia non è un normale computer nel quale l’utente inserisce dei dati e il sistema esegue i calcoli necessari per giungere al risultato. Lo potremmo definire il primo vero apparato induttivo artificiale."). Anche l'uomo ha bisogno di dati preliminari per giungere a una conclusione. Solo che Omnia è in grado di studiare contemporaneamente qualsiasi dato dell'universo e come tale governarlo.
    E' comunque vero che una realtà come quella descritta nel mio racconto non potrebbe mai esistere, quindi a mio avviso cercare un assoluto realismo in racconto di questo tipo (che basano buona parte della loro forza sul messaggio) sarebbe un errore. Il bello della fantascienza dopotutto è proprio questo ;)
    Comunque per me 3 non è "solo". E' un signor voto e ti ringrazio :) Stasera, con calma comincerò anch'io a leggere le opere altrui :D

    Grazie anche per aver segnalato i due errori. Provvedo subito a correggere il tutto :)
     
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  4. shivan01
     
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    User deleted


    Non ho letto il racconto di Brown, ma "L'ultima domanda" di Asimov sì. A prescindere da Notturno, e forse alla fine pure compreso quello, non c'è racconto in assoluto che mi abbia dato più emozione.
    Questo tuo, Alessandro, gli somiglia un po', anche se la storia poi è diversa.
    E' giusto, come dici, che non devi essere valutato o penalizzato in relazione a presunte ispirazioni. Spesso lo dicono anche a me, che ormai mi ritengo un fuoriclasse a "scopiazzare" trame di opere che non conosco.
    Il mio giudizio pertanto non si valuterà su questo. Però "L'ultima domanda" leggitelo che è una cosa meravigliosa.

    Venendo al tuo racconto, che dico subito che mi è piaciuto, mi è parso di notare uno stacco nettissimo tra la prima parte e il clou finale. Come se mancasse un pezzo. Varia molto anche il ritmo. Hai sforbiciato?
    La storia è intrigante, molto classic sci-fi, come ti ha già detto Alfredo. Il modo in cui la narri forse un po' troppo distaccato, pacato, tranquillo. Potresti dare un po' di pathos alle peripezie del professore e alla sua "ansia da prestazione". Sembra che gliene freghi poco. La scena finale, e il modo in cui ci si arriva, poi, l'avrei forse condita un po' di più.
    Rimane probabilmente la cosa migliore che ho letto di te.
    Voto 3

    ciao
     
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  5. Okamis
     
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    Ho appena letto su Internet "L'ultima domanda" di Asimov. Che dire? Geniale, semplicemente geniale. Come adoro questo tipo di fantascienza...

    Tornando a noi, grazie mille del commento, specialmente per quell'ultima frase ;) Felice di non essere il solo a pensare che poco alla volta la tecnica stia migliorando XD

    Riguardo alla sforbiciatura, non ho tagliato materialmente nessuna parte, ma è probabile che lo abbia fatto incosciamente. Quando infatti penso a una storia, mi sforzo ad immaginare anche quale possa essere la forma più adatta per renderla a parole. In questo caso ho voluto realizzare un racconto quasi completamente dialogato, con pochissime descrizioni, proprio perché volevo dare al testo un ritmo veloce. Tuttavia sulla velocità del ritmo mi prendi in contropiede, anche perché mi sembrava che il testo da questo punto di vista fosse abbastanza omogeneo ^^''. Nello specifico, quale parte hai trovato più (troppo?) veloce o lenta?
    Riguardo Strelok, credo rientri ancora tra i miei difetti il non essere capace di caratterizzare a dovere nelle opere brevi il protagonista, a differenza invece dei coprotagonisti (una critica simile mi era stata rivolta anche per "Identità", quindi non mi stupisco; cercherò di migliorare ^_^). Aggiungo però che nel finale Strelok è quasi distaccato (dico quasi perché nella scena in cui fuma in verità la sua agitazione viene colta da Lukash) perché è l'unico a sapere di non aver attivato il blocco di domanda ;) (la sua agitazione dipende quindi non dalla serata in sé, ma dall'esito della domanda).
    Infine la scena finale. Come dici anche tu, è forse un po' spoglia, ma in questo caso è voluto coscientemente. Aggiungendo frasi forse l'effetto "pugno nello stomaco" sarebbe diminuito. O almeno così ho pensato, ma come sempre in questi casi ciò che pensa l'autore non è necessariamente la soluzione migliore ;)

    PS: ho apportato alcune lievi modifiche a certe frasi. Nulla di trascendentale comunque ;)
     
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  6. shivan01
     
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    mi dici dove hai pescato "L'ultima domanda"?

    stai decisamente migliorando, Alessandro. Decisamente
     
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  7. Okamis
     
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    L'ho trovato a questa pagina, pure in formato PDF :D

    http://www.aristarcodisamo.it/_asimov/LULTIMA%20DOMANDA.pdf
     
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  8. shivan01
     
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    che meraviglia di racconto
     
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  9. Piscu
     
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    hai fatto bene a citare Brown perché altrimenti ti avrei subito smontato dicendo che era la stessa idea del suo racconto. :P
    nel tuo invece, poni la questione nei termini opposti. nonostante non ci sia stata la sorpresa finale, mi è piaciuto: tre.

    riguardo la trama, ti faccio solo un appunto: a un certo punto dici che è l'anno 11000 e rotti, e si può presumere che la numerazione sia la stessa che usiamo ora (o, al più, che parta più avanti, chessò, dalla fondazione della "repubblica"). visto quindi che i personaggi si trovano ALMENO 9000 anni nel futuro, mi pare poco credibie che citino chernobyl come esempio di catastrofe. insomma, ne saranno successi di incidenti, in tutto quel tempo, e la memoria storica non dura certo così tanto. secondo me dovresti fare in modo che si capisca che ti riferisci ad un evento del genere, senza usare il nome.



    lo stile è semplice, adatto alla storia e comunque scorrevole. però riguarderei questa frase:

    CITAZIONE
    «Progressione che mi pare si sia sempre rivelata con risultati inversamente proporzionali.»

    continuando a leggere ho capito cosa intendevi, ma la frase di per sé non è molto chiara.
     
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  10. Okamis
     
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    Grazie mille, Piscu.
    Riguardo Chernobyl ammetto di essermi posto la stessa domanda in fase di scrittura. Alla fine, però, ho pensato che in fin dei conti pure noi spesso facciamo riferimento ad eventi storici di migliaia di anni fa come la distruzione di Pompei o l'estinzione dei dinosauri. A mio avviso ci sono (e ci saranno) eventi storici che per la loro portata saranno ricordati e usati come "metri di paragone" per sempre (a meno che Orwell non avesse ragione ;) ). Quindi alla fine ho preferito lasciare Chernobyl, piuttosto che inventarmi un finto evento storico, che probabilmente non avrebbe raggiunto il medesimo risultato.
    Riguardo la frase da te segnalata, in effetti è un po' contorta. La sostituisco subito con "Progressione sviluppatasi con risultati inversamente proporzionali di test in test." Il concetto purtroppo non è semplicissimo da esporre T_T
     
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  11. niwad
     
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    Bel racconto, mi è piaciuta la trama e la forma è abbastanza pulita. Per lo stile, devo porre due metri: a livello generale, la narrazione mi è parsa fluida e lineare, anche se avrei aggiunto un pezzo tra il momento in cui lo scienziato accetta l'offerta e quello della presentazione.
    L'unico problema, a mio avviso, deriva dalla fluidità delle singole frasi: in alcuni punti ti perdi in un linguaggio ostico, al di là dei tecnicismi, che affatica la lettura. Non ti ho segnalato le frasi, ma se vuoi rileggo ed estrapolo qualche campione. Tolto quello, sarebbe un 4. Così com'è, ti do 3.
    SPOILER (click to view)
    CITAZIONE
    obbiettivo

    ehm, duebbì?
    CITAZIONE
    Lukash sbuffò.

    Cambia l'azione, o modifica il modo di presentarla. Così fa ripetizione.
    CITAZIONE
    «Genererebbe probabilmente gli stessi identici danni, se non peggiori.»

    Gira la frase in altro modo: così inciampa tra l'avverbio in mente, il congiuntivo e la ripetizione di senso stessi-identici. Troppo pesante.
    CITAZIONE
    più di duecentomila a giudicare dal numero in alto sulla destra

    virgola dopo duecentomila
    CITAZIONE
    domando nel vedere Strelok prendere tirar fuori il cellulare, mentre si massaggiava la mano dolorante.

    due refusi in due righe. Inoltre, la parte di dialogo subito precedente a questo pezzo la metterei dopo un a-capo.
    CITAZIONE
    sei nato per stato in prima fila.

    eh?!
    CITAZIONE
    Non posso più coprirti ormai, mi spiace.»

    via l'ormai
    CITAZIONE
    Ma tutto ciò in buona parte già lo sapete, essendo Omnia stato in verità annunciato già parecchi anni orsono

    ripetizione. "In verità" è pleonastico.

     
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  12. post-apo
     
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    sbavo per racconti del genere. molto bello, complimenti.

    " No, tu sei sempre stato per l’applicazione; sei nato per stato in prima fila ", forse è " per stare in prima fila " ?

    per me è 4.

    I nomi di sidorovich e strelok li hai presi da stalker (il videogioco), vero ?
     
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  13. Okamis
     
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    @ Niwad
    Grazie per la caccia all'errore :D
    1) Obbiettivo o obiettivo sono entrambi accettati in italiano, un po' come ormai e oramai. Questione di orecchio ;)
    2) Elimino il secondo "Lukash sbuffò".
    3) Cambio in "Probabilmente darebbe vita agli stessi identici danni..."
    4) Inserirò la virgola :)
    5) Ops, quella parte l'avevo modificata direttamente qua sul forum. Devo aver cancellato male >_<
    6) "per stare". Ops di nuovo >_<
    7) :killer:
    8) Elimino sia "in verità" che il secondo "già"

    @ post-apo
    Azz, m'hai beccato XD In effetti l'idea per questo racconto mi è venuta mentre giocavo a Stalker e visto che avevo voglia di presentare tutti i personaggi con nomi dell'europa dell'est, mi son detto "Belli sti nomi (forse l'unica cosa bella di sto gioco XD). Magari li uso per i miei personaggi :D"
     
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  14. niwad
     
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    CITAZIONE
    Obbiettivo o obiettivo sono entrambi accettati in italiano, un po' come ormai e oramai. Questione di orecchio

    Obiettivo è corretto, obbiettivo viene accettato come errore diffuso.
    CITAZIONE
    2) Elimino il secondo "Lukash sbuffò".

    Ok, altrimenti potevi mettere un "di nuovo", o qualsiasi cosa che variasse la presentazione dell'azione
    CITAZIONE
    3) Cambio in "Probabilmente darebbe vita agli stessi identici danni..."

    meglio, ma il rafforzativo continua a non piacermi. De gustibus...

    Per il resto, amen.
    Già che ci sono, reitero: bel racconto :P
     
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  15. Zaq Mills
     
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    Il tuo racconto mi ha affascinato.
    Fai una affermazione molto forte. Se noi fossimo in grado di conoscere tutto quello che è di questa terra arriveremmo ad essere Dio. Potrei dire che conosceremmo Dio. Conoscere il reale per trascenderlo. La negazione del mistero divino e della fede. Bellissimo.
    Ma non finisce qui. Come porti il lettore a questa tua conclusione? Di fatto, chiedendogli un atto di fede. Chiedendogli di credere che in una settimana sia riuscito quello che non è riuscito in 48 anni. Per cui se il lettore non fa questo "atto di fede" casca tutto.

    Per me tutto questo vale 4.
     
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27 replies since 3/2/2009, 00:33   639 views
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