Cristo Nero

una favola nera

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  1. ViolaRossi
     
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    C’era una volta…
    in un paesino piuttosto lontano, una casetta piccola piccola con un grande portone di legno di rovere.
    In questo paese dinoccolato, che contava su per giù duecentocinquanta anime, abitavamo io e mia sorella.
    Di giorno facevamo quello che fanno tutti i bambini: andavamo a scuola. In classe eravamo in venticinque e c’era un’unica classe elementare. Il pomeriggio giocavamo con altri bambini del vicinato, o talvolta, noi due soli.
    La nostra maestra odorava sempre di vecchia minestra. Non era vecchia di età, ma era sempre senza un filo di trucco, vestiva con colori sciatti e quando tirava i capelli a forma di chignon, le si intravedeva un’unica ciocca grigia. Avendo alunni di cinque differenti età, a fine mattinata, ci assegnava i compiti in base a quella.
    La mamma odorava sempre di sapone. Aveva i capelli lunghi, che spesso le chiedevo di sciogliere e lasciarmi accarezzare. Le altre volte li legava, le avrebbero dato fastidio se le fossero passati innanzi agli occhi mentre cuciva. Era una sarta e faceva piccole riparazioni per la nostra piccola comunità. Nostro padre era un ubriacone con l’hobby per il legno. Preparava mobili e, di tanto in tanto, piccoli oggetti di legno da mettere in casa. O da regalare alla ragazza più bella del momento.
    Mio padre e la mamma si erano conosciuti in chiesa, ai tempi delle elementari. La mamma scostava di poco il foulard che teneva sulla testa, e girava lo sguardo verso la panca dei bambini, dove il papà le rimandava occhiatine complici. Si erano sposati senza nemmeno conoscere il calore dei loro corpi, pochi anni prima di essere maggiorenni.
    L’alito del papà mi avvolgeva la testa mentre mi spingeva sull’altalena. Maria invece ne aveva la nausea quando le dava il bacio della buona notte.
    Io e Maria dormivamo nella stessa piccola stanza. Essendo gemelli, spesso venivamo considerati un’unica entità. Avevamo un solo armadio, una sola scrivania con una panchetta per sederci, un solo letto in cui dormire. Tutti i mobili della stanza erano stati fatti con amorevole passione, da nostro padre. E noi due, anche se ne possedevamo un solo esemplare, li amavamo per questo motivo.
    Non c’erano molte attività nel nostro paesino. Potevi correre per le stradine ciottolose, potevi chiedere alla mamma di portarti sull’altalena vicino alla spiaggia, potevi andare con la mamma di qualche altro bambino in cima alla collinetta, dove c’era il Cristo Nero.
    Noi bambini lo chiamavamo così, ma in realtà era solamente una immensa statua di un Cristo crocefisso. Era grandissimo rispetto a noi e dominava il paese intero. Si diceva lo proteggesse, sovrastandolo da lassù.
    Non era mai accaduto nulla di strano da noi. Sempre tutto tranquillo, pacato. Per strada c’erano poche automobili e il loro passaggio distava dieci minuti l’uno dall’altro. Se restavi seduto sui gradini fuori di casa, potevi osservare le vecchie del paese che camminavano sottobraccio vestite completamente di nero. Si usava portare il lutto del marito, di un fratello, per anni e anni. E nessuna aveva il coraggio di ribellarsi a questa usanza. La notte non s’odeva nemmeno il rumore delle auto. Solo un profondo respiro proveniente da una delle case vicine. La mamma ci aveva detto non era nulla. E che la curiosità è prerogativa del diavolo. Noi eravamo due angeli, quindi non dovevamo farci intaccare da strani pensieri.
    Un giorno, dopo che io e Maria avevamo finito i nostri compiti, chiedemmo alla mamma, intenta a cucire un vestito da sposa, il permesso per uscire.
    “mamma andiamo un pochino in paese”
    “Guido i compiti sono stati fatti?”
    “certo mamma!”
    “tutti? Sicuro?”
    “sicurissimo”
    “mi raccomando. Non cacciatevi nei guai. E bada a tua sorella”
    “sarà bellissima la tua sposa!”
    “mamma” si intromise Maria “quando divento grande ne farai uno così bello anche per me?”
    “no Maria” sorrise lei “quando sarai grande te ne farò uno molto più bello di questo. E ora angeli miei, andate. Vostro padre torna per le sette e a quell’ora dovete essere a casa. Non voglio lo facciate gridare”
    No, non è una favola per bambini. E’ la mia favola nera. Gli stomaci deboli sono quindi pregati d’andare a leggersi qualcosa d’altro.
    Io e Maria passeggiavamo tenendoci stretta la mano. Le stradine erano per lo più strettissime, solo in alcune passavano le auto. Queste ultime avevamo l’obbligo perentorio di escluderle.
    “dove vuoi andare Maria?”
    “mmm…non lo so Guido. Tu?”
    “Sull’altalena ci siamo andati ieri. Vuoi che andiamo al Cristo Nero?”
    “No, lo sai. La mamma non vuole ci andiamo da soli. Dobbiamo attraversare quel pezzo di strada con le automobili”
    “Maria…”
    “Che c’è?”
    “Ti ricordi dei respiri che sentivi la notte? Quando restavamo svegli perché avevi la febbre alta”
    “Sì. Mi facevano una paura”
    “Per forza, Maria! La notte tutti i nostri incubi vengono amplificati. E pensi a cose inesistenti che ti terrorizzano”
    “Beh? Che vuoi?”
    “Andiamo a vedere chi c’è in quella casa?”
    “No! Noi siamo angeli! Non dobbiamo essere curiosi”
    “Maria, fammi vedere dove hai le ali. Non le hai!” risi “Siamo bambini, non angeli. Prova a volare, e vedrai che cadrai”
    “Ma la mamma…”
    “Alla mamma non lo diremo. Dai! Andiamo a dare una sbirciatina, poi torniamo a casa. Nessuno lo saprà mai”
    “Ma…”
    “Non accade mai nulla di strano qui. Perché dovrebbe accadere a noi? Ti prometto ti terrò per mano”
    “Andiamo, diamo un’occhiata e torniamo a casa”
    “D’accordo capo”
    Diedi un bacio sulla guancia a Maria. Era davvero una bambina carina, coi calzettoni a righine beige e la gonna a pieghe rossa. Le strinsi la mano più salda che potessi, affinché non temesse nulla e c’incamminammo. La salita sembrava lunghissima. Era un sacco di tempo che desideravo scoprire a chi appartenesse quel respiro da animale notturno.
    Ci trovammo dinanzi il portone. Era molto simile al nostro, perché lì tutti i portoni erano molto simili.
    Accostai l’orecchio al legno, ma non si sentiva nulla. Decidemmo di bussare il cerchio d’acciao. Un paio di colpi. Attendemmo un attimo, ma non arrivò nessuno ad aprirci.
    “Maria entriamo?”
    “Non si entra in casa d’altri”
    “Beh, ma magari non ci ha sentiti! Anche la signora Luisa, che ci porta le angurie, spesso bussa ed entra senza che noi le diciamo nulla”
    “Ah, già. Va bene, entriamo”
    Aprii la porta lentamente. Un enorme stanza si protrasse dinanzi la nostra vista.
    “E’ permesso?”
    Nessuno rispose.
    “Ce ne andiamo?”
    “No, Maria. Ormai siamo qui. Dai, due minuti soli. Guarda che casa grande”
    Sembrava una distesa di piastrelle solitaria. A casa nostra non c’era uno spazio così vasto senza mobili. Lo attraversammo per intero, c’era una arco in fondo.
    Oltre l’arco si estendeva una libreria gigantesca. Erano titoli di libri medici perlopiù. Saggi di matematica, qualcosa di religioso.
    “ma il medico del paese non abita qui” disse Maria
    “no, direi di no. Boh, sarà uno studente”
    Svoltammo a sinistra. La stanza era imbarazzante da quanto fosse maestosa. C’era un’immensa vasca da bagno rotonda con delle statue attorno. Una testa calva sbucava dall’acqua.
    “Chi siete?”
    Ci chiese senza voltarsi.
    “Noi signore abbiamo bussato, chiesto permesso. Siamo Guido e Maria. Abitiamo qui vicino, volevamo conoscerla”
    Si voltò. Aveva gli occhi rossi infuocati di un lupo. Prese l’asciugamano dal bordo della vasca e uscì dall’acqua coprendosi.
    “Non ho spesso visite. E non amo molto i bambini”
    Prese un bastone da terra. Si poggiava a quello, per venirci incontro.
    “Allora noi ce ne andiamo a casa. Sarà quasi ora di cena”
    “No, ma che dite? Sono le cinque. Restate qui”
    “Noi signore andremmo”
    “Vi ho detto di rimanere!”
    “Maria corri più forte che puoi!”
    Ci mettemmo a correre. Via dalla stanza da bagno, verso la stanza della biblioteca. Il battere del suo bastone sul pavimento ci perseguitava. come il "toc" di un orologio a pendolo. In prossimità dell’arco una cancellata di ferro scese veloce dal soffitto. Ci girammo. Un’altra scese automaticamente. A bloccarci in quello spazio. Una terza scese a dividerci.
    Eravamo in trappola.
    Il grassone venne verso di noi. era tutto sudato. Si toccava la gamba dolente. Correndo gli era caduto l’asciugamano e ora aveva in brutta mostra la sua piccola appendice moscia.
    Ora aveva il respiro affannoso che avevamo sentito quella notte.
    “Maria” le disse pacatamente, cercando di riprendere fiato “Sai, le brave bambine col nome della santissima non devono guardare gli uomini nudi. Ora sarò costretto a punirti”
    “Lasciala stare bastardo!” dalla mia gabbia non potevo aiutarla
    “Guido” piangeva “ho paura Guido. Aiutami Guido”
    Lui si avvicinò alla libreria. Sul ripiano in alto c’erano, credo, degli oggetti chirurgici, ne scelse due.
    “Lasciala o te la faccio pagare”
    “Stai buono, che poi ne avrò anche per te”
    Maria gridava ossessiva mentre quell’uomo le si avvicinava. Sentivo le sue unghie che graffiavano le sbarre. Lui rideva. Le si avvicinava. La prese. La voltò verso di lui.
    “Guarda i miei occhi, perché non li vedrai mai più”
    La tramortì con un colpo secco, alla nuca. era stesa incosciente a terra.
    Con una strana pinza, le tenne aperte le palpebre, per poi estrarle i bulbi oculari. Se li mise in una mano, e cominciò a farli girare come palline antistress.
    Ripose, con maniacale precisione, gli strumenti al loro posto. Le incise il torace col bisturi, poi, con una piccola sega andò più in profondità. Le aprì il torace ed estrasse il cuore.
    I miei occhi avevano ogni cosa. Le mie orecchie avevano sentito ogni grido. Ma la mia lingua, i miei muscoli erano impietriti. Non ero riuscito a salvare la mia sorellina. E sapevo ora sarebbe stato il mio turno.
    “Visto ragazzino cosa hai fatto accadere a tua sorella? Ma la tua pena sarà certamente peggiore”
    Aprì la gabbia. Ero paralizzato. Dicevo alle mie gambe di muoversi, ma non ci riuscivo.
    Lasciò i bulbi in una ciotola. Aprì la gabbia. Col suo bastone mi diede una botta all'altezza delle ginocchia. Prese dei lacci di nylon. Mi legò le braccia strette al corpo. Poi le gambe strette ad una tavola, con dei lacci emostatici. Mi aprì a forza la bocca. mi diede qualcosa da ingurgitare, una cosa amara, che mi stordì. Mi tenne la nuca appoggiata al lettino e mi sussurrò
    “Hanno già sentito troppe grida. Ora non sentiranno nulla ragazzino”
    mi tagliò il padiglione auricolare dalla testa e con un punteruolo perforò i timpani, rendendomi sordo.
    Il dolore fu talmente atroce che svenni. Mi risvegliai imbrattato di sangue. non capivo nulla. Inizia a piangere. Sentivo le lacrime bagnarmi la faccia, la maglietta.
    Mi guardai più in basso. Ero incapace di muovermi. Avevo degli aghi nelle braccia. Le gambe ridotte a moncherini erano state saturate e fasciate.
    Voi non potete capire i dolori. Non potete sapere cosa vuol dire gridare mentre ti privano di un arto e non sentire la tua voce, nelle tue orecchie. O se lo sapete, lo avete vissuto solo negli incubi.
    Lui poi mi fasciò la zona delle orecchie. Mi ricucì i moncherini.
    Mi tenne con sé, perché voleva scrivessi la nostra storia. Perché il mondo sapesse.
    Nell’altra stanza c’è ancora il corpicino di mia sorella bambina. Qualcuno mi aiuti. Dica ai miei genitori che ci ha visti vent’anni fa, investiti da un’auto pirata.
    Perché non voglio conoscano la realtà.
     
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  2. shivan01
     
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    allora, intanto benvenuta e brava a postare il racconto.

    Poi, leggerò

    ciao!
     
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  3. ViolaRossi
     
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    grazie! :P
     
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  4. ViolaRossi
     
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    ma... se ci sono 27 visite (3 saranno mie) e nessun commento... devo dedurre che non interessa?
     
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  5. Alessanto
     
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    Per adesso c'è lo showdown... molti stanno creando.
    Non temere i commenti, compreso il mio (che sto creando per altro... ;) ), arriveranno presto.

    Affilati come un gladio e acuminati come uno stiletto ti lacereranno le carni. :diablo:
    BWHHAHAHAAHAHAH!!!!!!! :P
     
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  6. Paolo_DP77
     
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    Appena mi riesce leggo e commento anch'io...
     
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  7. post-apo
     
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    ciao

    il racconto è carino, si sente un po' l'influenza di lovecraft ma questo non è un fattore negativo.
    Una cosa: il protagonista in alcuni punti scrive come un bambino, in altri come una persona adulta, tipo la descrizione iniziale del paese, e questo stona.
    un'altra cosa: a mio modo di vedere avrei speso più parole per gli incubi e la voce, così accennati non stuzzicano la mia curiosità di lettore.

    al prossimo racconto.
     
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  8. ViolaRossi
     
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    ciao. cos'è "lovecraft"? (scusa sono ignorante!)
    la prima cosa: volevo quell'effetto. inizio raccontato da un bambino. poi raccontato da un adulto.
    seconda cosa: era un incubo. un sogno che ho fatto e ho scritto la mattina dopo. però vedrò di incuriosirti di più...


    GRAZIE MILLE!

    Viola
     
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  9. federica68
     
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    Lovecraft è lui:

    http://it.wikipedia.org/wiki/Howard_Phillips_Lovecraft
     
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  10. ViolaRossi
     
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    grazie Fede!
    (mmmm... no. troppo onore, ma non credo proprio di avere qualcosa in comune.
    era il primo "esperimento" horror. e penso si veda ;)
     
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  11. post-apo
     
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    ciao,

    bo, che dirti, mi è sembrato che il procedere del racconto fosse simile al suo.
    comunque dagli una lettura, a lovecraft intendo, non sono un grande estimatore ma alcuni dei suoi scritti sono veramente interessanti.
     
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  12. ViolaRossi
     
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    lo farò... grazie...
     
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  13. Paolo_DP77
     
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    Dunque ho letto.
    Per certi versi è intrigante, ma devo dire che anche se è interessante letto come cronaca di un sogno - tutto da interpretare - per funzionare bene come racconto a sé stante avrebbe bisogno di maggior coerenza, secondo me.

    SPOILER (click to view)
    Nella prima parte il tono è quello di un bambino. Ci sono varie ripetizioni, frasi molto semplici, il che va bene se si vuole ricreare la "voce" di un bambino.
    Si parla di alcuni dettagli della scuola, della mamma, del papà, di come si sono conosciuti. Ok, sono cose che creano atmosfera, ma molti particolari poi non hanno un seguito nel racconto, che poi è incentrato tutto su questa "casa del respiro notturno". L'incedere in effetti è quello onirico, dove si passa da una immagine all'altra, senza necessariamente riallaciare tutti i fili della storia.

    CITAZIONE
    Si erano sposati senza nemmeno conoscere il calore dei loro corpi

    Frasi come questa, oppure:
    CITAZIONE
    E nessuna aveva il coraggio di ribellarsi a questa usanza.

    non sono frasi da bambino, e sembrano poco coerenti con lo stile generale.

    CITAZIONE
    “Guido i compiti sono stati fatti?”

    Giudo? Finora io pensavo fossero due sorelle, forse perché si dice che siano gemelli e per il gesto di accarezzare i capelli alla mamma mi sembrava femminile. Magari mi sono perso qualcosa prima.

    CITAZIONE
    No, non è una favola per bambini. E’ la mia favola nera. Gli stomaci deboli sono quindi pregati d’andare a leggersi qualcosa d’altro.

    Mh, questo parlare diretto al lettore in questo tono non mi convince. Mi sembra non sia adatto al narratore, bambino o cresciuto che sia.

    In definitiva, se vuoi tenerlo come "cronaca di un sogno", è ok. Se vuoi però farne un vero e proprio racconto, questi aspetti secondo me sarebbero da rivedere.


    CITAZIONE (post-apo @ 4/2/2009, 20:20)
    il racconto è carino, si sente un po' l'influenza di lovecraft ma questo non è un fattore negativo.

    Bè, Lovecraft diceva di prendere sempre ispirazione dai suoi sogni, in questo aspetto quindi vi somigliate almeno in questo caso :). Se diceva il vero, immagino faticasse molto ad addormentarsi... ;) Qualche giorno fa mi è capitato di rileggere un suo racconto intitolato "La ricorrenza" (The Festival), che ha appunto un'impostazione totalmente onirica.
    Anche io te lo consiglio come lettura (tutti i racconti), è davvero uno scrittore fuori dall'ordinario.

    Ciao, a rileggerti
     
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  14. ViolaRossi
     
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    Hansel e Gretel erano gemelli, no?
    comunque grazie per avermi letta.
    e commentata così dettagliatamente

    in questo momento non ho davvero il tempo! ma leggerò QUESTO lovecraft ;-)
     
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13 replies since 31/1/2009, 17:31   199 views
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