Strada per l'Ignoto
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Strada per l'Ignoto

Matteo Mancini - Fantastico/Horror - 10600 carat.

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  1. Giurista81
     
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    STRADA PER L’IGNOTO

    Quando il dottor Cipriani uscì dalla Sapienza, la città era addormentata. Il sole filtrava dai tetti dei palazzi, irradiando i suoi raggi per le vie urbane. Era caldo, maledettamente caldo. Metà degli abitanti avevano già lasciato le abitazioni, alla ricerca del refrigerio del mare o della montagna. Ma non Cipriani.
    Camminava assorto. La testa china sull’asfalto, le mani nelle tasche dei pantaloni. Calzava un paio di occhiali da sole, che riflettevano il deserto di catrame in cui navigava.
    Nonostante grondasse sudore da ogni poro, non dava segni di intolleranza. “Potenza della concentrazione” avrebbe detto uno psicologo. Era così sconnesso dalla realtà da non avvertire stimoli esterni. Solo una cosa catturava la sua attenzione: la conferenza del Professor Nicolai, a cui aveva assistito alcuni minuti prima.
    Nelle orecchie gli echeggiavano ancora gli applausi. Erano scrosciati, d’un tratto, in un gorgoglio simile a quello di una cascata; seguiti da una marea umana, che si era increspata verso la cattedra come un’onda sospinta dal vento.
    La calca lo aveva compresso, confinandolo in un vortice interiore che lo aveva trascinato in un lontano passato. Un’epoca dai cui fondali emergevano immagini sbiadite e ricordi sfumati. Brevi sequenze in cui due ragazzi tiravano calci a un pallone oppure studiavano assieme tra i banchi universitari. Uno di quei due giovani riusciva in tutto ciò che faceva; l’altro, invece, collezionava delusioni e faticava per ottenere miseri risultati. Poi, un giorno, le strade dei due si separarono. Uno emigrò negli Stati Uniti, per lavorare nelle più rinomate cliniche; l’altro, invece, accettò un posto in uno squallido ospedale di provincia. Il resto era storia recente.
    Il professore era ritornato nella sua terra e, da una cattedra, rendeva omaggio ai vecchi concittadini; narrando imprese già immortalate nei manuali di chirurgia dell’intera nazione.
    Cipriani lo aveva ascoltato dalla platea, colmo d’invidia.
    Invidia, forse non sarebbe il termine giusto per descrivere il senso di scoramento che lo affliggeva. Avrebbe voluto abbracciarlo, rammentare le giornate di un tempo, ma non ne aveva avuto la forza. Se ne era andato senza salutarlo, mischiandosi nella folla.
    “Chi ha tutto e chi non ha niente…” si piangeva addosso.
    Stava ancora rimuginando, proiettato nei tortuosi meandri che solo una mente frustrata può percorrere, quando un sussurro lo riportò alla realtà.
    «Perchè tormentarsi tanto, signore» disse una voce dal timbro basso e rauco.
    Cipriani si arrestò e guardò alla sua destra. C’era un anziano, seduto al margine del viottolo. Era appollaiato dietro a un tavolo. Gli occhi abbassati sulla superficie di legno, i gomiti puntellati per sostenere il mento. Stava osservando una fila di carte da gioco disposte in una specie di semicerchio. Al centro della figura, una moneta danzava alla stregua di una trottola.
    Un cappello logoro, dalla forma cilindrica, oscurava la parte superiore del volto dell’uomo. Fu per tale ragione che Cipriani ne intravide solo la piccola bocca sussurrante.
    «Dice a me?» domandò il dottore.
    L’anziano sorrise a denti stretti. Con movimenti flemmatici, estrasse ulteriori carte dal polsino della camicia e le posizionò davanti a sé.
    «Vede qualcun altro?» rispose.
    Cipriani si guardò attorno, ma non notò che pareti violate da osceni graffiti e scalinate che scendevano e risalivano lungo le sinuose vie medievali.
    «Non capisco…» farfugliò con un filo di fiato.
    Il vecchio alzò, pian pianino, la testa.
    Due pupille guizzavano in un grigio innaturale. I lineamenti erano netti e marcati; tanto da dare l’idea di esser stati scolpiti dallo scalpello di un’artista.
    Il dottore venne calamitato dallo sguardo, profondo come la gola di un ghiacciaio. La sua intimità fu perforata da occhi troppo asettici per essere umani. Gli sembrò di vedere il biancore delle cornee divorare lentamente le iridi e avvolgere il tutto, in un mantello di nebbia.
    Fu preda di un improvviso capogiro. I sensi si assopirono, la rilassatezza gli inebriò i nervi. Ebbe l’impressione di precipitare verso l’ignoto, dipingendo bizzarre spirali nell’etere. Si sentì alienato dal pianeta; prigioniero di una dimensione in cui ogni cosa era imperscrutabile. Compresi i rumori, con suoni dilatati in una cacofonia indefinita e irriproducibile. Poi un miagolio, sempre più martellante, si fece strada nel concerto di note impazzite.
    Il dottore era a un passo dalla follia. Le labbra protese alla massima estensione, le sopracciglia inarcate, le mani sulle orecchie. Cacciò un urlo e, con uno scatto, si destò dall'orrore.
    Il vecchio era sparito e con lui tutto il resto. Non si trovava più in giro per la città, ma sotto le lenzuola di un letto. La pelle appiccicosa, la lingua impastata. Si guardò intorno, con occhi riluttanti nel mostrare le quattro mura che lo attorniavano. Le coperte erano impregnate dal sudore, mentre la sveglia, posta su un comodino, strillava. Era nella sua casa, non aveva dubbi, ma come vi era giunto?
    E poi chi era il vecchio? E cosa era successo durante l’incontro?
    Non era in grado di rispondere. Doveva coprire un buco temporale d'un paio d'ore. Per un momento, pensò di essere stato vittima di un delirio allucinatorio. In seguito, si convinse di essersi fatto suggestionare, al punto da rincasare soprappensiero e cadere vittima di viaggi onirici.
    Anche Frizzi, un collega del reparto di neurochirurgia, era d’accordo con lui. Gli aveva raccontato che, di solito, le persone ipnotizzate perdono la capacità di ricordare quello che hanno fatto.
    Dunque, era stato ipnotizzato? E in caso di risposta affermativa, quale ne sarebbe stata la ragione?
    Per sciogliere gli enigmi, decise di indagare sul conto del vecchio. Tornò nella zona in cui lo aveva incontrato, ma non trovò niente che lo potesse confortare. Interrogò gli abitanti del vicolo, tuttavia non gli furono di aiuto. Nessuno aveva mai visto quell'uomo.
    Fu il fato a distogliere il dottore dalla ricerca. Un’occasione che attendeva da anni, e che si materializzò qualche tempo dopo l’incontro con il vecchio; quando la di-rezione dell’ospedale fu chiamata a sostituire l’assistente del primario del reparto di neurochirurgia, da poco scomparso.
    Tutte le attenzioni ricaddero su Cipriani e ciò fu piuttosto sorprendente, a giudicare dal modesto curriculum del medico.
    La decisione fu adottata per volere dello stesso primario, impressionato dai colloqui intrattenuti negli ultimi mesi con il dottore.
    Col trascorrere dei giorni divenne sempre più frequente vedere Cipriani disquisire con primari e professori. Aveva risposte per qualsiasi genere di domande. Risposte precise e oculate, che facevano la fortuna di coloro che gli chiedessero i pareri.
    Aveva acquisito una facilità di dialogo che non aveva mai manifestato e una cultura medica straordinaria.
    Non sapeva spiegarselo neppure lui, ma il suo cervello era diventato una miniera di conoscenze; con definizioni e spiegazioni che si materializzavano quasi fossero allestite da un pistone automatico intento a confezionarle su misura.
    Dopo aver ingoiato molti bocconi amari, era giunto il suo momento di gloria.
    Nonostante i successi lavorativi, però, il suo animo era afflitto da un'agoscia di cui non aveva mai patito.
    Quando non lavorava, limitava al minimo indispensabile le sue apparizioni pubbliche. Si sentiva osservato e schernito da tutti.
    Se durante una passeggiata udiva ridacchiare i passanti pensava che stessero deridendolo per il suo aspetto fisico o per la sua andatura goffa.
    Cominciò a soffrire d’insonnia e a ingerire fiumi di tranquillanti.
    Nelle spire del cervello gli si aprì una breccia, in cui copulavano i peggiori demoni contro i quali un uomo può trovarsi a lottare. I mostri che si nascondono tra le pieghe della mente e che si sfamano di fobie e insicurezze.
    Infine, una sera, in un turbine di rumori assordanti, vide le quattro mura della camera da letto stringersi verso di lui. Avanzavano impietose disperdendo l’ossigeno dalla stanza. Un metro, due metri, tre metri… sempre più vicine, sempre più minacciose.
    Sarebbe voluto scappare, ma non riusciva a muoversi. Le gambe non rispondevano ai suoi ordini. Era rimasto incantato dall’impossibile.
    Cercò di proteggersi con le braccia, nel tentativo di respingere le pareti. Schiumava… ansimava… pregava.
    L’aria divenne sempre più pesa; fino a farsi rarefatta, irrespirabile.
    Doveva individuare una via di fuga e farlo velocemente: non poteva resistere. La gola iniziò a bruciargli, sotto la spinta dei succhi gastrici che avevano preso a serpeggiargli fuori dalle labbra.
    Estrasse una semi automatica dal comodino e, prima che le mura lo spappolassero in una poltiglia di carne informa, si fece saltare le cervella.


    La pace scese, come neve dal cielo, sul cadavere di Cipriani. Fiotti di sangue zampillavano sulle coperte, mescolandosi con la materia cerebrale.
    I rumori erano svaniti, le mura si trovavano laddove erano state erette.
    In un’altra dimensione, dominata da coltre nebulose e da urla deliranti, l’anima di Cipriani era braccata dai demoni che non era riuscito a sconfiggere. Mostri che si erano nutriti delle sue paure, e che ora avevano assunto spoglie tangibili.
    Sogghignavano nella nebbia, pronti ad artigliarlo e farlo succube dei loro desideri più perversi.
    Solo adesso Cipriani capiva ciò che era avvenuto. D’altronde, la morte rende saggi le menti e conferisce un punto di vista diverso; più riflessivo.
    Aveva desiderato essere come Nicolai, il professore, e il vecchio lo aveva accontentato. Gli aveva trasmesso pregi e difetti dell’amico, compreso il substrato che i superficiali non riuscivano vedere. Un insieme di paure e di frustrazioni, celato sotto la maschera di quotidianità mostrata nei rapporti interpersonali. Una serpe che lo aveva portato a rifugiarsi nello studio; ovvero a imboccare una via per lenire il potere dei propri demoni e provare a se stesso di non essere una nullità.
    Nicolai conosceva il suo male, lo sapeva domare. Cipriani invece, infatuato dall’oro che luccica, lo aveva ignorato. Ne aveva subito l’onda d’urto e si era spezzato.
    Il suicidio poi aveva completato la disfatta, liberando i demoni dalla prigione fisica del suo cervello. Ora erano materia, pronti a succhiargli l’anima in un abisso di sofferenza eterna.
    Doveva di nuovo fuggire, fluttuando verso un’insperata via di fuga.
    Una cosa più di tutte gli frullava nei pensieri: il rimpianto per aver ceduto al dolore, preferendo percorrere la strada che, dalle angosce di ogni giorno, conduce nel regno dell’ignoto.

    Edited by Giurista81 - 13/9/2008, 23:08
     
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  2. Pestorg
     
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    CITAZIONE
    Il più qualitativo

    cambialo almeno una volta con il piu' bravo. se narri in terza persona non offendi il personaggio ed eviti la ripetizione di un termine bruttino.

    CITAZIONE
    volto scultoreo

    non mi suona, si dice dei corpi, facendo riferimento alla scultura classica, ma i volti francamente non hanno un archetipo particolare.

    CITAZIONE
    Se udiva ridacchiare i passanti pensava, con enorme tristezza d’animo, che stessero deridendolo per la sua espressione seriosa o per la sua andatura goffa

    Mi sembra improbabile che i passanti ridano perchè uno è serio.

    CITAZIONE
    si fece saltare le cervella

    non mi suona bene troppo colloquiale.

    CITAZIONE
    infatuato dall’oro che luccica,

    faceva piu' effetto se citavi il proverbio per intero.

    Il problema è che non c'e sorpresa. La figura del vecchio con la moneta è molto esplicita e lascia poco all'immaginazione. è una variante del patto col diavolo. Se hai visto l'inizio di Ghost rider è identico.
    Il finale arriva quindi senza sorprese.
    Secondo me l'unico punto forte potrebbe essere la descrizione del successo, far godere dei lati positivi, invece di liquidarli in poche frasi per trattare solo dei lati negativi.
    Anche tu come me scrivi in modo semplice ed il racconto fila abbastanza. ti dò tre per la forma, ma due tre la trama. media 2 perchè altri mi sono piaciuti di piu'.
     
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  3. shivan01
     
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    ciao
    che devo dire, insomma...
    il racconto soffre di due elementi principali: come dice Pestorg, si capisce troppo presto cosa sia realmente accaduto. Secondo, il racconto manca di pathos, è descritto troppo dall'esterno. La mente del dottore, devastata, potresti scavarla di più. Ti faccio un esempio in spoiler:

    SPOILER (click to view)
    "Doveva individuare una via di fuga e farlo piuttosto velocemente. Così estrasse una semi automatica dal comodino e, prima che le mura lo spappolassero in una poltiglia di carne informa, si fece saltare le cervella."
    sembra che ne parli un cronista.

    alcune note:
    "Era caldo", forse è meglio "faceva"
    "confinandolo in cui un vortice interiore che lo aveva trascinato in un lontano passato", qua credo ci sia un Cui di troppo.
    cui ripetuti, anche tolto quello, ce ne sono altri 2 nello stesso capoverso
    "scolpiti dallo scalpello", non è tecnicamente una ripetizione, ma suona come se lo fosse
    "le persone ipnotizzate perdono la capacità di ricordare quello che hanno fatto sotto ipnosi. Dunque, era stato ipnotizzato?" ripetizione
    "volto scultoreo", il termine scultoreo si associa male al volto


    è un 2.

    ciao
     
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  4. Pestorg
     
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    Mi urge un chiarimento, non so se il post è giusto qui.
    Io ho dato tre alla forma a prescindere dagli errori. Cioè allo stile di scrittura, come se tutto fosse corretto. Devo includere gli errori nel voto quando valuto? e se poi vengono corretti?
    Parto dal presupposto che il racconto giudicato è quello dell'ultimo giorno. Quindi o aspetto l'ultimo giorno a votare, e nel mentre dò il mio parere ed i miei suggerimenti, oppure voto in base al potenziale espresso del racconto.
    Si vede che sono nuovo....
     
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  5. Jakken
     
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    CITAZIONE (Pestorg @ 5/9/2008, 12:34)
    Mi urge un chiarimento, non so se il post è giusto qui.
    Io ho dato tre alla forma a prescindere dagli errori. Cioè allo stile di scrittura, come se tutto fosse corretto. Devo includere gli errori nel voto quando valuto? e se poi vengono corretti?
    Parto dal presupposto che il racconto giudicato è quello dell'ultimo giorno. Quindi o aspetto l'ultimo giorno a votare, e nel mentre dò il mio parere ed i miei suggerimenti, oppure voto in base al potenziale espresso del racconto.
    Si vede che sono nuovo....

    tieni presente tutto e poi fai una media. Non ti preoccupare del voto. Dai quel che ti sembra giusto contando tutto. L'intento è quello di migliorare i racconti per giungere agli ultimi giorni con prove di buon livello. Non stroncare o elogiare. ;)

    ok. se avete altri dubbi postate qui



    Per Giurista.

    SPOILER (click to view)
    Il racconto ha delle potenzialità non espresse. Nei punti in cui secondo me dovevi calcare la mano non hai approfondito.
    Repentino passaggio dalla normalità alla follia, dalla gioia per la nuova condizione alla disperazione.
    Sono passaggi fondamentali che dovrebbero creare pathos, tensione, ecc...
    Invece si arriva al finale così... sapendo che ora è tanto bravo ma non riesce a sopportarlo (?). OK, lo dici... ma me lo devi far vivere prima di arrivare alla scena finale.

    di seguito diversi passaggi così così:

    La calca lo aveva compresso, confinandolo in cui un vortice interiore che lo aveva trascinato in un lontano passato. - "confinandolo in un vortice" volevi scrivere(?)

    Il più "qualitativo" emigrò negli Stati Uniti - qualitativo, se lo usi tu, spesso, è un conto; ma a volercelo mettere a posta... non so, avrei messo: talentoso, promettente, ecc...

    Stava osservando una fila di carte - da gioco - disposte in una specie di semicerchio - Perché "da gioco" tra trattini?

    "Gli iridi"? - ho sempre detto "le iridi". Mi vuoi dire che ho sempre sbagliato? Sono pronto a correggermi. :sospysi:

    Il dottore era a un passo dalla follia. Le labbra protese alla massima estensione, le sopracciglia inarcate, le mani sulle orecchie. Cacciò un urlo e, con uno scatto, si destò dal torpore. - Il "torpore" finale stride con quel che c'è prima, in cui fai intendere che il corpo in torpore non è, piuttosto preda quantomeno di rigidità nervosa, paura, follia appunto. Il torpore giunge negli stadi avanzati di congelamento, perdita di molto sangue, ecc...

    dal volto scultoreo - non credo vada bene scultoreo, è riferito più al fisico muscoloso, definito.

    una schiuma di bava gli filtrò dalle labbra - credo tu possa rendere meglio questa scena. A questo punto potevi dire "iniziò a schiumare dalla bocca" che tra l'altro si dice proprio...

    Mi fermo che ho poco tempo. Comunque urge rilettura.

    Voto: Per essere coerente non posso darti più di 1, ma è un lavoro che ha ampi margini di miglioramento. Può arrivare in alto, ma in una versione ampia, 15.000/20000 carat., in cui tu possa inserire le parti essenziali qui inesistenti. In più, non ci sono strappi. Un conto se rimani nebuloso ma con mistero, altro conto è se nella nebbia non c'è nulla.
    Non so se mi son spiegato. Fammi sentire il dolore, la rabbia, il risentimento, l'invidia del protagonista. Così siamo a margini di una cronaca appena colorata.
    Puoi fare molto di più e l'hai dimostrato altre volte. ^_^










    Edited by Jakken - 5/9/2008, 14:00
     
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  6. Giurista81
     
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    RISPONDENDO A PESTORG
    Eccomi a risponderti. Allora, non sono d'accordo con nessuna tua segnalazione (questioni di punti di vista).

    1) "Il più qualitativo" come lo intendo io (e credo anche in italiano) riguarda il soggetto con più qualità. Dire più qualitativo è molto più ampio e generico di dire il più bravo (non era riferito ai voti ottenuti a scuola).

    2) Vero che ci sono fisici scultorei, ma anche il volto potrebbe esser definito tale specie per quel che riguarda i tagli netti e l'assoluta immobilità dei lineamenti.

    3) Il riferimento ha carattere psicologico. Non conta cosa sia oggettivamente verosimile, ma quello che è verosimile per un soggetto. Ricorda che è devientato paranoico (un pochino di psicologia la mastico, per rendermi conto che la descrizione è verosimile). La frase non può definirsi inverosimile, per tale ragione.

    4) "infatuato dall'oro che luccica", non era mia intenzione fare effetto, ma rendere l'idea di "superficiali ragionamenti".

    5) Il fatto che non ci sia sorpresa non è affatto un problema. Non è un racconto di intrattenimento né un thriller, ma nasconde un paio di messaggi di fondo (magari non geniali), ma decisamente evidenti e tutt'altro che ovvi (parlano i fatti di ogni giorno).
    Il vecchio non è il demonio che poi presenta il suo conto. Se ne hai voglia e soprattutto tempo fai un'altra lettura e parti dal dato iniziale: il protagonista invidia l'amico perché ha ottenuto successo e perché riesce in tutto quello che fa, quindi vorrebbe esser come lui. Il vecchio lo accontenta prendendolo alla letttera.

    Il racconto dunque ha come obiettivo non la sorpresa (decisamente facile da ideare) ma vuole lanciare un messaggio (ben più difficile da confezionare, perché presuppone una struttura che parte dall'idea - a seconda dei casi filosofico, politica - di base).

    PER JAKKEN
    CITAZIONE (Jakken @ 5/9/2008, 13:35)


    A differenza di quanto detto da Shivan e soprattutto da Pestorg, mi trovo d'accordo con te su vari punti.

    E' vero che i 10.000 caratteri forse mi abbiano tenuto più stretto di quello che sarebbe stato lecito attendersi (proprio nel punto del mutamento comportamentale del soggetto, come da te giustamente individuato) anche se la maggiore lunghezza non avrebbe influito sul senso del pezzo. Come ho detto, siamo alle prese più con una parabola e non con un racconto di intrattenimento.
    I passaggi da te indicati sarebbero meramente scenici e di fatto non così fondamentali come potrebbe apparire con una lettura votata all'esclusivo intrattenimento.
    Il finale non l'hai capito in pieno.
    Il protagonista non è che non sopporta di essere bravo, ma sviluppa una capacità intellettuale tale che è dovuta dal complesso di inferiorità che lo attanaglia e lo porta a ergersi sopra la media dei colleghi. Vuole dimostrare a sé stesso di esser capace, perché deve fare i conti con la propria autostima. Temo il giudizio altrui e per ritenersi all'altezza della situazione studia e studia ancora.
    L'altro non conosceva questo background e desiderava solo avere le sue qualità esterne, ma finisce con l'ereditare il tutto non riuscendo a resistere ai demoni (SONO METAFORICI, non se si capisca bene...) e cede credendo di chiudere il conto con la sofferenza, decidendo di uccidersi.
    I Muri che si chiudono su di lui sono anch'essi METAFORICI e manifestano lo stato di coloro che sono sul punto del suicidio per motivi di carattere psicologico: si trovano chiusi in una realtà che credono troppo stretta per loro, che non gli offre via d'uscita, che li soffoca fino al gesto estremo.

    Vi confesso che mi viene un po' di scoramento, credo che non presenterò mai più pezzi del genere da questi parti. Tutte le volte (come successo anche per L'Archetipi) "mi trovo a dover svelare le sfaccettature per far capire che ciò che è stato scritto non è puramente casuale o di gettito.
     
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  7. Pestorg
     
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    Mi dispiace se da novellino ti ho urtato. Però io mica ho detto che le cose positive che tu hai sottolineato non ci sono.
    Non è che il finale debba sorprendere, per forza. Però se lo spazio è poco e si può solo accennare, è molto più facile scrivere con una sorpresa che cesellando le parole.
    Ripero la scala di giudizi: 2 l'ho letto ed è scorso, ma non mi è rimasto molto. 3 mi ha colpito, 4 mi ha colpito tanto da parlarle ad altri o farlo leggere.
     
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  8. Jakken
     
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    Giurista
    SPOILER (click to view)
    (Matteo), invece sbagli. Scrivi e vieni più spesso qui. A me non dispiacciono i temi trattati dai tuoi racconti... se ricordi anche quello di Archetipi a me era piaciuto.
    Devo fare un mea culpa. Sono stato veloce e superficiale nell'esprimermi riguardo il finale. Non ti ho fatto capire che l'ho compreso.
    Per me ci sta. Il problema però, è che manca delle parti prima: quella dolorosa e quella gioiosa, che ci devono essere per creare contrasto.
    Non mi devi dire che sta bene, male, ecc... mi devi far vedere quel che accade e devo soffrire per quel personaggio. La cosa peggiore è un personaggio che non ami e non odi; e non a prescindere, ma perché nulla fa.
    Il messaggio lo prendi e lo metti nel cassetto se non giunge tramite delle emozioni, capisci?
    Dai. Lavora su sto pezzo e tieni sempre presente che qui si postano punti di vista che TU devi usare per vedere il tuo racconto con altri occhi. Spesso aiutano a spostare il tiro, a migliorare il risultato... ;)


     
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  9. bravecharlie
     
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    per prima cosa dico che è scritto molto bene, con alcune belle metafore e buona padronanza del lessico (a parte quel "qualitativo" che neppure a me è piaciuto). devo trovarmi d'accordo con Pestorg: quando ho letto del vecchio anch'io ho subito pensato al patto diabolico, e da lì in poi ho iniziato a immaginare come sarebbe andata a finire. Forse, per guadagnare un "valore aggiunto", avresti dovuto insistere maggiormente sulle sue sofferenze interiori, i suoi patemi, ma poi saresti andato un po' lungo e non avresti potuto partecipare a USAM :sisi:

    be', non so che dire: scivola via un po' monocorde, ma ciò non vuol dire che sia brutto. il fatto è che (almeno per me) non rappresenta nulla di nuovo, e se davvero ti proponevi di nascondere un percorso psicologico dietro la facciata del "patto col diavolo" forse avevi bisogno di molto più spazio, perché così ciò non risulta molto chiaro. Il voto è due, ma espanso, con le intenzioni che ti sei proposto, potrebbe certamente valere di più.
     
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  10. Giurista81
     
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    Come già detto sopra, il vecchio non è il diavolo!!
    Potrebbe anche essere un'entità benigna (anche se nei miei pezzi difficilemente ci sono personaggi "buoni" e personaggi cattivi, ma piuttosto metafore. Gioco più sulle soggettività che su oggettività precostituite).
    In altre parole, il vecchio si limita a esaudire i desideri "segreti" del protagonista senza chiedere nulla o pretendere l'anima o altro (alla fine, infatti, non viene a reclamare qualcosa e i demoni che si nascondono nella nebbia non sono altro che la materializzazione delle paure che non sono state sconfitte in vita dal protagonista e che lo stesso aveva mutato dal professore).
    Dunque, il racconto non cita i "patti col diavolo" piuttosto pone le attenzioni su altre cose (che non mi paiono così commerciali).
    Proprio in virtù di questo soggetto (e un poco anche per i 10000 caratteri a disposizione) ho optato per un taglio meno action (l'azione ci deve essere quando è funzionale a un racconto e non per forza di cose, altrimenti significa che lo scrittore vuol realizzare "opere" che hanno il fine di piacere a un maggior numero possibile di persone) visto che la ritengo non necessaria rispetto all'idea di partenza e al suo sviluppo.
    L'unico appunto, secondo me, che si può muovere (Jakken l'ha anche segnalato) sta nel repentino passaggio in cui si passa dal successo alle crisi psicologiche. Purtroppo, si tratta di un'evoluzione che se sviluppata in modo adeguato abbasserebbe ulteriormente il ritmo e non credo farebbe soffrire i lettori da un punto di vista di coinvolgimento emotivo.

    Cmq grazie per la lettura.
     
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  11. Pestorg
     
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    E chi lo dice che il patto con il diavolo non sia vantaggioso!
    Io gli ho ceduto metà anima per imparare a scrivere.
    Voi che dite, non è che mi ha fregato?
     
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  12. Giurista81
     
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    CITAZIONE (Pestorg @ 6/9/2008, 22:22)
    Io gli ho ceduto metà anima per imparare a scrivere.
    Voi che dite, non è che mi ha fregato?

    Beh, se continui a coniugare i verbi come hai fatto sopra mi sa di si...
    :P

    Battutozza cattiva.

    :woot: :killer:
     
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  13. Pestorg
     
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    Azz...
    lo sapevo, appena muoio mi sentirà!
     
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  14. Giurista81
     
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    CITAZIONE (Pestorg @ 6/9/2008, 22:55)
    Azz...
    lo sapevo, appena muoio mi sentirà!

    Lo dovrai citare in giudizio davanti a S.Pietro. Se ti serve un avvocato... fammi sapere ;)
    Ti troverai a difenderti contro Keanu Reeves
     
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  15. tar-alima
     
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    Ciao Giurista.
    Il racconto non mi ha entusiasmata; anche se è ben scritto, trovo alcune espressioni troppo barocche.
    Ci tengo però a sottolineare che condivido almeno in parte alcuni concetti da te espressi.
    Ben venga la parabola, anche se non molto in voga, e soprattutto:
    CITAZIONE
    ho optato per un taglio meno action (l'azione ci deve essere quando è funzionale a un racconto e non per forza di cose, altrimenti significa che lo scrittore vuol realizzare "opere" che hanno il fine di piacere a un maggior numero possibile di persone) visto che la ritengo non necessaria rispetto all'idea di partenza e al suo sviluppo.

    Io non ci trovo niente di male nel cercare di piacere alla gente; anzi, credo che comprendere a fondo i gusti altrui sia necessario per far arrivare il tuo messaggio (senza snaturare il proprio modo di scrivere, naturalmente).
    Diventa però un male se tutto si deve strizzare in un paio di generi con certi canoni, e la varietà ne soffre.
    Non sto dicendo che nel forum ci sia l'abitudine di valutare in questo modo, tutt'altro; però è un rischio che anch'io avverto, quello di leggere con la mente proiettata verso "come dovrebbe essere" piuttosto che su "cosa mi vuole dire".
    Mi sa che vi proporrò un topic altrove, mi piacerebbe sentire le vostre opinioni in merito.
    Sorry per l'OT.
    Voto 2.
     
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37 replies since 4/9/2008, 22:48   555 views
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