Il vecchio mulino della Piazza

Ricorda un pò Ammaniti (spero non troppo: odio i cloni!)

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  1. Mira_Dunkerque
     
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    Il vecchio mulino della Piazza

    Il sentimento più forte e più antico
    dell’animo umano è la paura
    e la paura più grande è quella dell’ignoto
    Howard Phillips Lovecraft


    Oggi, le ragazze della Piazza si tolgono il reggiseno nelle spiagge solitarie. Conosco una ragazza, che trent’anni fa non era ancora nata, che una volta s’è tolta le sue conchiglie da Venere Anadiomene che le coprivano i teneri piccoli seni a Giardini Naxos.
    Trent’anni fa scappavano di casa con la fuitina… Anche se la mia città era già cambiata, ma non so se in meglio o in peggio. La nostra era una città industriale, il turismo c’era, ma non era “volano di sviluppo”.
    Trent’anni fa. Erano i tempi in cui, nei tardi pomeriggi d’estate, quando il sole s’attardava rosso sull’orizzonte di un cielo viola, e alla TV c’era il jingle shampoo Erbaviva vellutante…… che suonava nella testa di me bambino come dolce malinconia. “I miei capelli son vellutati, come i petali di una rosa” diceva lei…
    Trent’anni fa, la piazza non era come oggi. Non proprio. Certo, per chi la guardava dalle macchine volanti era sempre un triangolo isoscele in cui s’incastrava un trapezio. Il trapezio è quello che oggi contiene i giardinetti, ma trent’anni fa non c’erano i giardinetti. C’era una discarica acquitrinosa, piena di rane, topi e insetti, soprattutto zanzare. Dove ora c’è la zona archeologica, trent’anni fa c’era il campetto dove noi giocavamo a calcio, compresi i pali delle porte, e c’era il campo di motocross, e c’era il vecchio mulino spagnolo, che c’è anche oggi, ma mentre oggi è lindo e pinto come fosse nuovo di pacca, trent’anni fa era una casaccia di campagna abbandonata. Dove alla fine degli anni Ottanta hanno fatto il palazzo di vetro, trent’anni fa c’era la strettoia che costeggiava il Palazzo di Giustizia – oggi abbandonato – e dall’altro lato, vecchi magazzini delle ferrovie dove noi adolescenti s’andava a pisciare. Un altro pisciatoio era il fico di via Brenta. Oggi c’è la recinzione, e al fico non può pisciare più nessuno. E meno male, ché la puzza era insopportabile, sempre quando i giovinastri non andavano a fumarci l’erba, e allora il puzzo era diverso. Trent’anni fa ancora non c’erano le sale giochi, ma già esisteva il Caffè A***, che aveva la cassa rivolta verso il muro esterno, invece che dal lato del bancone. La piazza era una palude, infestata dalle zanzare, e oggi, dopo che il comune ha deciso di recintare i giardinetti con le inferriate, sono diminuiti i drogati, ma hanno fatto una bellissima fontana….e ci sono più zanzare di trent’anni fa. Oggi ci sono telecamere ovunque, ma trent’anni fa non c’era bisogno. Ma la Piazza è rimasta sempre quella: un posto a ridosso della casa dei treni che non si capisce se è centro, periferia o ambedue le cose. Trent’anni fa andavamo con la maestra all’ombra dei carrubi, e lei ci leggeva “la guerra di Troia”, in quel campetto dove io, più grande, avrei giocato a calcio, per quel poco che mi piaceva. Preferivo guardarlo in TV, il calcio. Ho sempre tifato per la Juventus, ma per me il calcio è tutta una chiacchiera da caffè o un accanirsi davanti al bagliore bluastro del televisore. Nel campetto della Piazza facevo l’esploratore, con i miei compagni di scuola. Fu nella torrida primavera del 1976 quando scoprii un posto dove c’era una specie di stagno: si capiva che c’era lo stagno perché le canne erano troppo alte e troppo fitte, tanto fitte che non volevamo addentrarci. Un ragazzo della nostra classe, più grande degli altri, entrò fin dentro il canneto.
    “C’è acqua?”
    “No, non c’è acqua, ma vetro in abbondanza”.
    Una palude di vetro! Era dunque questa, l’antica palude dei libri di storia? O piuttosto le gigantesche pozzanghere che si formano oggi negli scvavi archeologici quando piove?
    E c’era il mulino. Oggi c’è scritto sul citofono d’ottone dorato: MULINO SPAGNOLO. Uno dei tanti mulini costruiti dagli Spagnoli nei secoli bui della dominazione iberica nella nostra bella terra, uno dei tanti mulini spagnoli di una città troppo spagnolesca. Gli alberi lo coprivano.
    Si raccontavano tante storie sul mulino. La maestra ci diceva che poteva esserci qualche vecchio nascosto, qualche maniaco, qualche pedofilo, e così noi salivamo di corsa la ripida stradina che ci riportava dalla campagna alla civiltà urbana della Piazza.
    Ma la “vera” Piazza nacque nel ’79, quando intitolorano la piazza ad Aldo Moro, ucciso dai brigatisti rossi nel ’78, e decisero di fare i giardinetti. Allora la piazza divenne Piazza (con la P maiuscola), e io non ci andavo più per giocare a pallone, ma per vedere gli amici delle varie comitive, parcheggiati sul muretto.
    Questa, però, è un’altra storia.
    Si parla, invece, degli anni in cui mio nonno frequentava la CGIL e Adriano Pappalardo, invece di litigare con Zequila, urlava: “e lasciami gridaaaaaare, lasciami sfogaaaaare, io senza amore non so staaare”.
    Negli anni ’70 la Piazza non c’era, c’era una giungla d’asfalto e paludi. E c’era il mulino. E si raccontava che una volta un ragazzo aveva invaso i copiosi orti coltivati, o forse il cortile dei laterizi, e aveva richiatio di essere impallinato.
    Una maestra, la signorina Marilena, diceva: “non andate da quella parte!” con tono seccato.
    “Lì c’è un orto!”, faceva eco la mia compagnetta, Eleonora.
    Ma a noi il coraggio veniva proprio dalla paura, dal brivido che mettevano queste storia, lo stesso coraggio della paura che ci spinse anni dopo a vedere i film di Dario Argento.
    Dunque, a me venne in testa di andare al vecchio mulino. Mi allontanai da solo, e andai, andai sepre più lontano, oltre i pali delle porte, fino ad arrivare a ridosso di via Basento. Avevo il fiatone, il sole mi picchiava sulla testa e sugli occhi. Ah, avessi avuto un cappellino!
    Faceva caldo, era maggio.
    E quando città fa caldo, in Piazza c’è caldo il doppio. E quando in città c’è caldo umido, in Piazza c’è il doppio di caldo e il doppio di umido. Mi accostai al mulino, dove gli alberi facevano ombra, e mi proteggevano da quel sole furioso, implacabile, mitologico.
    Chissà se di notte, in quell’acquitrino, le pizie danzavano al chiaro di luna…
    Mi avvicinai alla porta del mulino. Era una vecchia casaccia col tetto spiovente di tegole ingiallite. Una vecchia casa di campagna siciliana. Assolata, solitaria e misteriosa. Non era, la porta, dipinta verde scuro come oggi, era piuttosto di legno vecchio e adusto, ma aveva sempre il sopraluce ad arco, con i raggi di legno, come oggi. C’era un odore indescrivibile di piante varie, di cacca di cani, di umido, di stantio. Provai ad aprire la porta. Mi accorsi che avevo paura di guardare dentro, ma DOVEVO!
    Non si apriva. Era chiusa.
    Provai a spingere la porta, a strattonarla, feci rumore, ma, un paio di secondi dopo ho sentito: “eeeh!”…un lamento, una voce maschile dall’interno, sembrava un vecchio addormentato che io avessi sorpreso nel sonno….un vecchio….il vecchio nascosto di cui parlava la maestra! Il maniaco….! Il pedofilo….! Mio Dio. Feci un gridolino sommesso.
    “Cosa succederà?” mi chiesi.
    Non volli saperlo. Ho girato i tacchi, e a grandi passi mi sono allontanato, col fiato corto, con le mie scarpe grosse da bambino cresciuto, che non erano buone per quel sole, per quel caldo, ma andavano bene per camminare fra gli sterpi. Costeggiai lo “stagno”, arrivai ai pali di una delle due porte del campo di calcio. Avevo paura. E mentre ero contento di avere paura, perché mi sentivo di non averne. Il coraggio della paura. Le ansie, le inquietudini della maturità, derivate da amici ambigui, quelle paure, le conobbi dopo. Le paure dei bambini di otto anni sono diverse.
    Una bambina mi venne incontro. Giusy, si chiamava. Mi disse: “la tua maestra ti sta cercando”. E in effetti udii la voce squillante della mia maestra che urlava il mio nome a squarciagola.
    Non mi rimproverò, la maestra.
    Né io raccontai quello che mi era successo.
    Ma al mulino non tornai più, se non tanti anni dopo, per fare delle foto. Allora ero già uno studente in Lettere e Filosofia, e, in memoria di quella piazza che mi aveva cullato nell’infanzia e nell’adolescenza, decisi di fare una propsta di valorizzazione su quella zona archeologica che era troppo acquitrino d’inverno, troppo brughiera d’estate. La mostra si chiamava “Mali Culturali”
    Negli anni avevo scoperto vecchi caselli della ferrovia, palazzi abbandonati, e persino vicino la Piazza c’era un condominio che era detto spiritato…
    Suonavo i tre colpi di clackson, come tutti dalle mie parti, davanti alla casa “degli spiriti”, la case delle tre sorelle… Le tre sorelle morte che vivevano nella casa di cui non si sa chi sia il padrone.
    Nel frattempo sono passati esattamente ventotto anni. La banda di Ivano Fossati non suona più il rock, e Pupo non parla più di gelati e blue jeans che fanno male, anche se è rimasto sempre piccolo di statura. In quella piazza frequentai anche le scuole medie, poi il liceo nella zona alta….sono tornato in Piazza per bere i miei bicchierini, ho provato il Vov e il Bianco Sarti, ed è passata otto i ponti tanta acqua, più che l’alluvione di Firenze.
    Il mulino spagnolo, quasi trent’anni dopo, non faceva più paura. Non c’era più traccia di vecchi pedofili, c’era la recinzione, le panchine per sedersi. Il vecchio pedofilo, il maniaco, il pecoraro, forse era morto di vecchiaia.
    L’incanto, il brivido delle mie avventure di bambino era rimasto solo nella mia memoria.


    M. D.



    [nota del Vampiro]3d spostato nella giusta sezione.

    Edited by HeLLVaMpYR - 25/9/2008, 01:07
     
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  2. federica68
     
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    Ciao Mira!
    Bene arrivato (deduco da altri post che nonostante il nome apparentemente femminile sei un maschietto... lo deduco anche dal fatto che racconti che andavate a far pipì sotto al fico, e le femminucce di solito sono più riservate in questo... in caso contrario, faccio ammenda :imploro:)

    Ho letto il tuo racconto... ho presente quella sensazione che descrivi, riesci a renderla molto viva, almeno per chi l'ha vissuta, mi ha ricordato quando abitavo ancora in Sardegna, e due volte l'anno la strada si trasformava in un tratturo per la transumanza delle pecore, per giornate intere il mare biancastro delle loro schiene beccheggianti copriva ogni strada del paese, e noi bambini andavamo a esplorare le sterpaglie dove le case finivano e iniziava il mistero... mi piacerebbe sapere se fa questo effetto anche a chi non l'ha vissuto...
    Sono tornata anni fa in quei luoghi, e ormai ci sono case, strade e piazze dappertutto, niente di simile a quello che affascinava noi bambini negli anni 70... hai rievocato molto bene quel sentimento, mi pare

    Comunque, ti segnalo qualche errore di battitura (per trovarli, dovrebbe essere sufficiente un controllo ortografico al termine della stesura ;) ).

    Ho notato che usi spesso frasi lasciate in sospeso. Non mi riferisco ai puntini, ma all'uso di termini che presuppongono un seguito. (Te lo segnalo nei quoti). Potrebbe essere una scelta stilistica, ma allora forse dovresti fare ancora degli esperimenti per armonizzarle con il tutto, perchè così sembrano solo frasi troncate e l'effetto voluto non viene raggiunto, almeno a mio parere. Personalmente mi hanno lasciato qualche perplessità e mi hanno interrotto la scorevolezza della lettura...




    SPOILER (click to view)
    CITAZIONE
    Erano i tempi in cui, nei tardi pomeriggi d’estate, quando il sole s’attardava rosso sull’orizzonte di un cielo viola, e alla TV c’era il jingle shampoo Erbaviva vellutante……

    la frase sembra lasciata in sospeso a causa di quella "e", che sembra introdurre un qualcosa che poi non arriva. Forse, se vuoi lasciarla così, ti conviene togliere la "e". Inoltre i puntini di sospensione devono essere sempre 3 ;)
    CITAZIONE
    ma hanno fatto una bellissima fontana….e ci sono più zanzare di trent’anni fa.

    3 puntini, come sopra, e spaziatura prima della "e".
    CITAZIONE
    , ma trent’anni fa non c’era bisogno. Ma la Piazza

    ripetizione di "ma". Forse il primo potresti ometterlo.
    CITAZIONE
    Fu nella torrida primavera del 1976 quando scoprii un posto dove c’era una specie di stagno:

    "che" al posto del "quando"? così la frase ha un aspetto tronco, mi sa

    CITAZIONE
    scvavi

    errore di battitura


    CITAZIONE
    Una maestra, la signorina Marilena, diceva: “non andate da quella parte!” con tono seccato.

    maiuscola all'inizio del discorso diretto
    CITAZIONE
    andai sepre più lontano,

    errore di battitura


    CITAZIONE
    E mentre ero contento di avere paura, perché mi sentivo di non averne.

    anche questa frase ha un aspetto tronco, secondo me dovresti aggiungere qualcosa per concludere il concetto aperto, o togliere il "mentre".

    Mi disse: “la tua maestra ti sta cercando”.
    maiuscola all'inzio del discorso diretto


    CITAZIONE
    ed è passata otto i ponti tanta acqua,

    errore di battitura


    ciao ciao
    e a rileggerci
    F
     
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  3. Mira_Dunkerque
     
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    Per Federica: no, non sono una femminuccia. Il nome è solo uno pseudonimo, un giochetto di parole (che ha suscitato qualche divertente equivoco ma tutto lì), ispirato vagamente a qualche cantante di tanti anni fa, di quelli che si facevano conoscere con pseudonimi "femminili" (pensa che Alice Cooper, in gioventù, ha ingannato anche me!). Quanto alle frasi smozzicate e ai famigerati errori di battitura, dipende dal fatto che, quando sono ispirato, scrivo come un fiume in piena, certo, dovrei stare più attento. comunque, questa è solo una storiella, mica la mia tesi di laurea (non ti dico quante volte ho dovuto rivederla, la tesi, e comunque qulche erroruccio c'era sempre, anche dopo la laurea!): ciò indica che la veste attuale del raccontino non è certo definitiva. ti rngrazio sia per gli appunti che per gli apprezzamenti. alla prossima!
     
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  4. federica68
     
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    [QUOTE]
    CITAZIONE (Mira_Dunkerque @ 26/9/2008, 13:14)
    (pensa che Alice Cooper, in gioventù, ha ingannato anche me!).

    :asd: :asd:
    io ho avuto dei dubbi fino a pochi anni fa, sul suo nome, pensavo che fosse qualche acrostico, o qualche anagramma, o qualche abbreviazione, le ho pensate tutte...
    CITAZIONE
    Quanto alle frasi smozzicate e ai famigerati errori di battitura, dipende dal fatto che, quando sono ispirato, scrivo come un fiume in piena, certo, dovrei stare più attento. comunque, questa è solo una storiella, mica la mia tesi di laurea (non ti dico quante volte ho dovuto rivederla, la tesi, e comunque qulche erroruccio c'era sempre, anche dopo la laurea!): ciò indica che la veste attuale del raccontino non è certo definitiva.

    certo.
    Del resto anche per me la veste definitiva di un racconto arriva solo il giorno prima della scadenza di un concorso, per cui a quel punto lo mando come è, o la va o la spacca...

    ma il lavoro che di solito facciamo qui è proprio segnalarci gli uni gli altri questo genere di piccole incongruenze, in modo da migliorare i racconti e cercare di dare loro la miglior veste possibile. Poi ognuno è libero di prendere i consigli che ritiene validi e accantonarne altri, e ogni segnalazione non è mai da intendersi come un appunto o una critica, ma come una lucina che altri "scrittori" mettono sui racconti dei "colleghi" per attirare l'attenzione dell'autore su quello che "da lettore" può essere forse migliorato.
    Per cui se qualcuna delle mie segnalazioni ti può essere utile per fare questo lavoro, sono contenta. ;) . Siamo qui tutti quanti proprio per questo, e anzi, ti esorto a fare lo stesso tipo di lavoro sui miei racconti, anche se adesso non ce ne sono di recenti, ma presto ce ne saranno ;)

    Alla prosssima
    e a rileggerci
    F
     
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  5. Theobald
     
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    Sono stato contento di leggere questo tuo racconto, dal quale mi è sembrato
    traspari una forte voglia d'Amarcord. Si sente che ciò che evochi è sentito, impresso nella tua memoria, e cosa più importante, in questo caso, vissuto attraverso le pregnanze fotografiche dell'infanzia. Forse proprio questo è il punto forte del racconto. Coinvolgente. Anche se ho trovato poco approfonditi alcuni aspetti simbolici, eccetto la piazza e il mulino, ovviamente. Complimenti per la purezza evocativa. Non ho apprezzato tantissimo alcuni richiami del quotidiano: shampoo... tv... e simili, ma solamente per un mio gusto, mi sarebbe piaciuta una forma pià letteraria, con un costrutto più definito. Ho avuto anch'io la sensazione di alcune frasi mozze... Il fatto delle sviste non è un problema, si possono sempre togliere.
    Alla prossima.
     
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  6. Iceburn
     
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    E’ il primo racconto che commento :). Qualcuno direbbe: “E chissenefrega…” E farebbe bene :P, ma ve lo dico lo stesso.

    Iniziamo dall’inizio… giustamente…
    La prima parte della tua storia non riesce a prendermi... Certo, magari sarò io che voglio troppo… o magari è l’assenza di azione. Fino a metà dello scritto mi è sembrato di notare che non entri nella storia.
    Hai riempito tutta la prima parte di una serie di vignette assieme a descrizioni che dal mio punto di vista non sono le più indicate per ottenere l’attenzione del lettore.

    Certo, credo che a volte le descrizioni possono sopperire all’azione, ma in questo caso ti sei limitato a descrivere ambienti ‘normali’… nulla di particolarmente strano ne luoghi particolarmente ostili o pericolosi... e questo almeno per me è un difetto visto che nella primissima parte del racconto è utilissimo ‘raccogliere’ tutta l’attenzione che puoi.

    L’argomento centrale della tua storia è questa casa ‘infestata’ e in un normale racconto ci dovrebbe essere un inizio, una parte centrale e un finale.
    Io non riesco a capire quale sia l’inizio… penso di comprendere che la parte centrale sia quando il personaggio va davanti alla casa e fugge… e poi c’è la fine, anche questa con altre vignette.

    Nella parte centrale inoltre la fuga dalla casa è molto vaga, spieghi che il personaggio ha paura, mostri le sue sensazioni, ma i lettori non sanno quasi nulla. E’ il tipico posto dove non si dovrebbe andare ma dove si dirige il personaggio. L’unico dettaglio sul PERCHE’ il personaggio debba avere paura è: la maestra dice che c’è un maniaco / pedofilo e mi è sembrato un po’ poco.
    Inoltre si dirige là perché DOVEVA, è una motivazione un po’ vaga.
    Infine sente un lamento e il personaggio fugge. Non si è visto niente, non c’era molto da aver paura (per il lettore… che in questo specifico caso sarei io :P), e subito dopo il personaggio torna in una ‘zona sicura’.

    CITAZIONE
    “Cosa succederà?” mi chiesi.

    Dal mio punto di vista questa frase è di troppo. Una domanda del genere è qualcosa che dovrebbe nascere spontaneamente dentro al lettore, senza forzatura.

    Più che un racconto mi è sembrato una rivisitazione di un luogo del passato. Scritto bene, e su questo non c’è dubbio, però non ho sentito la tensione e la suspance tipiche della fiction. Se fosse una semplice 'rivisitazione' di luoghi del passato sarebbe perfetta
    Come storia invece non mi sento di avere un parere altrettanto positivo, se togliessimo tutte le vignette e tutte le descrizioni… le azioni sono davvero poche... nonché poco motivate.

    Beh… spero che i miei commenti, per quanto possano essere corretti o scorretti, ti siano utili… ;)
     
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  7. Mira_Dunkerque
     
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    A Iceburn: tutto cioò che può far riflettere è utile. Tutte le osservazioni intelligenti sono utili. Forse il bambino della storia, com'ero un po' anch'io da bambino, credeva di poter vincere la paura ma si sbagliava, o forse era un po' incosciente ma non troppo. Forse voleva trasgredire ma era prontissimo a cambiare idea....Forse la cosa bella di questa piccola storia è questa: ognuno che la legge ci trova determinati pregi e determinati difetti. Ognuno trova in una storia lo specchio delle proprie opinioni....
     
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  8. Mira_Dunkerque
     
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    Comunque, riguardo alla frase "di troppo", in effetti lo avevo pensato anch'io....
     
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  9. esimon
     
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    Molto nostalgico, mi ha emozionato. Grazie...
    Di tuo avevo letto solo una cosina, anni fa, ricordo lo stile perché mi aveva colpito, intimo e ammiccante allo stesso tempo. All'epoca io ero pesante come un bue e tu invece pronto a svolazzare lontano, anche se poi non l'hai fatto. Non è stato fuoco di paglia, mi piace come scrivi, molto scorrevole, l'ho letto tutto d'un fiato.
    Fammene leggere ancora.
    Ciao
    Simone
     
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  10. Iceburn
     
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    CITAZIONE
    Forse la cosa bella di questa piccola storia è questa: ognuno che la legge ci trova determinati pregi e determinati difetti. Ognuno trova in una storia lo specchio delle proprie opinioni....

    Io riguardo a questo ho un'opinione personale (come tutto il resto delle mie opinioni ovviamente :P).
    Secondo me uno che scrive (fiction) deve prendere una posizioni e affermare QUALCOSA. Dal mio punto di vista è lo scrittore che mostra cosa fa il personaggio e perchè, NON deve essere il lettore a riempire con la sua immaginazione la storia.
     
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  11. Mira_Dunkerque
     
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    Forse dovrei evocare meno le sensazioni e più la storia. E' un errore che ho commesso, qualche volta, quello di cocentrarmi sull'attività onirica piuttosto che sul fatto in sè. Del resto, non sono un giornalista, ma neanche dovrei dilungarmi troppo sul contorno a scapito della "pietanza"principale. In fondo è un'osservazione sensata. Utile, se penso anche a ciò che leggo, oltre che a ciò che scrivo. Da come lo vedo io, forse certe volte i fatti preferisco viverli invece di narrarli, e questo mi porta - e magari è sbagliato - a svolazzare sui sogni e le sensazioni quando scrivo. Ma non è sempre così!
     
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10 replies since 25/9/2008, 00:00   142 views
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