Natura Morta

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  1. ArkDark1
     
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    Natura Morta.

    La testa era un sacchetto nero pieno di immondizia, le braccia due rami divelti, le mani due foglie cadute, il tronco un boiler sfinito, il bacino un vaso di terra, le gambe due giunchi di fiume, i piedi due pezzi di legno.
    Era morta.
    Era viva.
    Si era svegliata confusa e aveva cercato di capire; si era messa in ginocchio, poi in piedi.
    Si era guardata intorno.
    Colline.
    Montagne.
    Colline di spazzatura sfusa e montagne di sacchi neri. Oltre il suo sguardo, un prato.
    Un prato di rifiuti.
    Non aveva il naso, ma percepiva l'odore. Arance ammuffite, pesce rancido, plastica bruciata.
    Non aveva gli occhi, ma intuiva i dintorni. Frattaglie di vitello, verdura annerita, zampe di gallina.
    Non aveva le orecchie, ma sentiva quell'uomo.

    - Chi c'é, là? Chi sei? Fatti vedere, o chiamo la polizia!

    Pericolo.
    Non aveva nemmeno la coscienza del rischio, ma l'istinto era il suo capitano.
    Pericolo.

    "Scappa!", gridò una voce attraverso il sacco che aveva per testa, "Fuggi! Vai via da qui, prima che sia troppo tardi!"
    La Natura Morta provò a camminare, muovendo i due instabili giunchi tremanti e incerti, trascinando quei pezzi di legno che aveva per piedi sul prato ripieno di resti biologici.
    Non sembrava difficile.
    Potevano farlo quelli chiamati "Umani". Niente impediva che potesse farlo anche lei.
    Prima un passo, poi l'altro, prima un legno, poi l'altro, concentrata sul suo movimento, e felice di farlo.
    Felice di muoversi.
    Come se fosse tutto. Come se la vita dipendesse da questo.
    Dai suoi strascichi, instabili e incerti.

    - Ti vuoi fermare? Fermo!

    Non aveva avuto il tempo per imparare a gattonare, né nessun padre ad aspettarla in fondo al corridoio.
    Nessuno che le dicesse: "Coraggio! Forza... Così, brava...", né qualcuno pronto a tenerla se avesse perso l'equilibrio.
    La vita era andare. E andare era per vivere.

    - Fermati! Fermo! -, urlava il guardiano verso quell'ombra, nella notte marcia di avanzi.

    Ma lei non voleva fermarsi. Voleva vivere.
    Cercò di aumentare l'andatura, e scoprì che le era possibile; i due pezzi di legno presero a saltellare con più decisione, permettendo alla Natura Morta di correre.
    Guardò le colline fetide e le montagne putride all'orizzonte del prato marcescente, e vi si diresse senza esitazione, felice di sentire l'aria oleosa infrangersi sul suo volto nero.
    Era libera. Libera!
    Il guardiano notturno, un pensionato di sessantacinque anni ancora abile al lavoro, si lanciò all'inseguimento.
    La Natura Morta non lo sentì né per il fiato grosso alle sue spalle, né per lo sciacquìo delle scarpe prodotto dall'affondo nelle pozzanghere di liquame del prato rancido.
    Lo sentì per istinto.
    Spinse sui giunchi di fiume, accelerando la corsa legnosa, con i due rami divelti e le foglie brancolanti nel vento cagliato, tese ad afferrare l'equilibrio.
    Giunta ai piedi della prima collina di spazzatura, piegò in avanti il boiler sfinito e cominciò la scalata verso la vetta innevata di schiuma industriale.
    Il guardiano si fermò, estrasse la pistola, e cercò di prendere la mira.
    Un primo sparo.
    A vuoto.
    La Natura Morta, intuendo quel suono secco e brutale, spinse di più sui suoi legni.
    Un secondo sparo.
    Il ramo divelto sinistro si separò dal boiler sfinito e volò lontano.
    Dolore. Acuto.
    Ma la bianca cima era vicina. Oltre, la libertà.
    Un terzo sparo.
    A vuoto.
    La Natura Morta guadagnò l'ultimo metro, e fu esposta nella notte dei rifiuti.

    - Ti ho nel mirino! Se non ti fermi, ti ammazzo!

    Stop.
    Ghiaccio nelle viscere elettriche del boiler sfinito, dove un tempo l'acqua stagnava limpida e calda, quasi bollente.
    La Natura Morta si fermò e cominciò a girarsi , alzando il ramo divelto di destra in segno di resa.

    La notte, il buio, la paura di un'arma spianata.

    Un quarto sparo.
    Il proiettile squarciò la testa nel centro.
    La Natura Morta cadde, perdendo ogni pezzo del mosaico risorto.
    I legni immobili, i giunchi a shangai, il vaso spezzato e la terra dispersa, il boiler su un fianco, il ramo restante caduto, la foglia ingiallita librata un attimo in aria, e infine deposta.
    Su tutto, i resti di plastica nera, tra i quali una mela a metà, un cartone di latte con un buco nel mezzo e un ciuffo di lattuga marrone.

    Il guardiano raggiunse la cima imbiancata, e non trovò nulla di strano.
    Nessun uomo era stato ammazzato, nessun corpo giaceva per terra.
    In lontananza, verso ogni orizzonte, solo la calma, la quiete e il silenzio di una notte qualunque.


    Fine.







     
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  2. giudappeso
     
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    :woot: :clap:

    SPOILER (click to view)
    Mi ha ricordato - mo' m'ammazza - il personaggio di Testa di Zucca che appare in uno dei libri sul Paese di Oz (non so quale... il secondo, credo) anche se io non l'ho letto ma ho visto solo il film e il cartone (eh), ricordo però che era stato creato dallo Spaventapasseri mettendo insieme una zucca intagliata in stile Halloween e un corpo impagliato con struttura in legno e poi cosparso (credo) con una polverina in grado di animare la materia inanimata (anche il divano volante con testa d'alce è stato fatto così) e questo la dice lunga su come si sia sviluppata la mia invidiabile sanità mentale fino ad oggi.


    Mi piace, molto inquietante. Ti consiglio il fumetto pinocchio, la storia di un bambino di ausonia. A me, leggerlo, ha fatto del male fisico, ma credo che quella piccola violenza fatta a sé stessi valga poi tutto quello che ti lascia. Mai stato tanto colpito da un fumetto o da uno scritto. Sotto la cintola, almeno.
     
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  3. ArkDark1
     
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    Grazie, Giudappeso!! No, non sono stato influenzato da altro che dalle tonnellate di rifiuti della Campania; influenza anche abbastanza diretta, ho una cara amica che vive a Napoli...
    Vado a sbirciare quello che mi hai suggerito :-))))))
     
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2 replies since 11/2/2008, 16:34   65 views
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